Fare la spia è un dovere

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Copiare, fare la spia e la questione morale.

L'altro mattina ricevo la telefonata d'una giornalista italiana che lavora per una rivista di larga diffusione e con la quale avevo avuto contatti in precedenza.

Mi chiede un'opinione sul seguente fatto: sembra che al liceo classico Parini gli studenti abbiano deciso di firmare una promessa. La promessa, come confermano i giornali, è la seguente: non copierò e non lascerò copiare gli altri. Qualcosa di simile, mi dice, sta avvenendo in Bocconi. Apparentemente l'iniziativa degli studenti del Parini ha sollevato un certo dibattito, financo delle perplessità. La giornalista mi chiede un'opinione visto che gli studenti del Parini sostengono di ispirarsi al modello di uso comune nelle scuole e nelle università USA.

Io confermo: il codice d'onore (honor code) c'è. Gli studenti lo sottoscrivono all'ammissione ed esso richiede, fra le altre cose, di non copiare, non lasciare copiare e, anche, di denunciare chi copia. È pratica comune ed esiste, da quanto ne so, da tempo immemorabile. Certo che viene applicato, confermo: non è che diventiamo matti a sorvegliarli, anzi. Proprio grazie all'honor code si sorveglia relativamente poco, specialmente nelle classi più avanzate e meno massificate. Quando qualcuno viene beccato a copiare ed esiste prova inequivoca del fatto, sono guai seri. Si può arrivare all'espulsione, nei casi più gravi. Ne so bene qualcosa io, aggiungo, che nel mio primo semestre negli USA, mal abituato dai miei trascorsi italici, venni coinvolto in un episodio di copiatura nel quale io facevo la parte di quello che fa copiare i compagni di studio per "aiutarli". Venni, appropriatamente e pesantemente, redarguito. Appresi al volo la lezione, spiego, intendendo che, in effetti, ciò che stavo facendo non consisteva nell'aiutare i miei compagni di studio ma danneggiarne invece degli altri (oltre a non aiutare, probabilmente, quelli che pensavo di aiutare). Non è un caso che il verbo che si usa per descrivere questi atti non sia tanto "to copy" ma, più usualmente, "to cheat": lo stesso che si usa per indicare il tradimento (soprattutto matrimoniale, ma non solo) e la truffa. A "cheater" è una "very bad person" da queste parti.

Qui la conversazione si trasforma un po' in un monologo, perché la giornalista è chiaramente sorpresa (così a me sembra, posso sbagliarmi) dalle mie affermazioni. Argomento, allora, che in un sistema di tipo meritocratico, in cui "chi fa bene a scuola" riceve premi sia professionali, sia in denaro, sia, soprattutto, si guadagna l'opportunità di essere ammesso a università di grande prestigio dove è molto difficile entrare (posti come Yale, Princeton o, for that matter, WUStL, accettano circa il 10% delle persone che fanno domanda d'ammissione al college). Poiché quasi tutte le grandi università private fanno le ammissioni "ciecamente" rispetto alla capacità di pagare (need-blind admission), questo implica che si viene ammessi essenzialmente in base al merito accademico. Se, una volta ammessi, si accetta l'iscrizione l'università di impegna a finanziare sia le tasse che i costi di residenza. Insomma, per una persona di famiglia poco abbiente fare bene, o benissimo, a scuola può fare tutta la differenza del mondo. Altrettanto ovviamente questo NON implica che qui ci sia il paradiso, né che tutti i meritevoli vadano a Cornell o a Columbia, eccetera. Ma il merito conta, eccome.

Siccome il merito è, alla fine, relativo (i posti a disposizione sono quelli, quindi se non sei nei primi cento, mille, diecimila ... l'ammissione non la ricevi) ecco che far copiare colpisce due volte. Da un lato fa guadagnare un voto alto ad una persona che non lo merita e, dall'altro, spinge in basso nella classifica chi ha fatto bene da solo ma magari non benissimo come chi copia. E questo, spiego, giustifica il fatto che gli altri studenti si impegnino sia a non far copiare sia a denunciare chi copia o fa copiare. Così facendo difendono se stessi ma, allo stesso tempo, preservano l'integrità del sistema meritocratico. Almeno di quel poco (o tanto) che di esso ancora rimane. Perché, ovviamente, anche qui come in tutto il mondo, la gente cerca di copiare e, specialmente negli esami e nei compiti che si fanno a casa, la tendenza ad usare internet per fregare il sistema è forte e crescente. Sì, aggiungo, qui si danno gli esami da fare a casa. Io lo faccio sempre per le classi del secondo anno di PhD ed anche in alcune classe undergraduate. Mi aspetto che gli studenti rispettino l'honor code e che chi non lo fa venga denunciato dagli altri.

A questo punto la mia gentile interlocutrice è chiaramente perplessa e mi chiede "Ma questo vuol dire fare la spia!", e mi racconta che anche lei, messa di fronte ad una situazione con sua figlia (non conosco l'età della figlia) le ha consigliato di permettere che la compagna di banco copiasse, visto che altrimenti sarebbe stata discriminata dal resto della scolaresca. E di "fare la spia", neanche parlarne, ovviamente. Bel posto l'Italia, penso fra me e me: non si rendono conto che queste sono esattamente le radici culturali dell'evasione fiscale massificata, della corruzione e dell'impenetrabilità di tutte le caste, insomma del sistema mafioso? E sto parlando con una persona d'alta cultura che vive a Milano ... E mi rendo conto che anche io vedevo le cose esattamente nella medesima maniera tre decadi fa, quindi inutile che mi stupisca. La gentile giornalista con cui sto parlando non è un'eccezione, è una persona normalissima.

La sua osservazione mi fa venire alla mente un'esperienza di circa 15 anni orsono con mio figlio e la scuola italiana di Madrid. La racconto anche a lei. Quarta elementare, arrivato da due mesi: torna a casa scazzatissimo e ci spiega che la maestra gli ha detto di non fare lo spione. Anzi, l'ha punito perché aveva riferito che quello che aggrediva gli altri causando liti era X, mentre Y e Z non c'entravano nulla. Essendo cresciuto sino allora negli USA a lui tutto questo sembra semplicemente assurdo e non si capacitava. Andiamo, va mia moglie, dalla maestra, ed ovviamente gliene dice quattro. Questa, che era anche una brava ragazza e faceva il suo lavoro decentemente, messa sulla difensiva non riesce a dire niente di più che "ah, certo, il controllo sociale", stile Toni Negri per capirsi, e che capisce ma che se, per favore, spieghiamo a nostro figlio di lasciar stare perché per lei è molto difficile fare altrimenti ... La conversazione con la giornalista milanese finisce qui con dei cordiali saluti. Non so cosa scriverà, e fa lo stesso. Il caso personale è scarsamente rilevante, anzi è irrilevante.

Conta il punto di fondo. A cui ora vengo. No, anzi, non vengo al punto: mi fermo anche io qui, perché il punto credo di averlo già fatto. Le radici della questione morale stanno anche, e soprattutto, in pratiche culturali come queste. O no?

 

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Ci sono 161 commenti

Ottimo pezzo, che rende chiaro come apparentemente piccole differenze culturali siano spesso alla radice della differenze tra buone e cattive istituzioni e buoni e cattivi risultati. Ho sempre pensato che la differenza tra l'uso di "copiare" (un verbo moralmente neutro) e di "to cheat" (un verbo moralmente connotato) la dica lunga.

Mescoli due cose diverse, pero'. Ossia aderire a un codice d'onore (un sistema di regole con associate punizioni, essenzialmente) e "fare la spia". Apparentemente queste due cose stanno insieme perche' "fare la spia" e' un modo per esercitare controllo sociale e quindi fare enforcement di (far rispettare) un codice d'onore cosi' come ogni altra regola.

"Fare la spia" e' un tipo di controllo sociale che implica una parte terza (altra cosa e' il controllo sociale nella forma di ostracismo ed esclusione da benefici di vario tipo senza bisogno di una parte terzo) ed il motivo per cui in certi paesi che hanno avuto una storia particolare fa saltare la gente sulla sedia. In Italia come in Spagna come in molti altri paesi la delazione era una delle armi piu' efficaci dei regimi dittatoriali. Specialmente nell'Europa dell'est dopo la sconda guerra mondiale era il modo preferito per far fuori gli avversari politici. Persino gli Stati Uniti hanno avuto qualcosa di simile col McCarthyismo, o no?

Non sorprende quindi che la giornalista italiana e la maestra spagnola siano saltate sulla sedia. D'altra parte, hanno passato a figlia e studenti un pessimo messaggio educativo gettando via bambino e acqua sporca.

Il bambino e' questo: "fare la spia" significa riportare comportamenti contrari alle regole e quindi socialmente pericolosi e dannosi. Bene, e' parte di una societa' che funziona. L'acqua sporca e' questa: "fare la spia" e' uno strumento che si presta a colpire selettivamente i nemici, anche infondatamente ne necessario, e questo e' parte di una societa' che non funziona.

 

Sono d'accordo con Giulio. Penso che il copiare a scuola sia una conseguenza di come la scuola e' impostata e non il contrario. Mi spiego: una delle cose che mi colpisce di piu' del sistema scolastico americano e' che fin dai primissimi anni la "rivalita'" non e' mai tra alunni e maestra ma tra alunni stessi. In Italia il sistema e' tale per cui la maestra e' il nemico: lei sta dall'altro lato della barricata ed e' con lei che ti devi confrontare quando reciti una poesia o parli di Napoleone. Negli usa e' piu' la filosofia di show and tell in cui la maestra e' soltanto sullo sfondo e il tuo interagire quotidiano (anche il tuo competere) e' in realta' coi compagnetti. E' con loro che ti confronti e sfidi - la maestra non e' giudice ma un arbitro. In un contesto come questo la competizione diventa chiara fin da principio e i vantaggi/svantaggi del cheater sono chiari fin da principio.

In Italia invece si forma un clima di solidarieta' da trincea, in cui i compagni sono tutti uniti "contro" l'insegnante. Il codice d'onore c'e' anche in italia, solo e' diverso. Fare la spia vuol dire romperlo. Ecco perche' gli studenti di cui parli nell'articolo hanno bisogno di cambiare le carte in tavola da principio: hanno bisogno di mettere ben chiaro che stanno giocando con un codice d'onore diverso da quello in cui sono abituati, uno nuovo che non e' rotto facendo la spia ma facendo copiare.

Un ultimo punto: scritto verso orale. L'italia preferisce il confronto orale, dove non si copia. In america l'esame orale praticamente non esiste. E' un modo per insegnare agli italiani che possono copiare finche' vogliono ma prima o poi tutti i nodi vengono al pettine. In quel senso funziona. E' molto raro che in una classe qualcuno esca col voto altissimo senza meritarlo. E' molto piu' frequente invece che TUTTI escano con un voto alto senza necessariamente meritarlo (vedi differenze tra scuole di regioni diverse), il che dice che il problema del copiare o non copiare e' di fatto marginale.

 

Michele, e' un pensiero che mi e' balzato alla testa molte volte. E' un aspetto di costume veramente interessante. Aggiungo una considerazione. La scuola e' un'istituzione che in qualche modo ricapitola le strutture sociali che vigono nel mondo "esterno". Mi pare che sia un laboratorio sociale nel quale gli alunni sperimentano (e con cio' imparano) le dinamiche relazionali accettabili nella comunita' che li accogliera' al termine del percorso. In Italia questo passaggio e' marcato dal rito della "Maturita'", orrendo termine per dire "esame finale".

"Far copiare e copiare" e' perfettamente coerente con il modello delle strutture sociali italiane, dove all'individualismo e' preferita la logica familistica, collettivista o talvolta fascista: l'interesse del gruppo prevale sull'interesse dell'individuo; ma sopratutto, l'interesse di chi sta dentro il "gruppo eletto" e' l'unico metro rilevante nel determinare l'accettabilita' dei comportamenti; quello che accade a chi sta fuori e' irrilevante. Da questo punto di vista e' illuminante il tuo aneddoto americano: colto in fallo ti sei giustificato dicendo che aiutavi gli amici in difficolta', mentre il punto e' che sfavorivi quelli che stavano fuori dal tuo raggio d'azione, quelli che "non erano amici".  In quest'ottica non sorprende che la struttura delle classi italiane in cui ruotano i professori ma gli alunni stanno sempre uniti sia cosi' diversa dal modello americano in cui sono gli individui che si spostano in modo indipendente per andare ad acchiappare risorse (le lezioni). Sarebbe interessante sapere in che modo i profesori sono visti dagli studenti in US. In Italia mi pare che la figura del professore sia un elemento dialettico, con il quale "la classe" fa i conti, si allea o fa la guerra, decidendo di volta in volta le strategie piu' efficaci.

Questa logica che qualcuno ha definito "familismo amorale" pervade ogni dinamica sociale italiana: dalla selezione dei professori, alla nomina dei consiglieri, ai direttori di banca, all'organizzazione in corporazioni delle professioni, ecc..

Non sono pero' d'accordo sul tuo uso del termine mafioso. Per anni i mafiosi hanno sostenuto che la mafia fosse una cultura diffusa piuttosto che una organizzazione. Invece sappiamo che non e' cosi'. A me pare che si potrebbe andare oltre dicendo che la mafia sia una forma di stato primordiale o proto-stato (controllo del territorio e tassazione attraverso il pizzo, istituzioni gerarchiche) che utilizza lo schema familistico cosi' diffuso nel paese come architettura sociale. In questo senso potremmo dire che anche l'organizzazione mafiosa e' "affetta" dal morbo del "familismo amorale" piuttosto che ne sia causata.

Concludo con una provocazione: andando avanti con il ragionamento (che svolgo mentre scrivo) mi rendo conto che le cose sono piu' complesse. Assumendo che questa forma sociale non sia nuova ma piuttosto antica, se e' durata fino ai giorni nostri deve aver offerto un qualche vantaggio evolutivo. 

Allora mi chiedo: ha senso la distinzione tra societa' prevalentemente individualiste e prevalentemente familistiche o le due strutture convivono in tutte le societa'? Se questa distinzione ha senso, le societa' "individualiste" sono piu' prospere? Lo sono sempre state? Esistono strutture familistiche in societa' che potremmo definire tendenzialmente individualiste (mi viene in mente la massoneria)? e che ruolo hanno nell'architettura sociale generale? Ma su queste domande mi perdo e non so nemmeno se abbiano senso: questo e' un lavoro per storici ed economisti..io non saprei proprio che dire.

PS anche se non scrivo (il tempo e' tiranno) vi leggo spesso. Molto interessante il dibattito sul sistema sanitario anche se mi pare che il tema richieda un intervento piu' strutturato e l'uso di dati pu' convincenti. Non avendo tempo di argomentare mi fermo qui: attendo fiducioso gli sviluppi...

 

Assumendo che questa forma sociale non sia nuova ma piuttosto antica, se e' durata fino ai giorni nostri deve aver offerto un qualche vantaggio evolutivo. 

 

Tristemente, temo che non sia tanto il vantaggio evolutivo a preservare una strategia come questa, quanto piuttosto il suo aver raggiunto una diffusione tale da garantirne la non-invadibilità da parte di strategie individualmente e, alla lunga, collettivamente più paganti. 

Detto questo, in realtà, il controllo sociale e il meccanismo di delazione sono presentissimi anche in Italia, proprio relativamente al "copiare", ma solo a ruoli ribaltati. L'infame - quello denunciato non alle autorità, ma al gruppo di pari, e sì coperto da stigma - è quello che va bene e non fa copiare. Fra l'altro, la peer pressure esercitata contro questo tipo di figura, il secchione, è probabilmente molto meno eludibile e molto più incisiva, specialmente per un ragazzino, dell'ammonimento di una figura d'autorità. È anche questo, probabilmente, a preservare lo stato di cose. Costa troppo, per un singolo, rifiutarsi di far copiare.

Mi chiedo, negli stati uniti il "cheater" è solo quello che copia o anche quello che fa copiare? Perché in fondo, mentre il copiatore in certi contesti è giudicato perlomeno ambiguamente, quest'ultima figura è promossa dal commonsense italiano come univocamente positiva, e un discorso come quello di "facendo copiare svantaggi tutti gli altri" è ridotto, in realtà, allo "facendo copiare svantaggi te stesso" (perché condividi un vantaggio tuo personale, annullandolo) e quindi, in fondo, è visto come un senso di sacrificio in nome della giustizia sociale verso i meno dotati che si sposa tanto con una forma di cattolicesimo quanto con... sì, insomma, quella roba là.

È interessante, fra l'altro, il fatto fra gli adolescenti "competitivo" denoti un tratto psicologico negativo.

Post davvero molto interessante.

Dello "honour code" nelle universita' americane parla diffusamente Gaetano Salvemini nelle "Memorie di un fuoruscito", lamentando, tra l'altro, che l'abitudine alle copiature renda impossibile in Italia basare le valutazioni su compiti scritti. Non ci sono dubbi che l'abitudine di "copiare" e lasciar copiare è alla radice di molti successivi comportamenti disonesti degli italiani. Purtroppo questa abitudine viene non solo tollerata ma addirittura incoraggiata dagli insegnanti italiani. Devo pero' aggiungere che negli SU si usa valutare i compiti scritti in termini relativi. In altre parole il voto finale in lettere (A, B, C, F) viene deciso in base alla distribuzione dei risultati numerici. Pertanto a nessuno conviene far copiare.

Questo è uno dei più interessanti post che abbia mai letto (ma non è che leggo da molto nfA veramente). L'interesse a mio giudizio è rappresentato dalle differenze culturali tra Amerika e Italì. Normalmente su questo blog si imbastiscono ragionamenti ferreamente basati sulla logica dell'agire razionale. In questo post mi pare si introduca per una volta l'agire culturalmente orientato, anche se il commento di AFT mette in luce che può esserci un elemento di razionalità nel non far copiare se il voto finale dipende non dall'esito assoluto ma da quello relativo. Ma non credo onestamente che basti questo a spiegare la differenza tra il comportamento degli studenti e degli insegnanti in Usa e Italia (o Spagna).

A me pare si applichi un po' il problema del free rider: che qualcuno denunci il copiatore o quello che fa copiare mi può fare comodo, ma perchè dovrei farlo io che, così facendo, corro un rischio in termini di riprovazione da parte dei pari e addirittura dei superiori (insegnanti) superiore ai vantaggi? Magari in determinati casi l'elemento della valutazione relativa anzichè assoluta può spiegare la differenza di comportamento, ma non capisco come si possa comprendere razionalmente la "collusione" degli insegnanti che disapprovano lo spione. A meno, appunto, di fare ricorso a una razionalità culturale (quasi un ossimoro) o per meglio dire a quella che Weber definiva razionalità rispetto al valore (direi disvalore in questo caso).

Certo, la determinazione culturale dell'agire è un po' una scatola nera, finchè non si comprende come si è generato un certo modello culturale, però in certi casi sembra predire bene il comportamento!

Devo pero' aggiungere che negli SU si usa valutare i compiti scritti in termini relativi. In altre parole il voto finale in lettere (A, B, C, F) viene deciso in base alla distribuzione dei risultati numerici. Pertanto a nessuno conviene far copiare.

In Europa siamo contrari a questo sistema, ma credo sempre più anche in America. Lo riteniamo sbagliato profondamente.

Proprio ieri ho dovuto replicare a Marco Santambrogio che, dalle colonne del Riformista, faceva una proposta in quella direzione. Tuttavia, la scala graduata del sistema di crediti ECTS cui Santambrogio fa riferimento, non è stata pensata per assegnare voti secondo un metodo "norm-referenced", ma per facilitare la traduzione dei voti assegnati da istituzioni con tradizioni e metriche diverse (cfr. pag 41 della ECTS Users' Guide). Un metodo di conversione, insomma.

In realtà il sistema ECTS è fortemente segnato da una filosofia "criterion-referenced" che riteniamo più corretta e trasparente. Bisogna capire che, anche se lo stesso sistema italiano di votazione è sempre stato in astratto "criterion-referenced" e non "norm-referenced", in realtà i criteri di valutazione per gli esami (scritti/orali/pratici) sono sempre stati resi noti in maniera "sintetica" o poco analitica allo studente, mentre una applicazione corretta della metodologia implica un lavoro di definizione degli apprendimenti attesi e dei corrispettivi metodi di valutazione.

Ma non c'è spazio nel breve perimetro di una mail per questa dissertazione, per cui rimando gli interessati ai riferimenti. 

RR

Dunque dunque. Alle elementari però dovrebbe prevalere la collaborazione ed il lavoro comune sulla competizione. Questo però non significa che non ci debbano essere dei momenti di verifica - dove ovviamente il copiare diventa deleterio perché non permette di capire chi ha problemi e chi no - ma questi possono essere fatti in svariati modi, dipende dall'insegnante.

Non mi sorprende che ci siano persone che preferiscono far copiare che fare la spia. Al di la' del buonismo menzionato da Michele ed il fatto che gli stessi professori non sembrano apprezzare le spie, alla fine,  e' informazione comune chi e' bravo e chi non lo e', almeno quando si parla di corsi con decine e decine di prove ed esami (sicuramente il discorso e' diverso per prove "singole"). Il costo di far copiare e' quindi infinitamente minore di fare la spia (non sto difendendo il comportamente, sto cercando di spiegarlo razionalmente).

Il problema pero' e' che questo ha delle implicazioni di lungo periodo su che tipo di cittadini saremo, che comportamenti consideriamo giusti e quali deprecabili. I ragazzi crescono in una societa' dove non solo non e' bello fare la spia ma addirittuara ci si schiera contro i professori che prendono in flagrante i copioni. Come disse Davigo: “La magistratura è il cane da guardia del condominio democratico. Se arrivano i ladri, abbaia. I condomini italiani si svegliano e cosa fanno? Invece di prendersela con i ladri, picchiano il cane”.

 

Ho avto esperienza sui cheater nei miei tempi giovnili alla Spokane University nei 3 anni vissuti a Seattle in gioventù. Espulsione di due studenti. Temo che sia il retaggio cattolico tra le componenti all'origine (anche) della disinvoltura con cui si sorvola sui danni e le conseguenze del copiare e far copiare: aiuto chi è debole. Sostengo chi è in difficoltà. E per converso, la medesima disinvoltura, quella di  coloro non interessati ad impegnarsi, a competere e ad affermare il proprio valore, si rafforzano costituendosi in clan, come venva da altri sotolineato esercitando un controllo sociale al negativo che si cristallizza nelle coscienze e nei regolamenti.

Ecco, secondo me questo della morale cattolica non è una cosa da sottovalutare, perché ha formato la cultura e la morale nazionale tanto quanto (e forse di più, visto che "regna" da molto più tempo) le dominazioni straniere.

Per quello che ricordo io, che sono uscita dall'università quest'anno e dalla scuola superiore 10 anni fa (... non commentiamo), chi controlla di più e reagisce di più sono i professori che si sono formati almeno in parte all'estero, specialmente negli States. Rimane il fatto che tra gli studenti, praticamente nessuno percepisce il copiare come un atto disonesto e il far copiare è considerato quasi un obbligo.

Non penso che il parallelismo che Michele ha fatto con la mafia sia poi così sbagliato: se paragoniamo i due fenomeni dal punto di vista dei rapporti sociali, mi sembra evidente che laddove manca l'autorità che reprime il comportamento disonesto, colui che si comporta in maniera onesta e denuncia o si oppone all'atto disonesto viene emarginato e punito dalla comunità (sia da chi ha commesso l'atto/tenuto il comportamento, sia da chi ha assistito all'atto o è a conoscenza della cosa). Bisogna che si abbiano principi molto forti per opporsi a tale stato di cose. Quando racconto che io in vita mia non ho mai copiato (se non due volte e da miei appunti, in tutto circa 10 righe), solo la mia ristretta cerchia familiare apprezza, perché questo è il principio che loro mi hanno insegnato. Se non si ha neanche questo tipo di incentivo, conviene allo studente non copiare/non far copiare?

Nella mia ottica, il far copiare è un comportamento che rasenta l'idiozia o il masochismo, vedete voi. Studi e fatichi per raggiungere il tuo risultato e favorisci altri che non lo hanno fatto? E magari poi vieni anche schernito per questo (nota: non è un'esperienza personale).

In questo episodio raccontato dal prof. Marco Lippi ritroviamo dei comportamenti che in molti hanno evidenziato nei commenti: http://www.lippi.ws/politica/politica.htm#Universita

(il pdf si trova nello scritto Al Magnifico Rettore)

con i professori della Facoltà che fanno blocco contro il candidato esterno ed il rettore che se ne lava le mani

Poi due episodi arcinoti che riguardano due professori universitari beccati a copiare:

1) Zamagni nei confronti del quale la Società Italiana degli economisti chiamata ad esprimersi da alcuni soci, come ricorda il prof. Lippi, non prese alcuna decisione 

http://www.lippi.ws/politica/politica.htm#Universita

2) il Ministro Brunetta del quale però la stampa ha iniziato ad occuparsi solo quando da Ministro ha iniziato a fare il moralizzatore e gli hanno mostrato che anche lui aveva qualche scheletro nell'armadio

http://www.noisefromamerika.org/index.php?module=comments&func=display&cid=20506

Con certi professori così gli studenti che modello hanno di fronte. Sylos Labini a lezione ci diceva che in italia vi è il machiavellismo: se il fine è buono (il superamento dell'esame) il mezzo non è detto che debba esserlo

 

 

Un problema col ragionamento di Michele, che per altro sottoscrivo. Se l'honor code e' fondamentale al college, negli USA, lo e' meno alle elementari. Non per niente c'e' una parola dispregiativa che si associa a "spione": tattletaler (non sono certo si scriva cosi').

Secondo me questo e' dovuto al fatto che i bimbi a quell'eta' hanno bisogno di formare una identita' distinta da genitori (e insegnanti che dei genitori fanno le veci).  

Il problema drammatico in Italia e' che gli insegnanti sembrano accettare la cosa. I ruoli sociali ed educativi sono importanti. 

Il direttore di una scuola di mio figlio giustificava il "dress code" a scuola dicendo: "loro vengono a scuola coi jeans strappati, io li punisco e siamo tutti contenti". Se non li punisci..... crolla tutto

 

tattletale

 

Senza r. I termini piu' frequenti per fare la spia sono "rat out" o "snitch" che pure sono tutt'altro che positivi.

A me pare che l'italiano medio a scuola ci vada solo perchè lo deve fare per ottenere un lavoro. Il punto è che lo fa senza ragionarci più di tanto. Mi spiego meglio:

Non voglio assolutamente generalizzare, a me pare che si vada a scuola non per imparare, ma per essere promossi e di conseguenza laurearsi. Tutto qui! Chi va a scuola o chi va in università lo deve fare perchè VUOLE sapere, VUOLE conoscere, VUOLE imparare. Per questa ragione chi copia non solo manca di rispetto agli altri, ma a se stesso e ai suoi genitori che gli pagano la retta annuale. E' praticamente inutile copiare!!

Se mi trovassi in una situazione del genere non farei la spia, farei semplicemente una domanda al diretto interessato: "Ma non hai niente di meglio da fare che perdere tempo qui???" 

discorso platonico però.

la realtà è che non la competizione ma è l'arrivismo a pagare.

certo, vero è che non ci sono eccellenze tra i copiatori di professione... ma la mediocrità, in italia, ha ottimi risultati in termini di profitto accademico.

ho visto cose che voi umani...

"l'italiano medio a scuola ci vada solo perchè lo deve fare per ottenere un lavoro."

Non è detto, per fortuna ci sono molti lavori in cui gli incompetenti laureati fanno poca strada, alla fine nella piccola e media azienda contano le competenze, non il pezzo di carta.

 

Mah, è interessante l'approccio sociologico che MB dà ad una serie di evidenze, in primis la mancanza di una vera "meritocrazia" in Italia, Michele la fa discendere dai comportamenti scolastici, ed ha senza dubbio ragione, ma poi esistono anche i comportamenti "fuori scuola" che ritengo altrettanto devastanti.

Se sei bravo e non fai copiare "sei un infame" perchè "che ti costa" ? Per cui chi è bravo fa copiare per evitare addirittura comportamenti aggressivi nei suoi confronti, nè, a quell'età, si è in grado di capire che si sta facendo un danno a chi vuole copiare, perchè se sei bravo vai avanti lo stesso, mentre il "copiante" agli orali fa scena muta, ecco forse gli orali un pò ci salvano, non so se anche alle primary o secondary school in USA ci sono gli orali, io ricordo che al Liceo c'erano i professori di matematica e fisica che davano molta più importanza agli orali che agli scritti, almeno da me.

 

Ricordo che una volta, in una riunione dei genitori di una delle classi frequentate da uno dei miei figli osai dire che la tolleranza delle copiature predisponeva a tollerare gli imbrogli nei concorsi e di lì gli imbrogli e le tangenti negli appalti (eravamo ai tempi di "mani pulite"). Ci fu una generale levata di scudi contro simili deplorevoli insinuazioni. Non penso però che ci vorrebbe molto per cambiare il costume. Secondo me è una responsabilità dei docenti.  Aggiungo che negli SU in qualche "graduate course" avanzato la collaborazione nei problemi assegnati per casa è incoraggiata. Succede però che se uno è un po' piu' bravo degli altri, come è capitato a me nel lontano 1961 per il corso di Functional Analysis a UCLA, viene isolato dagli altri studenti, che ne rifiutano la collaborazione, per ragioni di orgoglio. Si preferisce dimostrare a se stessi di saper risolvere da soli almeno alcuni dei problemi. Credo che anche in Italia questo tipo di orgoglio si manifesti nelle competizioni sportive (non ne sono sicuro perché non ho mai praticato sport competitivi). Non dovrebbe quindi essere impossibile suscitarlo nella scuola. Quando gli studenti arrivano all'università è troppo tardi. Io faccio sempre il predicozzo sullo honour system, raccontando tutti gli aneddoti possibili.  Gli studenti mi ascoltano e sorridono piuttosto increduli. Non possono credere che, ad esempio, l'obbligo di non consultare libri e appunti possa essere imposto per una prova di esame che si può svolgere tranquillamente a casa.

Il fatto che i bravi siano isolati dipende dall'ambiente. Ci sono alcuni corsi di studio che incoraggiano il lavoro in team. In quel caso, l'incentivo è di mettersi in team quanta più gente brava possibile. :-)

Alessandro, permettimi prima di tutto un saluto ad un fellow Bruin! Ho da poco completato un MBA di due anni proprio a UCLA e mi sono chiaramente ritrovato in quel che ha scritto Michele e in diversi commenti (firmare l'Honor Code, la curva dei voti, il rapporto con i professori). Ho notato come la discussione abbia preso una direzione "evolutiva-culturale". Da quel che ho visto in prima persona di recente, volevo mettere in luce un aspetto che forse nei corsi graduate e' piu' accentuato che in quelli undergraduate: gli incentivi contano (anche se c'e' chi sostiene il contrario).

La grande maggioranza degli studenti MBA sceglie di lasciare il lavoro, trasferirsi in un'altra citta' o in un altro paese, metter fondo a tutti i risparmi, richiedere un sostanzioso student loan (sperando di aver finito di pagare quello per gli studi undergraduate...), sostenendo un costo totale di 200-250k (tra tuition, spese e opportunity cost di due anni di stipendi non guadagnati). Questo per dire che l'investimento e' sostanzioso. Per tutti, il modo piu' rapido per tornare in pari, almeno fino a due anni fa, era andare a fare investment banking o consulting dove gli stipendi sono normalmente un buon 30k piu' alti rispetto ad altri settori, bonus esclusi.

E qui che entra in gioco il sistema degli incentivi. Quasi tutte le aziende di investment banking e consulting che vengono a fare i colloqui on campus usano due metodi rapidi per ridurre il numero dei candidati: il risultato del GMAT (il test obbligatorio di ammissione) e la media voto durante il master. Poiche' per la media voto spesso la soglia e' 3.70 GPA, solamente il top 20% circa di ciascuna scuola "di primo piano" di solito ha potenzialmente accesso a questi colloqui di lavoro (perche' i voti non sono assoluti, ma relativi al resto della classe). Questo "riconoscimento" del mercato del lavoro dei voti scolastici e la ampie conseguenze economiche fanno si' che la concorrenza tra studenti sia piu' accentuata che in Italia. Allo stesso tempo, l'enforcing e' fatto dalla classe proprio perche' per ciascuno e' la scelta piu' sensata.

La mia sensazione e' che in Italia, per i motivi gia' piu' volte riportati, non ci sia nemmeno questo grande vantaggio ad essere tra i pochi (?) a laurearsi con 110 e lode o ad avere accesso a carriere/professioni o altre opportunita' in quanto si e' dimostrato di essere bravi/competenti. Di conseguenza, si resta solo con l'aspetto negativo dell'aver fatto la spia, senza nemmeno la speranza di un sostanzioso aspetto positivo.

 

Ottimo post, devo proprio intervenire per esplicitare il mio applauso.

Per inciso, nel mio piccolo cerco di propagandare questa filosofia in ogni direzione. ANChe, per essere chiari, verso quelli che stanno dall'altra parte della cattedra, che dovrebbero rispettare dei Codici di Deontologia Professionale in maniera più seria (cosa che nel mondo protestante chiamerebbero anche eventualmente "tenere alla reputazione", ma in Italia la reputazione può avere "tranquillamente" contenuti diversi).

Per questo, dicevo, propagando tutte le misure di "Codici di Condotta", "Buone Pratiche", "Soft regulation", "voluntary regulation/accreditation" e anche quelle non voluntary, beninteso. Qui siamo in effetti più nel campo dell'obbligo che del volontario, ed è giusto che sia così. Anche l'obbligo di fare la spia, che non significa altro che obbligo di denucia della violazione di una certa norma alla "specifica" autorità competente, va promosso e fatto comprendere culturalmente.

Altro importante punto: l'esistenza e l'importanza di un mondo di norme di rango non legislativo o regolamentare (che sono emanate da autorità pubbliche nell'esercizio delle loro funzioni) ma forgiate e fatte valere come Norme in forme diverse, anche con l'aiuto di Garanti, Probiviri, Commissioni di Autoregolazione, ecc. ecc.

RR

 

A me per fortuna in compagnia la pipì mi è venuta sempre. Penso venga anche al figlio di Michele, che non ha fatto la spia difendendo Y e Z da una condanna ingiusta. Fare la spia vuol dire alzarsi e dire E' stato X (o peggio andarlo e riferire confidenzialmente), sostituendosi al processo sociale o giudiziario di emarginazione dell'uomo senza onore.
Nei trenta codici citati su Wikipedia, con l'eccezione dell'università di Valparaiso il fatto della spiata è presente solo in ambito militare, dove ha senso. Princeton ha una "Costituzione" lunga tanta sull'honor code, ma niente spie.
Sono sicuro che in un buon 2SLS l'onore (nel senso di no-cheat) avrebbe effetto positivo sul GDP, ma scommetterei che la delazione ce l'ha negativo. 

Salvatore, non sono sicuro se ho guardato la stessa pagina di Wikipedia, ma quelli che tu citi paiono essere i pledge in cui si promette di rispettare e far rispettare l'Honor Code, non l'Honor Code stesso. Per riferimento, questo e' quello che firmai io. Il pledge di per se' non fa riferimento alle "spie", ma nella sezione "Affirmative Duties to Uphold the Honor Code" viene detto chiaramente che non riportare le violazioni sara' considerato come una "complicit violation". Discorso simile a Stanford, ad esempio.

Non ho sinceramente compreso come alzarsi e dire al professore che il tuo vicino sta copiando durante un esame significa fare la spia e quindi "sostituirsi al processo sociale o giudiziario di emarginazione dell'uomo senza onore". 

 

 

Fare la spia vuol dire alzarsi e dire È stato X (o peggio andarlo e riferire confidenzialmente), sostituendosi al processo sociale o giudiziario di emarginazione dell'uomo senza onore. [...] Sono sicuro che in un buon 2SLS l'onore (nel senso di no-cheat) avrebbe effetto positivo sul GDP, ma scommetterei che la delazione ce l'ha negativo.

 

Salvatore, ma tu queste cose le scrivi perché le pensi davvero? Mi costa fatica crederlo.

Ti rendi conto che il tuo commento descrive il "collaboratore di giustizia", ossia il pentito, in termini negativi? In questo paese la mafia controllerebbe ancora mezza East Coast e svariate altre aree senza i pentiti. Del paese dove vivi tu preferisco non dire.

Su cosa l'honor code universitario implichi ti hanno già risposto. Secondo te, io me l'ero inventato perché mi veniva comodo?

C'è una cosa che non cogli, poi, e che è fondamentale. All'equilibrio di un gioco ripetuto dove l'honor code è accettato dai partecipanti, molte poche persone copiano, quindi pochissime vengono pizzicate e, quindi, la "delazione" (come tu chiami la denuncia del malfattore) si verifica raramente. È la potenziale minaccia della denuncia che rende il malfattore molto più cauto. L'alta probabilità che violazioni delle regole vengano denunciate dai cittadini è uno dei fattori chiavi per garantire la sicurezza dei diritti di proprietà e l'applicazione dei contratti fra parti multiple. Non è forse questo quanto ci insegna la teoria dei giochi ripetuti e tutto quanto è stato scritto su come comportamenti cooperativi possano emergere in equilibrio?

Mai provato a chiederti cosa renda pagare il pizzo (evadere le tasse, violare il codice stradale, eccetera) un equilibrio e quale comportamento sociale potrebbe sradicarlo, in un equilibrio differente?

 

È la prima volta che leggo questo blog, e questo è il primo articolo. Ho saputo della vostra esistenza su indicazione di un mio collega.

Non ho avuto il tempo di leggere tutti i commenti a questo articolo, ma sono sorpresa dalla coincidenza, proprio un paio di giorni fa parlavo con il mio nipote adolescente della questione "spia" (o alternativamente "infamone") nella sua scuola.

La realtà che è emersa, molto nettamente è che in Italia prevale il modello negativo. Se fracassi le sedie contro le pareti della classe, sei un gran figo e degno di considerazione e rispetto. Se decidi di fare il nome di chi ha commesso tale atto diventi una spia, rientri fra i cattivi, non sei adatto a stare nel gruppo e quindi vieni isolato.

Il tuo nuovo appellativo diventa l'infamone, perché anche in giovane età, chi in Italia dimostra un minimo di senso civico viene automaticamente escluso.

Mi chiedo allora, non vivremo mica in un paese a prevalenza mafiosa (ipotesi che non riguarda solo "gli altri", ma ogni singolo individuo) dove anche un semplicissimo istinto di correttezza va cancellato dalla coscienza dei giovani, pena la pubblica derisione?


Ne abbiamo di strada da fare.

Interessante e sottile analisi, Michele, impreziosita anche da molti commenti pregevoli, alla cui generale visione plumbea vorrei però aggiungere una nota di “datato” ottimismo.

Non ho figli ed i miei rapporti con il mondo della scuola sono piuttosto rarefatti e “per sentito dire”, dunque non vanto certezze di alcun tipo in merito alla situazione italiota attuale che, probabilmente, ha i desolanti connotati che i tests internazionali paiono certificare – almeno in una parte del Paese - e la diffusa dubbia moralità pubblica e privata non smentisce.

Purtuttavia - sebbene i miei trascorsi da studente siano alquanto lontani nel tempo e, forse, la memoria di ciò possa risentire – l'esperienza personale di quei giorni mi appare abbastanza in contrasto con quanto generalmente affermato.

Il fatto è che io non ricordo di aver mai concesso di copiare. Rammento perfettamente, invece, di aver sempre accuratamente ed apertamente spiegato quella scelta in termini di onestà intellettuale e necessità di assumersi la responsabilità dei propri comportamenti. L'aspetto positivo della storia, quello che mi preme sottolineare, sta peraltro nella grande maggioranza di consensi – pur se tra qualche reazione contrariata e, talvolta, sprezzante – che suscitava questa valutazione. Insomma, a mio avviso la realtà fattuale era – e magari è ancora - migliore della sua raffigurazione generalizzata (e, dunque, qualche motivo per non perdere ogni speranza si potrebbe trovare), sebbene non possa fare a meno di chiedermi quanto rappresentativa del tutto fosse quella specifica situazione, e quali ne fossero le ragioni.

 

Franco io ne ho decisamente una migliore, per quel che riguarda la prima persona..

Esame scritto di matematica, V° anno di Liceo Scientifico A.G. 1981, membro interno di matematica.

Comincio il compito (erano degli integrali..), lo sviluppo, chiudo i primi due esercizi, il terzo, ostico, arrivo quasi a metà, quando grazie a tecniche sofisticatissime (-)) entra da fuori il compito di matematica, fatto all'esterno da un professore di matematica che seguiva uno dei tanti "ciucci" presenti nella mia classe.

Arriva anche a me, confronto con il mio compito e vedo che è differente, preso dal panico cancello (in maniera leggibile, era d'obbligo a quei tempi) il mio e ricopio il nuovo.

Voto al compito (comunicatomi dal prof di matematica, che mi stimava come uno dei suoi tre migliori alunni): 9 per quello che svolto da me (ancora leggibile, sia pur cancellato..) e 4 per quello che avevo copiato, e che era sbagliato. Fui uno dei tre a superare la sufficienza allo scritto, gli altri due "secchioni", ma antipatici perchè non facevano copiare non avevano ricevuto il compito e avevano preso 9, io 6,5 (media matematica..) il resto della classe 4. Mi giocai il 60 per questo, la frase del professore di matematica fu: 9 per la bravura in matematica, 4 per l'autostima...

Tra l'altro il mebro interno (carogna -))))), esistessero ancora professori così) si dievrtì agli orali a farsi spiegare dagli altri il loro compito, scene degne di film...

Che lezione! All'università non ho mai copiato o fatto copiare alcunchè: avevo capito che se sei ciuccio copiare non ti aiuta, se sei bravo ti peggiora. End of the story.

Ci fosse anche in Italia qualcosa di simile all' "honor" americano..

Credo che i fatti cruciali che determinano la differenza di atteggiamenti(in usa e italia) potrebbero anche avere un retaggio storico e culturale ma sono, o potrebbero essere, modificabili, mi spiego meglio

- il fatto che a scuola gli studenti e i professori considerino lasciar copiare e a volte copiare come un atteggiamento non denigrabile o punibile in maniera seria, dipende dal fatto che in Italia il concetto di meritocrazia nella scuola non esiste o quasi. Come a dire che tanto non è cruciale essere il più bravo per avere voti più alti ma va bene anche essere tra i più bravi copiatori (ne avevo alcuni in classe fenomenali) o comunque essere bravi a "fregare" le regole(cheating).

Questa carenza di meritocrazia nella scuola, ed anche nell'università è spesso indicata da politici, opinionisti sui giornali ed anche da qualcuno su questo blog(se la memoria non mi tradisce) come un fenomeno che si può eradicare dal sistema scolastico-universitario intervenendo solo sul suddetto, ma io credo che sia un problema più ampio che riguarda tutta il "sistema Italia": infatti che senso avrebbe una scuola meritocratica dove l'impegno è premiato se poi sul mercato del lavoro questo non avviene per una serie di ragioni(tra cui la grande incidenza della spesa pubblica sul pil). Se fossi uno studente/la famiglia di uno studente che deve scegliere quale percorso scolastico/universitario fare, non sceglierei un percorso impegnativo ed esigente se lo sforzo profuso non avrà dei ritorni sufficienti a causa di un mercato del lavoro dove spesso conoscenze, connivenze contano più delle capacità(nel senso skill) del lavoratore.

Per questo penso che forse un sistema istruttivo meritocratico sia impossibile senza un mercato del lavoro tale.

 

-D'altronde, altro fatto che distingue l'amerika dall'italia a scuola è il sistema dei voti. Da noi i voti sono assoluti, in teoria tutti potrebbero prendere 10  a scuola o 30 a un esame(ogni tanto succede e più spesso succede che i voti sono concentrati skewed verso destra). Un honors code in un sistema del genere non toglierebbe gli incentivi a colludere tra gli studenti(copiare, lasciar copiare per "prestigio" sociale), a meno di un sistema di punizioni veramente severo(che potrebbe esistere anche senza HC).

Invece in amerika dove i voti sono relativi, l'importante non è fare bene ma fare meglio del tuo vicino di banco, infatti il suo voto alto(che potrebbe ottenere se tu lo lasciassi copiare), "implica" il tuo voto basso(ditemi se sbaglio).

Introdurre un sistema siffatto in Italia renderebbe quasi superfluo un honor(s) code a mio parere, perchè è una regola facile, difficile da aggirare e chiara da comprendere(al migliore 30, ai 2 secondi migliori 29, ai 3 dopo 28 etc etc). Per questo credo che introdurre questo tipo di regola nelle università potrebbe essere utile; inoltre sul medio periodo potrebbe aiutare ad introdurre un mentalità meritocratica nel mondo del lavoro mano  a mano che gli studenti diventano lavoratori(o forse mi illudo perchè devono cambiare prima gli incentivi nel mondo del lavoro??). Di sicuro renderebbe superfluo un HC all'italiana.

E' un post pieno di forse perchè anche se sono sicuro che una scuola meritocratica in un mercato del lavoro non meritocratico abbia poco(o nessun) senso di esistere, mi rendo conto che da qualche parte si deve cominciare e dare i voti relativi(o normalizzati o in percentile che dir si voglia) potrebbe essere un buon punto di partenza.

Riguardo l'uso dei voti relativi all'universita' posso risponderti con una esperienza personale, senza pretesa di statistica.

Molti docenti usano il sistema di assegnare X punti per esercizio, il totale fa 31 per ottenere la lode. Alcuni si attengono al punteggio degli esercizi per definire il voto all'esame. Altri invece utilizzano alcuni parametri relativi: ad es. quanti hanno ottenuto il voto piu' alto in rapporto ai partecipanti, che sessione e' (quella di recupero e' trattata diversamente rispetto a quella alla fine del corso) per determinare un coefficiente che moltiplica il voto finale.

Purtroppo pero' questa pratica e' determinata da una bassa qualita' degli studenti soprattutto alla triennale. Cosi' i migliori, che comunque ci sono, restano svantaggiati: prenderebbero 30 e lode comunque.

La copiatura in ogni caso e' scoraggiata con vari sistemi: ad esempio l'uso sempre maggiore di test di accesso all'esame, da fare spesso al computer, o la differenziazione in compiti A, B, C ecc. In realta' queste pratiche servono anche a scoraggiare il "turismo da esame" (aka "io ci provo, hai visto mai"). Questo dovrebbe essere in parte "sanato" dal nuovissimo ordinamento, che riduce il numero di esami e di sessioni - ma avendo dei corsi piu' lunghi permette delle prove intermedie che nei corsi dell'ordinamento 509/99 erano difficili da gestire.

Non c'e' comunque una forte riprovazione dietro, si accetta la situazione e si cerca di porvi rimedio. Secondo me e' un male: ad un test di ingresso di matematica, che serve a determinare il livello delle matricole per fargli fare un pre-corso e non lasciarle troppo indietro durante l'anno, uno dei sorveglianti si sfogo' con me che all'uscita aveva sentito il seguente dialogo:

A: "come e' andata?"

B: "quest'anno bene. Ho trovato qualcuno da cui copiare la risposta sul teorema di Pitagora"

Senza parole.

Il sottoscritto non copiava a scuola e non faceva copiare, sfuggo alle ire del dottor Boldrin.

Tuttavia il caso generale e' interessante e mi feci un'autoregressione storica.

Io ho conosciuto una persona evasore fiscale (una che lo disse a me, intendo dire, non che non ne abbia incontrate ignavo altre o molte altre.) Mai denunciai la persona in questione (per altro come si fa? si scrive al comando della guardia di finanza?)

In un altro caso, credo piu' frequente, della ricevuta la ristorante due volte (in Italia) mi misi a sbraitare insulti pesantissimi.

Gli effetti

a) tutti i commensali (amici italiani) mi hanno preso per demenziale invasato

b) il conto si accrebbe di una percentuale del 20%, credo per mettere in conto la fattura e una mdoesta punizione per le teste di c.. arbonio che vogliono la "ricevuta fiscale".

 

Mi domando, quali sono le vostre esperienze? siete a contatto con l'evasione fiscale? li avete mai denunciati?

 

Io non ho mai sentito il bisogno di copiare, mi ricordo che a volte lasciavo che lo facessero per mantenere un minimo di accettabilita' sociale: quando sei giovane hai l'illusione che devi sentirti parte di un gruppo per avere una identita'.

Riguardo agli evasori, mai conosciuto gente che se ne vantasse con i dettagli sufficienti per una denuncia. Elusione si', ma sempre a livello basso: penso comunque che lo Stato faccia di tutto per metterti non solo in condizioni di farlo ma anche di volerlo fare, e questo mi fa veramente ribrezzo.

Ricevute varie: io le ho sempre chieste, da anni a questa parte non mi serve nemmeno. Rare volte non sono state corrette. Le poche volte che non le ho ricevute, non mi ricordo di aver avuto mai storie nel chiederle. I conti al ristorante sono sempre stati corretti, ma ho sempre frequentato pochi locali e affidabili.

Non per fare l'avvocato del diavolo, a proposito di meritocrazia, come ci si comporta negli States verso i docenti?

Quanti scoppiati strafatti di psicofarmaci insegnano alle superiori? Quanto sono tollerate assenze prolungate (fino a 4 mesi)? Quante volte può assentarsi in una settimana un insegnante? In quante classi è tollerato il patto tacito  a non fare un cazzo tra studenti e insegnanti sfaticati? Quanto di frequente si deve aspettare Gennaio per avere insegnanti di ruolo? Quante gente palesemente impreparata e senza alcuna minima capacità di insegnare mantiene il posto per 10, 20, 30 anni? Firmano un Honor Code gli insegnanti? Possono essere rimossi? Vengono rimossi quando palesemente incapaci?

 

 

Non c'entra nulla con il tema ma, comunque, la risposta è semplice.

Laddove i sindacati degli insegnanti hanno potere e riescono ad esercitarlo, succede tutto questo ed anche peggio. Infatti, laddove governano i sindacati degli insegnanti la scuola pubblica USA è MOLTO PEGGIO dell'italiana. Molto peggio, non solo peggio.

Basta che cerchi i rete e trovi documentazione da leggere per una vita e mezza.

Still, nulla ha questo a che fare con il tema del post. Di più: pensare che abbia qualcosa a che fare con il tema del post, implica non aver proprio inteso il punto. Ma va bene lo stesso.

Il tema si è allargato moltissimo. Ed allora è pertinente l'osservazione che la competizione, la trasparenza nei comportamenti, l'alacrità in visti di confacenti risultati, trovaono continuo dileggio e derisione snaturando anche termini positivi come 'ambizione' che ha assunto connotazione negativa in molti ambienti. Senza fasi mancare il conformismo abulico dell'appiattimento rispetto ad andazzi osceni al grido di 'tanto io da solo non posso farci niente'. Salvo qualche anno passato in USA e qualche altro in Germania, sono 51 o 52 anni (ne ho 61)di Italia ed ambiente delle imprese e delle professioni. Avendo figli che hanno frequentato scuole italiane, sono convinto che quanto ho descritto è il punto di arrivo di percorsi che partono dali'nfanzia e dalla scuola. Non cè alcun Honour Code ma si impara subito l'arrangiamoci/uniformiamoci fotticompagno code. Attivo nella piccola comunità dove vivo, di fronte all'invito ad una insegnante di enfatizzare la competitività deigli alunni visto che si lamentava dell'indolenza dei suoi allievi, magari con piccole competizioni culturali, o altri metodi per risvegliare interesse la risposta è stata "e mi devo scervellare io? Per i quattro soldi che mi danno? E poi gli alunni sono tutti uguali!!!!!". Ovviamente non generalizzo. Temo che l'atteggiamento diffuso e consolidato sia questo. Allora, da dove si comincia?

Sono sempre stato affascinato da argomenti tipo questo perche' per me sono un chiaro esempio di due cose in cui credo e cioe' che 1) la morale si forma in tenera eta' nell'adulto e' quasi impossibile da cambiare 2)la morale, in tempo di pace, e' questione di incentivi. Ho chiesto ad alcuni americani cosa ne pensassero del fare la spia a scuola. Queste alcune risposte:

 

I don't normally give a shit what someone else does, and simply knowing they cheated wouldn't be enough to make me snitch. But if they cheated in some way as to directly beat me out for some position, grade, or honor, yeah, I'd be quick to rat them out.

 

 

If I were in highschool, then I wouldn't rat someone out unless it directly affected someone other than the cheater. For instance, if the teacher graded on a curve, and a cheater might manage to negatively impact the grades of people who weren't cheating. In college, though, every cheater diminishes the value of everyone else's degree, and that's inexcusable.

 

 

The only time I would even consider doing this would be if I were in a professional school where class rank meant everything. (law school, med school, etc) That being said, I am not sure if I would do it even under those circumstances. Usually someone else will jump at the opportunity so why bother being a dick.

 

 

I used to tattle on people but I've come to realize that it's just not going to do anything for me, and it never ends up making things right. Everyone cuts their own deal in life, unless it's directly affecting your livelihood you should just butt out. The guy will end up getting his eventually, either by being caught or by being totally unprepared when he needs the information he cheated to get instead of learning. Also, cheating is something very common in school so get used to it. My university had a huge section of Chinese students who would talk to eachother during tests, use programmable dictonaries, everything to pass their tests. In the end it just hurts them though because they aren't actually learning anything, especially English.

 

 

Well, sometimes there is a penalty for being cheated on, i.e., if someone peeks at your test to get the answers, you're responsible, even if you didn't want them to. That might encourage people to turn in cheaters, in order to save their own ass.

 

 

Chiaro, no? Se chi copia danneggia anche me, allora faccio la spia. Altrimenti cavoli suoi.

 

Chiaro, no? Se chi copia danneggia anche me, allora faccio la spia. Altrimenti cavoli suoi.

Non ci siamo. Chi copia danneggia la società in cui vivo, E QUINDI danneggia anche me. Questo è un ragionamento sottostante a numerose norme. Che non stiamo misurando quantità fisiche, lo sappiamo; quindi ogni valutazione è soggettiva, ma se acquista rilievo fino a diventare oggetto di normativa non posso sostituirla con l'interesse personale.

RR

Il punto renzo e' che anche se siamo tutti consapevoli che questo sia vero, all'atto pratico sono gli incentivi che fanno la differenza. Come dice palma piu' sopra, a parole, nessuno e contento di pagare in nero: ai fatti, quasi tutti lo fanno perche' il medico/meccanico/elettricista ti fa "risparmiare" il 20% sul conto. Se nei college americani si fa la spia e' perche' ci sono incentivi per fare la spia, ad esempio la normalizzazione dei voti all'interno della classe o l'espulsione seduta stante dal college.

Gli antichi romani non davano la metà del patrimonio confiscato a colui che denunciava il reo? (salvo magari tagliarli la testa, giustamente, se era solo una calunnia).

Mi accontenteri di un 20% di equo compenso per le tasse che, grazie alle mie delazioni, potrei far recuperare allo Stato. D'altra parte, se incentivo non c'e', mi pare altamente improbabile che uno si sobbarchi gli oneri della denuncia e le "vendette" correlate.

L'agenzia fiscale americana, Internal Revenue Service, puo' dare premi (bounties) a coloro che forniscono informazioni su redditi non dichiarati da altri cittadini. Vedi qui. In realta' credo che non succeda spesso che una persona abbia informazioni precise di questo tipo su di un altra persona, a meno che non si tratti di parenti stretti.

La realtà è implacabile. A proposito di cheater, sostenitori, giustificatori e finanziatori. Beninteso con soldi pubbblici ed una vagonata di ignoranza. http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/cronaca/assessore-vicenza/assessore-vicenza/assessore-vicenza.html?rss

Anche il sito della signora/ina Donazzan merita. La foto taroccata, in particolare. Vera figlia della lupa, dallo splendente e romano sorriso.

Grandioso, il Veneto modernizzato di Galan ...

 

Credo che il curriculum della insigne .....regionalista (il corrispondente regionale di statista) lo costruirebbe molto bene Vauro. Soprattutto attendibile.

Anche in Romania aumenta il senso civico della denuncia di violazioni (beh, uno potrebbe dire che aumentano anche le violazioni). Solo in parte spiegabile, secondo me, con il fatto competitivo. Anzi, quasi per niente, viste le situazioni.

RR

Sentite questo discorsetto... la penso più o meno così!

 

Bella recita, ma misleading.

Mai confondere fantasia e realtà, altrimenti si finisce per credere al BS di BS.

 

Innanzitutto complimenti per il post e il confronto seguito, davvero bellissimo, tra i migliori degli ultimi tempi per livello e intensità del dibattito.

Finita la sviolinata, provo a contribuire:

* copiare e far copiare come sistema sociale non sembra affatto fornire un vantaggio competitivo: basta vedere come sta messo il sistema italiano da quando fa parte di un sistema integrato e completamente interrelato (europa e area dell'euro): il crollo delle posizioni in tutti gli indicatori socio-economici si sta mostrando rapidissimo. Il sistema ha costituito un fattore di stabilità in una società immobile basata esclusivamente su legami familiari e di clan, in quanto consente di neutralizzare ogni altro fattore di selezione (="siamo tutti uguali, salvo riguardo la famiglia o il clan cui apparteniamo"). Oppure si può applicare ancora una volta il geniale modello superfisso.

* copiare a scuola ricorda da vicino i fenomeni di rent seeking ("far copiare" richiede forse modelli diversi). In Italia as a whole il fenomeno sembra essere un mass rent seeking sul quale credo ci sia qualcosa in letteratura (ma non sono un esperto) anche se è banale ipotizzare un output aggregato subottimale in queste condizioni.

* sta venendo fuori chiaramente che in questo blog c'è molta gente che andava bene a scuola (spero di non offendere nessuno), cioè in teoria una forma di élite.  Però, come si vede in figura, quelli che vanno bene a scuola se la cavano sempre, by and large, in qualsiasi circostanza (ci sarà pure il 110 e lode che finisce al call center, ma lo considererei residuale) mentre il problema della scuola italiana è elevare il livello di istruzione e abilità "medio" di quelli che vanno normalmente o così così. Voglio dire: per il "bravo" copiare o far copiare fa poca differenza, il voto finale di uscita dal sistema fotograferà comunque la sua superiorità; invece ne fa molta per lo studente "medio", appunto. Un honor code consente di differenziare al massimo in una fascia che invece si vuole indistinta.

* per finire, condivido totalmente l'associazione tra "copiare e far copiare" e cultura mafiosa (del resto anche questa con le prioprie radici nel familismo)

 

 

sta venendo fuori chiaramente che in questo blog c'è molta gente che andava bene a scuola (spero di non offendere nessuno), cioè in teoria una forma di élite.  Però, come si vede in figura, quelli che vanno bene a scuola se la cavano sempre, by and large, in qualsiasi circostanza (ci sarà pure il 110 e lode che finisce al call center, ma lo considererei residuale) 

Voglio dire: per il "bravo" copiare o far copiare fa poca differenza, il voto finale di uscita dal sistema fotograferà comunque la sua superiorità; invece ne fa molta per lo studente "medio", appunto. Un honor code consente di differenziare al massimo in una fascia che invece si vuole indistinta.

Secondo me stai facendo assunzioni sbagliate nelle frasi che riporto.

Il 110 e lode che finisce al call center ci puo' finire "degnamente" (notare le virgolette) per due motivi fondamentali:

a. il suo 110 e lode e' in qualcosa non richiesto dal mercato

b. il suo 110 e lode indica solo che sa superare gli esami, non risolvere problemi lavorativi

notare che non sono motivi alternativi, possono coesistere. Questo rende i 110 e lode da call center qualcosa di non residuale, in Italia.

Il motivo b. ha a che fare con la seconda frase: il voto non sempre indica quanto sei "bravo" in realta', ma puo' indicare una combinazione di vari fattori, ovvero quanto sei bravo a (ripetere la lezione del docente|fare i conti a memoria|trovare info su internet|copiare dal piu' bravo|whatever). E comunque al piu' bravo far copiare puo' fare differenza: si trova di fronte piu' concorrenti non meritevoli, o comunque il suo voto puo' venir sminuito se anziche' lui da solo lo prendono in 10.

Il problema fondamentale e' che l'istruzione in Italia e' priva di obiettivi strategici, di prospettiva, sia dal lato amministrativo che didattico. Questo significa che io studio per prendere una laurea in minchiologia, tanto poi mi servira' per fare il concorso o entrare nella grande azienda che ne assume 5000 alla volta con stipendi da fame, ma grazie a questo pezzo di carta potro' fare il dirigente.

La mancanza di prospettiva significa anche che io amministratore NON spingo gli studenti a scegliere, prima possibile, cosa gli piace fare compatibilmente con le loro capacita'. Prima possibile vuol dire fin dalla piu' tenera eta': se a 20 anni ci sia gente che prima ha fatto il primo istituto superiore che gli e' capitato a tiro e poi sceglie la laurea piu' breve/l'universita' piu' facile e' evidentemente perche' quello che gli piace non e' chiaro nemmeno a lui stesso o non vale la pena (dal punto di vista di prospettive future) approfondirlo.

Capisco che con quest'ultima affermazione entriamo nel campo delle scelte culturali, dovrebbe essere forse la famiglia per prima a spingerti a scegliere qualcosa che ti piace - pero' il fatto che non spinga in questa direzione anche il comparto istruzione mi preoccupa non poco.

Sarà anche irrilevante cosa scriverà la giornalista, ma io sarei curioso di saperlo, proprio per capire quanto radicato è in noi italiani questo "sentire", tanto da scriverlo o non scriverlo e in che modi...

Per anni i miei studenti di Tor Vergata hanno scritto in testa al foglio di esame (sempre solo rigorosamente scritto): "Dichiaro sul mio onore di non avere copiato ne` lasciato copiare questo esame. Nessuno trovava la cosa particolarmente eccitante e mai ho ricevuto telefonate di giornaliste con tempo da perdere. A volte anche in Italia la normalita` e` normale finche` se ne impadronisce qualcuno alla ricerca di effimera notorieta`.

Leggo il tuo commento solo adesso, mi fa molto piacere sentire quello che facevano gli studenti a Tor Vergata (a proposito da chi è nata l'iniziativa?Lo fanno ancora?).

Tuttavia "devi" convincerti che non era la "normalità". Eravate un' eccezione, la forma mentis più diffusa è ben diversa. Scusa l'aneddoto personale, ma credo renda l'idea di quello che intendo dire.

L'azienda per cui lavoravo offrì corsi di inglese, a me ed ai miei colleghi. Per selezionare il nostro livello "di partenza" venne fatto un test. Fui redarguito dai colleghi, non solo per non aver fatto copiare, ma soprattutto, per non aver fatto copiare il "capo"!? Altro che honor code

 

A Tonio', ma con chi cce l'hai?

La giornalista che non t'ha intervistato?

Quelli der Parini?

I bocconiani?

Boldrin c'ha scritto n'articolo che nun te menziona?

E diccelo, no?

Ammazza quanto se' acido fijo mio!

 

 

Le radici della questione morale stanno anche, e soprattutto, in pratiche culturali come queste.

 

Non so più se ho letto da qualche parte o se ho ascoltato il racconto di qualche entusiasta ammiratore, ma pare fosse SB, già dai banchi di scuola, destinato a un grande successo. Almeno in Italia.

Sì, perché SB, con il "passar le versioni" -questo si racconta- ai suoi compagni di classe, non solo riusciva, benevolmente/generosamente, a regalar loro un "successo" scolastico, ma anche a ottenere per sé, a guadagnare, dai suoi compagni, insieme soldi sicuri, ammirazione interessata, temporanea dipendenza. E al felice esito di aver gabbato l'istituzione scuola, ecco la gioia brindata tra SB e i suoi compagni. E il brindar dura ancora oggi. Con l'acquisto di altri compagni.

Quest'arte truffaldina del "passar la versione", di "far copiare", è forse l'espressione creativa della nostra cultura dell'illegalità diffusa, della soluzione individualistica antistato/antisocietà. E dove non giunge la "copia" basta la telefonata di "raccomandazione". Senza ombra di dubbio questa cultura prepolitica, ancora oggi dominante, appare, nella teoria e nella pratica,  a SB la migliore possibile, senza i lacci e i laccioli delle regole istituzionali, perché popolare, leggera, simpatica, amical/familista, e a tutti utile (soprattutto ai più forti e spregiudicati). E immagino sia stato proprio questo abito culturale profondo a portare SB al punto di credere che il Presidente della Repubblica, con una sua autorevole telefonata avrebbe potuto aggiustare la decisione della Corte Costituzionale. Non accade forse così anche a  scuola, quando il Preside chiede a un Consiglio di Classe di aggiustare qualche giudizio? Che male c'è!

Ma è possibile, sin dai banchi di scuola, tentare di combattere questa, pericolosa per la crescita civile del nostro paese, alleanza truffaldina degli studenti contro l'istituzione scuola? Senza ricorrere a “spie”!

Una soluzione forse esiste.

Non credo sia sufficiente solo l'applicazione di un sistema sanzionatorio. Tra l'altro esiste inutilmente. Né credo sia utile trasformare i docenti in bravi vigili controllori. Serve, almeno per una generazione, una scuola aperta e accogliente, capace di catturare la fiducia dei giovani verso la società e lo stato.

Se tu, docente, sei soprattutto preoccupato di educare i tuoi alunni non solo al miglioramento delle competenze ma anche alla legalità, al rispetto delle regole, alla correttezza dei comportamenti, non puoi limitarti a girare tra i banchi durante un "compito in classe", in guerra contro la truffa del "copiare", ma puoi, trasformandoti da vigile a maestro, rappresentare il punto di riferimento di tutti i dubbi e di tutte le "richieste d'aiuto" dei tuoi alunni, dando a ciascuno quanto chiede, in una logica, insieme, di sicura e corretta misurazione dei reali apprendimenti, di "promozione" e non di "selezione", almeno sino ai 16/18 anni. Il "copiare" diventa così non remunerativo e può essere additato a comportamento intimamente riprovevole. Eliminare la paura della prova, del giudizio, del risultato -tra bambini e adolescenti- significa togliere spazio alla cultura del "latrocinio di successo", dell'illegalità precoce. E togliere spazio ai furbi di turno, pronti, in amicizia contro l'istituzione, a "passare o a ricevere la versione", significa aprire spazi a comportamenti trasparenti, partecipativi e democratici.

In una scuola accogliente ciascuno troverà la sua "posizione" (anche in una graduatoria, se proprio si vuole), ma senza sofferenze e senza dover brigare. Tanto ha dalla sua parte l'istituzione!

E un'educazione alla corretta relazione tra i giovani e le istituzioni sin dai banchi di scuola potrà forse sottrarre ai populisti di domani braccia e menti.

O no?

 

 

 

www.millepiani.net/archivesfilosofici/2008/04/21/galimberti_e_sissa_la_studiosa.html

 

 

 

 

 

 

 

 

Forse qualcuno di voi ha udito o, ahinoi, letto tal Galimberti. E' assai probabile che l'illustre "filosofo" ora impegnato nello scrivere a adolescenti in crisi e mamme turbate, preferisca far scordare i fatti (trovate infiniti dettagli, e persino una sentenza con condanna per plagio, in URL vedasi link alla prima riga.)

Sarebbe interessante comprendere come mai nessuno sbeffeggi il personaggio, o direbbe Boldrin, lo licenzi dalle sue laute prebende mediatiche e universitarie.

Amerei ritornar sul tema, ma e' lungo e tedioso, ed effettivamente fa un po' troppo ridere quando ricomincia seriamente la guerra in Afghanistan, con le tradizionali preparazioni per l'offensiva di primavera.

Gia' fatto, compagno Palma, gia' fatto con somma cattiveria svariati mesi fa. Manca il tempo per cercarlo nelle mille pieghe di nFA, ma se cerchi con pazienza lo trovi un commento mio di parecchio tempo fa, quando seppi del grazioso episodio ...

mi scuso dunque. mi era sfuggito che il professor era gia' "commentato".

Forse un ruolo di Nfa e' davvero quello di tener vive le memorie.

E' ruolo non minore, data la passione italica per "scurdarse u' passato".

L'effetto e' causato dal vedere i due figuri in questione 

(in http://www.dillinger.it/celli-potere-manager-universita-31582.html )

discettare allegramente della necessita' per i "giovani" di usare le forze biologiche (opposte probabilmente alle forze armate.)

En passant il settantenne Celli, mai considero' l'ardita ipotesi di ... andarsene?

 

Dillinger Video »<em>

 

Umberto Galimberti: “Usate la vostra forza biologica”<em>

Umberto Galimberti: “Usate la vostra forza biologica”

Umberto Galimberti, filosofo, psicologo e Professore all’Università Ca’ Foscari di Venezia, è stato allievo di Emanuele Severino ed è il più illustre esponente italiano della tradizione filosofica del filosofo tedesco Martin …


 

 

L'altro giorno ho assistito ad un talk di Dan Ariely su cheating e unethical behavior. Ha citato esperimenti che mostrano che italiani ed americani non hanno diverse attitudini di base ad imbrogliare, con sorpresa della sua coautrice italiana (e mia). Non mi pare ci siano già paper in giro, se ne trovo li linko.

morale: "di scambi ci campavo"

Chiedimi se mi sorprendo ...

Liceo Classico. Rimandato in matematica. Potrei propormi come prossimo ministro delle finanze, probabilmente ne sappiamo anche uguale.

 

 

Segnalo questo articolo del Sole di oggi, con annesso sondaggio. Per un blog di noises dall'America può essere utile da commentare.

RR

Mi trovai per ragioni di dovere, a giudicare (studenti miei per delle --gravi--) copiature e ebbei il dovere di leggermi tutte le regole (qui sono praticamente le medesime che a Cambridge UK o a Cambridge, Mass.)

 

Osservo solo che, agli italiani, non solo non potrebbero fotter di meno, ma nel can can postale-postmoderno-postfordista, anche editori che dovrebbero far meglio il loro mestiere (G. Feltrinelli( fanno un lavoro pessimo.

Il che non esime i colpevli, il personaggio qui sotto e' ben not ai lettori.

 

http://www.lindiceonline.com/index.php?option=com_content&view=article&id=332:galimbertibucci&catid=39:segnali&Itemid=56

Ma forse lo fa con uno spirito diverso. Forse lo fa con lo spirito di un Pierre Menard, con in piu' il tocco di classe che non sceglie un autore solo, ma tanti (piu' uno principale, se' steso).

di fronte ad affermazioni del genere

 

 

 

« Il pensiero è folle. Maledetta quella servetta che è la logica. »
 
(Umberto Galimberti, Sassuolo 2008)

 

 

 

 

questo annuncia la sua difesa per incompetenza mentale?

Siccome il merito è, alla fine, relativo (i posti a disposizione sono quelli, quindi se non sei nei primi cento, mille, diecimila ... l'ammissione non la ricevi) ecco che far copiare colpisce due volte. Da un lato fa guadagnare un voto alto ad una persona che non lo merita e, dall'altro, spinge in basso nella classifica chi ha fatto bene da solo ma magari non benissimo come chi copia. E questo, spiego, giustifica il fatto che gli altri studenti si impegnino sia a non far copiare sia a denunciare chi copia o fa copiaree.

per la stessa ragione dovrebbe essere morale la delazione fiscale

l'idraulico A che , evadendo l'IVA  , offre la prestazione P a 100 toglie il lavoro all'idraulico B , che pur potrebbe offrire la stessa prestazione con IVA  a 108. 

 

a

 

 

per la stessa ragione dovrebbe essere morale la delazione fiscale

 

Infatti, a mio avviso lo è. E non solo a mio avviso: dove vivo io la gente la pratica, anche se forse meno frequentemente di quanto sarebbe utile :-)

Segnalo questo articolo ("Compiti copiati? Negli USA c'è il «processo»") sul Corriere Bologna di oggi.

RR

Mi è ritornato in mente questo post leggendo qui...ma ho pensato anche da quali accuse ci si difende in Germania e da quali accuse devono difendersi i nostri politici.

Il caso della tesi di dottorato del ministro tedesco Guttenberg, il quale avrebbe copiato circa il 70% del suo scritto di 475 pagine e si è visto pertanto revocare il titolo dall'Università di Bayreuth, ha suscitato commenti un po' in tutto il mondo. Risparmio ogni osservazione sulle balbettanti giustificazioni dell'interessato.
Naturalmente la discussione sul tema in Germania è molto ampia.
A livello universitario investe vari aspetti, dall'incapacità dei relatori della tesi di accorgersi di cosa combinava il loro dottorando, al contenuto scientifico di certe tesi che si limitano a mettere a confronto idee altrui, alla configurabilità di reati e violazioni di copyright, ecc.
A livello politico le opposizioni si sono scatenate, parlando di indegnità a ricoprire la funzione, di inaffidabilità, e così via, mentre la Cancelliera e la sua parte politica sostengono che il Ministro vada giudicato per ciò che fa in tale veste.
Da conoscitore e frequentatore della Germania, sono però rimasto sbigottito e - lo confesso - assai deluso quando nei giorni scorsi ho letto i dati sui primi sondaggi svolti sul tema ed assistito a qualche intervista in TV: al di là della prevalenza delle opinioni di "simpatia" per Guttenberg (che comunque ha subito un calo di popolarità), infatti, mi sarei atteso una generalizzata riprovazione per il plagio compiuto. Invece pare diffusa anche in Germania l'idea che, come diceva il figlio del protagonista ne L'inverno del nostro scontento di Steinbeck (quando si scopre che ha vinto un concorso nazionale per il miglior tema patriottico copiando discorsi di antichi presidenti USA), fanno tutti così, poi qualcuno la fa franca e qualcuno viene beccato, l'importante è provarci .......

Comincio a temere di far parte di un'antiquata élite di persone che si ostinano a non adeguarsi a come funziona il mondo.

In effetti inizialmente sembrava che lo scandalo fosse dirompente, e non pochi si attendevano le dimissioni di Guttenberg, spontanee o indotte dai suoi stessi compagni di partito o dalla Cancelliera stessa.

Qualche commentatore nazionale aveva anche osservato (con compiacimento) come in Germania la soglia di attenzione sulla moralità dei politici fosse molto più severa che in Italia. A quanto pare sbagliava.

Sul fatto non sono informatissimo, ma mi pare che una commissione di cattedratici di Bayreuth dovessero esprimere un giudizio oggettivo e definitivo, ignoro se questo verdetto sia stato già emesso.

Personalmente mi ha molto meravigliato il relativismo della Cancelliera, che oltre che fuori luogo mi sembra pericoloso: il principio che i precedenti personali e morali non contino nella vita politica può portare molto lontano. E mi astengo dal fare analogie, che del resto vengono in mente a tutti.

 

Il caso della tesi di dottorato del ministro tedesco Guttenberg, il quale avrebbe copiato circa il 70% del suo scritto di 475 pagine e si è visto pertanto revocare il titolo dall'Università di Bayreuth,

[...]

sondaggi svolti sul tema ed assistito a qualche intervista in TV: al di là della prevalenza delle opinioni di "simpatia" per Guttenberg (che comunque ha subito un calo di popolarità), infatti, mi sarei atteso una generalizzata riprovazione per il plagio compiuto. Invece pare diffusa anche in Germania l'idea che, come diceva il figlio del protagonista ne L'inverno del nostro scontento di Steinbeck (quando si scopre che ha vinto un concorso nazionale per il miglior tema patriottico copiando discorsi di antichi presidenti USA), fanno tutti così, poi qualcuno la fa franca e qualcuno viene beccato, l'importante è provarci

 

La mi impressione e' un po' diversa, ma ammetto che non ho seguito attentamente la vicenda.  La mia impressione e' che le elites tedesche, quasi unanimi, abbiano seriamente stigmatizzato Guttemberg, tanto e' vero che in tempi brevissimi gli hanno anche revocato il PHD.  Le masse tedesche invece hanno opinioni (e probabilmente anche conoscenza dei fatti) piu' ambigue e meno nette.  Quindi secondo me la situazione tedesca a livello di elites continua ad essere radicalmente diversa dalla situazione italiana: in Italia chi plagia rimane ai vertici accademici e conserva tutti i titoli col consenso quasi unanime delle elites.

Giratela un pochino come vi pare,  e non dubito che si possa sempre trovare qualche giustificazione. Mi sento tuttavia in dovere di segnalare che il festival di Bayreuth continua, come il prestigio dell'universita'.

Mi risulta invece che tali Galimberti e Zamagni mantengano tutti i loro titoli accademici,

La documentazione la vedete qui.

http://www.lindiceonline.com/index.php?option=com_content&view=article&id=332:galimbertibucci&catid=39:segnali&Itemid=56

 

o alternativamente qui

http://www2.dse.unibo.it/picci//istituzionale.html

 

 

 

Ripeto, sara' che gli Itaian amano distinguersi in questa bizzarra arte del difender l'indifendibile, ma non e' vero che tutto il mondo e' "paese."

Per far un esempio di banale disgusto, l'editore G.G. Feltrinelli pubblica 17 volumi di uno di questi. 

Perche'?

 

Parole sante!

Alla fine si è dimesso ed ha rinunciato al titolo di Dottore (che gli verrà comunque tolto).

Poveretto, vittima di un popolo di barbari che, non avendo la nostra cultura millenaria, si perde dietro a queste questioncine etiche. :-)

Mi congratulo senza nessun sarcasmo con herr. K zu Guttenberg.

 

http://www.ft.com/cms/s/0/08ae8014-43ee-11e0-8f20-00144feab49a.html#axzz1FLagKTzF

Secondo me, dovrebbero dimettersi anche i suoi supervisori di PhD, diretti e indiretti. In fondo, lui poteva sempre dire: la mia tesi è stata letta, ma nessuno ha obiettato nulla.

 

 

LONDON SCHOOL APRE INCHIESTA SU TESI SAIF..
(ANSA)
- La London School of Economics ha aperto un'inchiesta formale sulle accuse che Saif al Islam Gheddafi, il secondogenito del rais di Tripoli Muammar Gheddafi, avrebbe violato le norme dell'etica accademica copiando senza attribuzione alla fonte passi della sua tesi di dottorato. Lo riporta il Times. La prestigiosa università londinese sta anche valutando voci secondo cui Saif avrebbe usato un 'ghost writer' per scrivere la tesi che poi è stata esaminata da un Lord laburista, Meghnad Desai, professore emerito di economia alla Lse.

 

Forse compro' pure una bambola di orly weinermann?

Urge un'inchiesta dei Lords e dei Mossadniks

 

Poteva il nostro quasi premio nobel nazionale risparmiarsi una ennesima figura meschina?

No, che non potevva, cosi' e- stato beccato pure lui a plagiare.

QUasi quasi preferisco la Libia con Gheddafi e tutto, almeno lui non puo' deludere, perche' non mi aspetto niente di buono, mentra dai plotici e dai professori un minimo di onesta' e competenza la vedrei bene.

Questa merita molto di più di un commento.

Qualche lettore ha una copia del testo di Brunetta (l'altro credo di potermelo procurare da solo, ci sarà in biblioteca :-)).

Reazioni al volo:

- non mi sorprende. Non solo per la considerazione accademica che da sempre porto al "professor" Brunetta, ma anche perché è comune in Italia. Credo che, specialmente prima dell'avvento di internet, una buona metà di ciò che gli economisti (non so cosa sia vero negli altri campi, anche se ...) italiani pubblicavano in Italia fosse plagiato da testi più o meno sconosciuti e pubblicati all'estero. Nota che Brunetta plagia da un testo di terza qualità, sconosciuto ai più. Io non sono molto esperto di labor, ma Fleisher e Kniesner non so proprio chi siano!

- La cosa estremamente imbarazzante è che BR, con la faccia tosta che ha caratterizzato la sua vita e quella cosa che lui chiama "carriera" e di cui va tanto fiero, ha copiato di sana pianta, apparentemente, anche cose elementari, assolutamente elementari. Questo, almeno si evince dall'articolo dell'Espresso. Altri son stati più astuti e meno paraculi, ed han scopiazzato con intelligenza. Tanto per dire, il mio direttore di tesi a Venezia, tal Alfredo Medio, ha scopiazzato sopratutto da matematici russi o, in anni più recenti, da biologi teorici, per scrivere i suoi libri ed i suoi articoli. Solo che, essendo altamente più intelligente di Brunetta, scopiazzava concetti, modelli, formule e risultati, preoccupandosi di cambiare i simboli ed i nomi delle variabili, in modo tale che non fosse del tutto ovvio al lettore. Per capirlo dovevi cercare un po' e con una certa attenzione. Diciamo così che era "scopiazzatura", più che plagio puro e duro. Ma, d'altra parte, Medio era uno dei più svegli del circo di pagliacci di cui è composta l'accademia economica italica in media (e non si offendano, per favore, i soliti 40 che fanno eccezione, ok?).

- Infine, vediamo se si dimette. Il tedesco si è dimesso, vediamo cosa fa Brunetta. Verifichiamo se l'accusa è certa (sembra abbondantemente di sì, ma controlliamo) e poi chiediamo che si dimetta. E che lo caccino da Tor Vergata per manifesta indegnità. Non lo farà, ed useranno l'esempio di Zamagni per giustificarlo. Il che permetterà a noi di ribadire, per l'ennesima volta, ciò che la sinistra perde per tenersi questa classe dirigente.

Invece in inghilterra, pare che si prendano piu' seriamente i legami col Colonnello.

 oggi una bel pezzo di una figlia di papa' che non ha dovuto competere per avere il suo posto e proprio non capisce come sia possibile scendere cosi' in basso da dover dimostrare di valere qualcosa per emergere. Auguri, Italia.