Gli esodati d'AmeriKa

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Dei cosiddetti "esodati" (persone che hanno perso il lavoro dopo i 50-55 anni e che sono ancora troppo giovani per ritirarsi dal mercato del lavoro con una pensione pubblica) si parla quasi ogni giorno ma se ne sa veramente poco. Ebbene, esistono da anni anche in America. Un'interessante ricerca di Kevin Milligan ce li descrive. Vediamo lì come fanno, magari ci viene qualche idea utile.

Anche in America si perde il lavoro dopo i cinquant'anni e anche lì esiste una pensione pubblica, che si chiama Retirement Insurance Benefits, che però non si può ricevere prima dei 62 anni in misura ridotta e prima dei 65 anni in misura piena. Un americano che perde il lavoro a 55 anni è un "esodato" fino al compimento dei 62 anni.

Come fa Milligan a sapere quanti sono e chi sono gli esodati americani mentre noi non sappiamo nemmeno contare quelli italiani? Semplice: ha preso dati longitudinali di tipo survey (cioè interviste dettagliate alle stesse persone ripetute nel tempo) e li ha analizzati. Negli Stati Uniti esiste una speciale banca dati pubblica chiamata Health and Retirement Study, che raccoglie interviste a circa 22.000 americani di età superiore ai 50 anni. L'intervista, fatta ogni 2 anni, raccoglie dati sulla salute, la casa, il lavoro, la pensione, eccetera. Lo scopo primario della survey è informare la discussione pubblica sulle pensioni. Una bella idea, non vi pare? Per fare una discussione pubblica seria ci vogliono dati, non due randelli uno in mano alla Fornero e uno in mano al direttore dell'INPS. Questa è la prima idea utile che possiamo prendere dal lavoro di Milligan.

Quanti sono gli esodati americani? Lo scopriamo dalle tabelle 1 e 2 del paper. Basta contare quante persone nel gruppo 53-54 anni (il gruppo analizzato da Milligan) e che lavoravano fino all'anno prima hanno zero reddito da lavoro ma non si classificano come ritirate dalla forza lavoro. Queste sono l'1,32% delle donne occupate e l'1,34% degli uomini occupati. Sempre nel gruppo 53-54 anni. Se proiettassimo questa proporzione agli occupati italiani di età compresa tra 45 e 64 anni (così siamo sicuri di non restringere troppo l'intervallo di eta'), che nel 2011 sono circa 6,5 milioni (dati qui, alle tavole occupazione) concluderemmo che gli esodati sono circa 85mila. Un po' più dei 65mila calcolati da Elsa Fornero, molti meno dei 390mila calcolati dall'INPS. Questo esercizio potrebbe non avere alcun senso, dato che il mercato del lavoro statunitense è molto diverso da quello italiano, ma oltre alla curiosità di vedere che cifra ne viene fuori, indica un metodo: semplice e trasparente.

Come evitano la povertà gli esodati americani? Questo lo scopriamo dando un'occhiata alle tabelle 5 e 6 del paper di Milligan, che riportano le proporzioni di donne e uomini che sono sollevati dalle difficoltà economiche per tipologia di reddito. Guardando agli esodati americani nel gruppo di età 55-61 anni, impariamo che circa la metà di questi non ha difficoltà economiche grazie al reddito del coniuge. La frazione è un po' più alta per le donne (56%) che per gli uomini (50%). Il 27% delle donne esodate, poi, evita le difficoltà economiche grazie a redditi non da lavoro (risparmi, immobili, ecc.). La corrispondente cifra per gli uomini è 42%. Non tutti, naturalmente, riescono a evitare la povertà con mezzi propri o del coniuge. Infatti il 19% circa degli uomini esodati e il 6% circa delle donne ci riesce grazie all'assistenza pubblica (pensioni di invalidità, sussidi di disoccupazione, eccetera). La metà di questo 19% per gli uomini è costituito dalle pensioni di invalidità, il che suggerisce che non pochi esodati maschi negli Stati Uniti entrano in questo stato a causa di disabilità che portano alla perdita del lavoro. Gli esodati che restano sotto la soglia di povertà sono circa il 20% del totale, sia tra gli uomini sia tra le donne. Notare che le percentuali sommano a più di 100 perché un esodato può evitare lo stato di povertà grazie a diverse tipologie di reddito.

Che cosa impariamo? La prima cosa che impariamo è che ci vogliono dati pubblicamente disponibili, e che questi dati vanno analizzati. Questo l'ho già detto sopra e l'hanno detto bene anche Tito Boeri e Agar Brugiavini su La Voce: la gestione privata di informazioni pubbliche non è accettabile in un'economia moderna. La seconda cosa che impariamo è che è sbagliato assumere (come implicitamente si sta facendo in Italia) che gli esodati debbano essere tutti a carico del welfare pubblico. Credo che siamo tutti d'accordo che non c'è bisogno di preoccuparsi di un esodato che possiede 3 appartamenti oppure di un'esodata il cui marito ha un reddito annuo di 80mila euro. Insomma, come minimo la soluzione al problema degli esodati dovrebbe essere means-tested. Questo semplice punto è completamente assente dal dibattito. Il problema, essenzialmente, sono gli esodati il cui stato conduce alla soglia di povertà. Per questi bisogna intervenire urgentemente. Se fossero il 20% come negli Stati Uniti (potrebbero essere di più, potrebbero essere di meno: ci vogliono dati pubblicamente disponibili che tutti possono analizzare) allora staremmo parlando di poco meno di 20mila persone. Il problema è che in Italia ci riempiamo la bocca di parole come equità, solidarietà, eccetera e poi non abbiamo strumenti fondamentali di un welfare moderno come programmi per dare un reddito minimo a quelli che sono veramente alla fame e non hanno alternative. Che ci pensi la solidarietà privata è ammirevole, ma questa non può arrivare ovunque.

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Commenti

Ci sono 15 commenti

...considerando la ricchezza netta delle famiglie (presa dal bollettino statistico di Bankitalia sulla ricchezza delle famiglie 2010) non ci sarebbe da stupirsi se fossero addirittura 10mila!
 :-)

 https://dl.dropbox.com/u/9510624/ricfam.jpg

 

Una ragione per cui la situazione in Italia è probabilmente peggiore di quella americana è che in Italia la partecipazione femminile alla forza lavoro è inferiore. Di conseguenza sono di più le famiglie in cui entra un solo reddito, e credo pertanto probabile che siano meno gli ''esodati'' che godono di un reddito addizionale in famiglia. Certo che senza dati decenti si possono solo fare congetture.

Buon punto, Sandro. In Italia pero' ci sono caratteristiche delle famiglie che controbilanciano questa. Per esempio in Italia (vado a naso) ci sono meno single mothers che in US ed extended families geograficamente meno disperse. Ma torniamo dove ti sei fermato tu: possiamo solo fare congetture finche' non conosciamo il profilo statistico degli esodati.

gli esodati italiani non sono persone che hanno semplicemente perso il lavoro in età critica bensì (dalla Relazione tecnica al dlg "Salva Italia")

 

lavoratori in mobilità, mobilità lunga, beneficiari di trattamenti a carico dei fondi di solidarietà, ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche in posizione di esonero (art. 72, comma 1, DL 118/2008), ai soggetti con in corso la prosecuzione volontaria.

 

tutte queste posizioni sono ufficiali: tutte le prime sono oggetto di accordi sottoscritti sia dal Governo (Ministero del lavoro) che dall'INPS  secondo il quale mobilità,  beneficio di trattamenti a carico dei fondi di solidarietà e per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche la posizione di esonero sono un sostegno fra la cessazione del lavoro e il raggiungimento dei diritti alla pensione secondo legislazione vigente.

I prosecutori volontari della contribuzione (molto pesante = a un terzo dell'ultimo lordo percepito rivalutabile) hanno a suo tempo fatto domanda all'INPS per esserne ammessi ricevendone autorizzazione: ciò presuppone che il tempo di prosecuzione volontaria abbia termine alla data di maturazione della pensione sempre secondo le norme vigenti.

Di tutti questi l'INPS ha il dato o perchè paga gli assegni di mobilità o perchè incassa il contributo volontario. Esistono poi casi di chi si è dimesso volontariamente in quanto l'azienda gli ha garantito o con un'buonuscita straordinaria una tantum o con versamenti mensili la copertura del mancato stipendio fra dimissioni e pensionamento. Nella definizione di tutti questi casi quando collettivi ha sicuramente partecipato il Ministero del Lavoro. Esistono poi casi individuali o come il precedente o creatisi con decisione propria del lavoratore: per essi lo stato e l'INPS non hanno responsabilità  a meno che sussista la contribuzione volontaria pagata dall'azienda o dal lavoratore: in mancanza non sono esodati secondo la definizione corrente, come molti altri, che come gli americani, sono stati semplicemente licenziati. L'INPS ha un data base quasi perfetto (ogni assicurato puo accedere ai suoi dati) che la mette in grado di stabilire il numero degli esodati (come sopra descritti) e la data a cui ciascuno avrebbe  raggiunto i requisiti per la pensione.

A pensare bene l'INPS, ai tempi del decreto, non ha adeguatamente supportato il governo per pigrizia. Sono però circolate anche voci e sono anche stati scritti articoli circa una ostilità di vari grandi managers della PA verso questo governo, ostilità che a volte si manifesta con scarsa collaborazione.  

In ogni modo alla Fornero non sarebbe stato difficile pubblicare un questionario in internet da riempire da chiunque si considerasse esodato (chi non ha internet avrebbe potuto usare i Patronati) e fare controllare tutte le informazioni ricevute dall'INPS: avrebbe prodotto risultati certi in meno di sei mesi di tira-molla.

 

Molto bello l'articolo sugli americani, ma credo anch'io che non sia pertinente: gli esodati non sono persone in difficoltà, ma persone a cui è stata promessa, solo perché facenti parte di una delle caste, una parte dei miei soldi che, quando sono emigrato, non sono più stati disponibili.

Loro, come bambini viziati, pestano i piedi urlando; i loro protettori, come le mamme dei bambini viziati, urlano ancor più forte contro i bambini altrui e il governo, come quelle maestre insulse che mirano solo a vivere tranquille, dà ragione agli urlatori.

Confonderli con gente che ha PERSO il lavoro ma lo cercasbagliato, credo.

Grazie per la precisazione, Aldo, molto importante.

Tuttavia, difendo la mia definizione: nel decreto si puo' scrivere quello che si vuole, ma nella sostanza le persone in queste posizioni ufficiali che elenchi hanno oggi (dopo cioe' che sono diventati "esodati") zero reddito da lavoro, non sono ritirate dalla forza lavoro (immagino che riprenderebbero il lavoro che hanno perso o lasciato se potessero) e non si qualificano per una pensione pubblica. Gli esodati in senso stretto sono semmai un sottoinsieme di questa categoria.

Forse un primo passo verso quei dati lo abbiamo anche in Italia e in Europa: mi domando infatti se "share" non possa costituire quella base dati che manca.

http://share-dev.mpisoc.mpg.de/sample.html
http://share-dev.mpisoc.mpg.de/questionnaire-wave-2/italy.html   (pag61)

Grazie, Domenico.   Si, SHARE e' di fatto l'analogo europeo di HRS.  Includendo l'Italia potrebbe essere utilizzato per fare la stessa descrizione riassunta nel post.