Chiacchierata aeroportuale fra il Dottor Balanzone e Doctor Boldrin

/ Articolo / Chiacchierata aeroportuale fra il Dottor Balanzone e Doctor Boldrin
  • Condividi

L'altro giorno ci siam ritrovati nel futuristico aeroporto d'un paese sperduto. Non ci vedevamo da tempo e, dopo i soliti convenevoli, abbiam fatto, Bin&Bone, due chiacchiere sulle nostre esperienze recenti. Risulta che Balanzone, per la prima volta in vita sua, ha provato a fare il comissario in un concorso italiano a cattedra. Ne è uscita un'intervista stuzzicante.

Boldrin: Dunque, tu hai fatto il commissario ad un concorso

Balanzone: Si' – ad un concorso di prima fascia, da ordinario.

Boldrin: Non mi sembri molto interessato ai giochi accademici in Italia. Come mai sei finito in una commissione di concorso?

Balanzone: E’ un brutto scherzo dell’ultima leggina, che ha imposto il sorteggio dei commissari fra tutti i professori ordinari. Sono stato sorteggiato e mi è andata anche bene. I concorsi a prima fascia sono solo per titoli – quelli per seconda fascia (associati) prevedono anche una lezione ed un colloquio e quelli per ricercatore due prove scritte – tutte da tenere nella sede che ha bandito il concorso. Un bella scocciatura. Almeno ho potuto lavorare a casetta mia.

Boldrin: Non potevi rinunciare? Inventarti, tanto per dire, una gotta?

Balanzone: Mi hanno spiegato che è impossibile. Avrei dovuto trovare un medico disposto a dichiarare falsamente che ho problemi di salute gravissimi ed avrei fatto ritardare il concorso di mesi – se non anni - per sostituirmi. I candidati ed i loro protettori mi avrebbero odiato ed alla fine il risultato sarebbe stato lo stesso. Ho pensato che avrei potuto comunque rendermi utile per favorire i migliori.

Boldrin: Oh mio eroe: e ti sei reso utile? Hai combattuto per far passare quelli bravi?

Balanzone: Purtroppo no. Non c’erano.

Boldrin: Come sarebbe a dire che non c'erano? Ma se l'Italia, lo leggo ovunque, è piena di eccellenze?

Balanzone: Diciamo che non si sono presentati, meglio così? Francamente: il mio è un settore piccolo e non di moda. I geni fanno altro e ci sono pochissimi cervelli in fuga da riportare in Italia. Ma anche in Italia ci sono due o tre studiosi bravi, con pubblicazioni molto migliori della stragrande maggioranza degli ordinari in servizio, che avrebbero meritato di vincere.

Boldrin: E perché non si sono presentati quei due o tre? Era all'università di Lampedusa il concorso?

Balanzone: Perché nel mio settore vince solo chi ha il posto chiamato.

Boldrin: Cioè? Cosa vuol dire “posto chiamato”?

Balanzone: I concorsi funzionano così, secondo la legge Berlinguer modificata (il DDL Gelmini cambierà le procedure). In teoria, l’Università di Roccacannuccia scopre di aver bisogno assoluto di un ordinario di Sociologia della ricerca dei funghi nel settore scientifico disciplinare Sociologie dell’agricoltura. In pratica l'associato locale spinge disperatamente per avere il posto, vantando tutti i suoi meriti scientifici, organizzativi didattici etc. e promettendo eterna fedeltà ai potenti locali. L'università trova i fondi (impresa non facile di questi tempi) e comunica al ministero la sua intenzione. Due o tre volte all’anno, il ministero raccoglie le domande e organizza una tornata concorsuale. La commissione è di cinque membri – uno interno, nominato dalla facoltà per rappresentare i suoi interessi e quattro esterni, cioè di altre università italiane. Tutti ordinari. Un tempo associati e ricercatori potevano essere in commissione ma il ministro attuale, nella sua infinita saggezza, si è reso conto che esseri accademicamente imperfetti non potevano officiare il supremo rito dell’accademia italiana, il concorso.

Boldrin: Giusto, giusto. Santa donna, ha capito tutto. E i commissari si sorteggiano?

Balanzone: Non proprio – si possono anche eleggere e poi sorteggiare. Dipende dal numero di concorsi della tornata, dal numero di professori nel raggruppamento e in quelli affini….

Boldrin: Non voglio sapere altro. Troppo complicato. Ritorniamo al punto. Dicevi che bisogna avere il posto "chiamato" ... che se mi sbaglio di consonante combiniamo un pasticcio.

Balanzone: E questo è il punto. Un ordinario costa all'università parecchio – oltre 100000 euro l’anno

Boldrin: Ma all’inizio della carriera quanto prendono? Mica 100000 euro lordi.

Balanzone: Ma no, sono compresi i contributi etc e poi si considera la media sull’intera carriera. All’inizio sono circa 2500-2700 euro netti al mese per gli ordinari, che con gli scatti di anzianità arrivano a circa 4000 dopo venti anni di ruolo. In ogni caso, il trucco è semplice: se si chiama un esterno, il costo è intero. Se si chiama l’associato interno, il costo aggiuntivo è pari alla differenza fra i due stipendi, relativamente piccolo. Già i casi di doppio salto (da ricercatore ad ordinario) sono rari, perché la differenza di stipendio è maggiore. Le chiamate di esterni sono rarissime. In genere vincono gli associati interni. Aggiungi che l’associato interno può manovrare in dipartimento ed in facoltà per avere un posto nel settore, mentre l’esterno di genio no. Ultimo punto se si assume un esterno l’associato interno rimane in servizio e quindi ti trovi due professori di Sociologia della raccolta dei funghi

Boldrin: In Amerika mica succede così. Se cerchiamo uno nuovo ... è perché non ce l'abbiamo. Se ce l'avessimo, lo promuovessimo ...

Balanzone: Non cominciare con La Merika ... Come ti dicevo, vincono quasi sempre gli interni. Ciascuna commissione può nominare due idonei.

Boldrin: Ah, questa la so. Mi ricordo di un concorso a Udine un po' di anni fa. Un tal Medio voleva mettere in cattedra [Bzzh ...bzzh ... siamo andati a farci un giro lontano dal registratore ...] E perché due? Se c’è un posto solo...

Balanzone: Il numero di due è un geniale compromesso italico. La legge Berlinguer stabiliva tre vincitori – ma poi qualcuno si accorse che era troppo facile organizzare una maggioranza di tre in commissione (ciascuno col proprio candidato) e chiese a gran voce che ci fosse un solo vincitore. In questo caso, però avrebbe vinto sempre l’interno e nessuno avrebbe voluto farsi eleggere commissario (allora si eleggeva ancora e la gente si disse: cosa cavolo vado a perder tempo se non posso aiutare un figlioccio mio?). Quindi si decise di farne due. Così i commissari esterni potevano mettersi d’accordo per far vincere un loro candidato e non sprecavano troppo tempo

Boldrin: E perché si chiamano “idonei”?

Balanzone: La commissione teoricamente attesta solo che Michele Boldrin ha i titoli per fare il professore ordinario di economia. Poi la facoltà può decidere se assumerlo (“chiamarlo”). In tal modo, se l’interno perde la facoltà può non assumere nessuno e rimettere a concorso la cattedra la volta successiva.

Boldrin: Ah, questo mi ricorda ancora quel famoso concorso di Udine, credo fosse il 2005 ... non chiamarono mai nessuno dei due" idonei", perché non erano quellA "predestinata" ... chissà se l'hanno poi "chiamata" la [bzzzzh ... bzzzh ... vedi sopra ...] ed occhio alle consonanti anche qui, mi raccomando!Anyhow, che io spikko inglisc, ed il secondo “idoneo”?

Balanzone: Quello si fa chiamare dalla propria facoltà. Ufficialmente sorpresa e deliziata da avere nelle sue fila tanto genio. Qualche ipocrita sostiene che i secondi idonei sono quelli veramente bravi, mentre gli interni, si sa sono poveracci locali (per la cronaca, io sono un idoneo esterno).

Boldrin: Solito presuntuoso, guarda che io qui ci ho l'esclusiva ...

Balanzone: Ebbene si me lo dice anche mia moglie che sono insopportabilmente presuntuoso. In realtà, almeno nel mio settore, anche il secondo idoneo vince solo dietro garanzia della facoltà che sarà chiamato e quindi non disturberà l’ordine naturale delle cose. In altri settori mi si dice che il sistema è meno ferreo e che idonei disperati vagano per il mondo alla ricerca di un posto. Si mormora anche di idoneità scadute.

Boldrin: Scadute, come le mozzarelle? Cazzarola, ora che lo dici, ed io menziono le mozzarelle, mi sovviene che uno degli idonei di quel famoso concorso di Udine credo gli sia scaduta la roba, quella lì, insomma il certificato che è intelligente ...

Balanzone: Si durano cinque anni – cioè Boldrin ha i titoli per fare il professore nel 2005, ma se non viene chiamato entro il 2010 deve ricominciare da capo. Ma è un caso molto raro. Nei settori seri e ben organizzati la facoltà è d’accordo sin dall’inizio. Negli altri si impietosisce e chiama comunque, magari l’anno successivo, a meno che non sia veramente alla canna del gas con i soldi. Nessuno lascia un idoneo a spasso – peggio di abbandonare un cane in autostrada. Il cane non lo vedi più, l’idoneo è sempre li a ricordarti lo sgarbo.

Boldrin: Vabbeh, non mi a-can-isco, vah ...Allora, in pratica vincono solo gli insiders

Balanzone: Appunto! Vedi che un po' alla volta ci arrivi pure tu? La regola è la carriera interna Uno si laurea con un barone, che poi gli fa vincere una borsa di dottorato, poi un assegno di ricerca che lo fa sopravvivere qualche anno. Se il barone è convinto, si sforza di trovare al suo allievo un posto da ricercatore, possibilmente nella stessa università. Se ci riesce, l'allievo vince, da candidato interno, e diventa ricercatore. È un posto di ruolo che porta fino alla pensione. Ma quasi tutti voglio fare carriera. Si fanno chiamare un posto da associato, sempre nello stesso posto, poi il grande salto ad ordinario (nel frattempo s'è speso la tredicesima di due anni per pubblicare un "libro") [Errata Corrige: Balanzone mi ha fatto sapere che "... mi hai fatto dire una sciocchezza. Nessuno "usa due tredicesime per pubblicare un libro" - usano tutti i fondi di ricerca pagati dal contribuente."  NdMB]. Senza muoversi mai. Questo meccanismo produce di tutto. Produce parecchi casi scandalosi, di vittorie di parenti o di amanti (sperabilmente giovani ed avvenenti), che ogni tanto finiscono sui giornali, Nel complesso gli scandali sono però (ancora) una minoranza e comunque sono compensati da casi di vincitori meritevoli, anche secondo gli standards internazionali. La maggioranza è però composta da brave persone mediocri, che sono in buona fede convinte di meritarsi il posto da ricercatore dopo gli anni di borsa e poi le promozioni successive dopo tanti anni di servizio come ricercatore o associato. E tale convinzione è condivisa dagli altri membri della facoltà (“tanto una brava persona, che ha fatto tanto per la facoltà”) e dalla “disciplina”.

Boldrin: Disciplina? Ma che lingua parli? Cosa siete, S&M?

Balanzone: Sono i professori ordinari del settore. Prendi il caso del mio concorso.

Boldrin: Già raccontami. Quanti erano i candidati? Ti piacciono i dim sum? Dai che li ordiniamo ... questa cosa è affassssinante!

Balanzone: Sei, di età variabile fra 40 e 57 anni, tutti associati. Tutti rigorosamente con carriera locale, dalla culla alla cattedra. Solo uno ha preso il dottorato in altra università, ma poi è tornato subito all’ovile.

Boldrin: Ma su sei potevi scegliere. Come erano?

Balanzone: Uno bravo, con pubblicazioni non trascendentali ma comunque interessanti, una buona apertura internazionale – insomma uno che, per gli standards italiani nel mio settore, la cattedra se la meritava ampiamente. Un altro tragico, al di sotto della sufficienza anche per un concorso da ricercatore. Gli altri più o meno dello stesso livello – nessuna apertura internazionale, un sacco di pubblicazioni mediocri e quasi inutili, ma comunque prova di operosità. Gente che sulle proprie carte ha sudato – magari senza cavare granchè.

Boldrin: Quindi ti sei battuto per quello bravo!

Balanzone: E invece no. Si è ritirato, perché ha vinto da esterno in un altro concorso (era già tutto previsto). Anche un altro, mediocrissimo, si è ritirato per lo stesso motivo ed un terzo perchè gli era stato gentilmente comunicato che non avrebbe vinto. Sono rimasti in tre, quello impresentabile ed altri due. Avrei potuto fare il beau geste – scrivere giudizi sinceri. Ciascun commissario deve scrivere una cartella sulle pubblicazioni di ciascun candidato. Fra l’altro i candidati devono presentare solo un numero massimo di pubblicazioni (nel mio caso 10), uscite prima della data di chiusura del bando di concorso. Il mio concorso era stato bandito nel 2008 con scadenza del bando luglio 2008

Boldrin: 2008??? Ma se una facoltà ha bisogno di un professore mica può aspettare due anni! Beh, no, ora che ci penso: nel mio unico concorso (fallito) feci la domanda nel 1988 e lo aggiudicarono nel 1990 ... i conti tornano.

Balanzone: Si 2008 – la Gelmini aveva sospeso i concorsi per fare approvare la modifica della legge di formazione delle commissione. E poi la facoltà non aspetta nulla. Il professore associato fa beatamente lezione, studia, pubblica in attesa dell’immancabile vittoria.

Boldrin: Ma se un candidato “sbaglia” e non presenta le sue pubblicazioni migliori? O se dopo la chiusura del bando scrive un articolo geniale?

Balanzone: In teoria non se ne può tener conto. In pratica è tutto falso. Prima si decide informalmente chi deve vincere, e poi si scrivono i giudizi per dimostrare che Tizio e Caio sono i migliori. Tutti riescono ad presentare 10 pubblicazioni, magari con qualche acrobazia. I commissari possono facilmente giustificare qualsiasi ranking. Presenta un articolo in una rivista internazionale di serie C e 9 liste della spesa? E’ uno studioso che ha aperto una nuova prospettiva alla ricerca mondiale col suo fondamentale lavoro su Small-holders and mushroom gathering in Val di Faitu. Non pubblicato sulla rivista leader mondiale del settore. Presenta dieci libri pubblicati dalla locale cassa di risparmio sulla raccolta dei funghi in dieci colline della zona (uno per collina) e nessuno lo conosce fuori dal natio borgo? Produzione ampia e diversificata che dimostra grande conoscenza del territorio e dei suoi problemi, che ora va anche di moda. Ciascuno scrive un giudizio e poi si scrive un giudizio collettivo ed il verbale finale. Tutto in tre copie, firmato da tutti i commissari e siglato in ogni pagina etc. (una faticaccia).

Boldrin: Ma se i candidati sono impresentabili ed il commissario (non parlo di te, per carità!) ha qualche brandello di dignità?

Balanzone: Può dire che nessuno ha i titoli. Ci sono stati concorsi con un idoneo solo (non so se con zero). Ma è difficile ed inutile. Tanto basta che tre commissari siano d’accordo. E poi un comportamento così antisociale può danneggiare te ed i tuoi allievi (se ne hai). Molto meglio far buon viso a cattivo gioco.

Boldrin: Dai non t'incazzare e non mi ficcare il dim sum nel taschino. Era una battuta ... E lo hai fatto?

Balanzone: In sostanza sì. Ho fatto dei giudizi molto duri, per gli standards italiani – mettendo in luce le insufficienze dei lavori più che i loro pregi (da cercare col lanternino), ma alla fine ho accettato il giudizio collettivo. Ha vinto l’interno (ca va sans dire) e l'unico esterno sovravvissuto presentabile. In sostanza un tipico concorso italiano, che si è concluso “bene” – tempi rapidi, nessun litigio, risultati ragionevoli (nei limiti dei candidati). Anche accettabile, turandosi un po’ il naso. Ma un disastro nel lungo periodo, perchè conferma le regole e ha messo in cattedra due mediocri che riprodurranno altri mediocri. Sarebbe necessario un radicale cambiamento di regole.

Boldrin: Si può sperare qualcosa dal DDL Gelmini? Andiamo sul serio, dai, che il mio avion parte ...

Balanzone: No. Prevede regole complicate per decidere quanti concorsi e di quale tipo si possono bandire, in rapporto al personale già in servizio, I ricercatori si stanno battendo per ampliare la loro riserva indiana. Ma dal punto di vista della qualità dei vincitori non cambia nulla. In pratica il concorso locale come quello che ho descritto (due posti a Roccacannuccia di Sotto) viene sostituito da un giudizio di idoneità a numero aperto. Una commissione di ordinari (sorteggiati) dichiara l’idoneità scientifica degli studiosi di Sociologie dell'agricoltura che fanno domanda. Poi ciascuna università fa un concorso locale con membri scelti dalle facoltà. Lo vendono come un progresso perché ci sarebbe un filtro scientifico preliminare.

Boldrin: E tu ci credi?

Balanzone: Ma mi faccia il piacere Doctor Bullshit! Passeranno tutti gli insiders – come si farà a negare una idoneità ad un associato con un protettore alle spalle? Rimarranno fuori gli outsiders e forse non tutti. Magari la commissione nazionale non avrà il coraggio di dichiarare che Boldrini non è un economista degno della cattedra. Solo che Boldrin dovrà trovare una università disposta a spendere 120000 euro [120mila? Cosa mi vuoi, affamare?NdB] per chiamarlo, pari ai soldi per tre promozioni interne. Auguri. Con i chiari di luna attuali…

Boldrin: Ma si vocifera di un nuovo sistema all'americana di tenure track.

Balanzone: Si chiameranno "ricercatore a tempo determinato" o a TD (per distinguerli da quelli attuali, a tempo indeterminato o TI). Il contratto, è di sei anni e prevede un insegnamento, a differenza degli assegnisti di ricerca attuali. Apparentemente simile all'assistant professor in AmeriKa. Ma c'è una differenza. ln AmeriKa, uno è sicuro che alla fine del periodo sarà giudicato in base alle pubblicazioni ed alla sua attività didattica. Se passa, ha il posto assicurato (tenure). In Italia il ricercatore a tempo determinato può sostenere un concorso da associato - ma la facoltà non ha nessun obbligo di chiamarlo se passa. Non ha neppure l'obbligo di stanziare uno stipendio di associato alla fine del periodo: in teoria può bandire 100 posti di ricercatore a TD senza avere una lira per assumere un associato dopo sei anni.. Quindi può dire tranquillamente al neo-associato "mi dispiace non ci sono i soldi" - e ricominciare daccapo con un nuovo bando per ricercatore a TD.

Boldrin: E secondo te, questo avverrà?

Balanzone: Potrebbe. È quasi sicuro se il ricercatore litiga col suo barone. È possibile se il protettore del ricercatore litiga con altri baroni o se la facoltà (o il dipartimento) si fa prendere dall'entusiasmo e crea troppi ricercatori a TD per mettere a posto gli allievi di tutti i baroni potenti. Insomma (okkio, che perdi l'avion) plus sa change, plus c'est la meme chose ... vai, corri, che perdi l'avion per l'AmeriKa. Salutamela, quando ci landi.

Indietro

Commenti

Ci sono 113 commenti

nulla di nuovo sotto il sole, ulteriore esempio delle problematiche

   Il post è divertente, ed illustra alla perfezione il “dietro le quinte” dei  concorsi a cattedra nelle università italiane. Ed ha perfettamente ragione il dott. Balanzone quando non attribuisce una particolare nequizia al fatto che sarà favorito il candidato “locale”: da un lato esiste l’obbiettiva necessità di risparmiare e dall’altro chi aspetta di essere “promosso” ha tutto il tempo di tessere quella rete di amicizie che lo faranno avanzare nella carriera. Si svolge così senza traumi l’avanzamento (per anzianità) di mediocri, incapaci, e talvolta consanguinei. Il guaio è che la riforma in discussione peggiorerà (se possibile) l’attuale situazione. Attraverso complicate liturgie (terrificanti quelle prescritte nel testo originale), la scelta sarà sempre “locale”, con l’aggravante di una foglia di fico, rappresentata dalla “idoneità nazionale” che, prevedibilmente, non verrà negata a nessuno. 

Ma bravi B&B! Avete dipinto un quadretto allo stesso tempo divertente, chiaro e accurato! Il contenuto chi è dentro al sistema lo conoce benissimo, è una storia che si ripete continuamente, con poche varianti insignificanti.

 

Vi ringrazio per come in poche righe avete spiegato chiaramente l'errore di fondo nell'idea Gelmini del ricercatore a TD. Aggiungo che poche o nessuna università italiana saranno nelle condizioni economiche di prendere ricercatori in "tenure track".

 

Siccome il diavolo sta nei dettagli, aggiungo un dettaglio al quadretto, cioè la situazione degli attuali ricercatori a tempo indeterminato. Il loro (nostro, dovrei dire) ruolo va ad esaurimento, l'unica via per fare carriera sarà fare concorrenza ai poveri TD in quei concorsi che nella testa del ministro sarebbero dedicati a loro. Non sto a tirarla lunga, ma diciamo che da dentro appare ovvio che la nostra carriera è finita.

 

Ora, fino a oggi i ricercatori hanno in media insegnato ben oltre il dovuto, per (la faccio breve) mantenere buoni rapporti nell'ambiente dal quale dovrebbe arrivare la loro promozione. Ora che per legge i Dipartimenti non potranno garantire ai ricercatori TI alcuna carriera, che succederà? Molti corsi di laurea, ricordiamo, stanno in piedi grazie alla didattica gratis dei ricercatori.

 

Per quel che capisco, succederà che ai ricercatori TI sarà assegnato un obbligo di insegnamento superiore per legge. Lo stesso degli associati. Ma per uno stipendio più basso. Dove porterebbe una situazione del genere - gente che lavora uguale per stipendi diversi - non lo so dire. Ma mi pare di stare nel prudente dicendo che non ne verrà nulla di buono per nessuno.

vero.. ci sono ipotesi che prevedono una specie di "ope legis" (cosa che all'estero e' di difficile comprensione...), di passaggio semi-automatico dei ricercatori nella seconda fascia. Ma questo rappresenterebbe un "tappo" alle generazioni future, una mancanza di selezione del merito, ed in definitiva un impoverimento della capacita' di ricerca delle universita'.

I ricercatori minacciano di far saltare l'offerta formativa dell'anno accademico in arrivo. Quali sono gli strumenti di protresta alternativi?

 

gente che lavora uguale per stipendi diversi

 

Beh, questo e' da augurarselo! Se Tizio e' un ricercatore piu' bravo di Caio, o e' piu' bravo nella didattica, bisogna pagarlo di piu'!

In Italia questa e' fantascienza purtroppo. Tempo fa mi e' stato offerto un lavoro da dirigente di banca ed ho scoperto che persino i dirigenti di banca hanno un contratto nazionale! Qui (Londra) non esiste il concetto di due contratti uguali, almeno in lavori qualificati. E se prendo piu' (o meno) di un collega e' perche' sono piu' (o meno) bravo.

A me pare che il bellissimo dialogo tra B&B non sia che un altro sintomo del corporativismo imperante in Italia da sempre (solito discorso che in Italia non esiste una destra liberale, eccetera). E' chiaro che la classe universitaria tende a difendere i propri interessi terra terra invece di migliorarsi. Ma - chiedo ingenuamente - ci sono esempi rilevanti di istituzioni italiane che si comportano in modo diverso?

Purtroppo corrisponde alla verita', anche se alcune situazioni/realta' differesicono (e parecchio) da SSD a SSD (Settore Scientifico Disciplinare), e da Universita' a Universita'.

I tagli del FFO previsti (1.2 miliardi di euro oltre a quelli gia' inflitti fino ad ora, che porteranno alla bancarotta) non faranno che acuire questa situazione. In genere, la mobilita' del lavoro in italia e' scarsissima e difficile. Nel DDL Gelmini ci sono alcuni punti condivisibili e che tentano di porre rimedio alla situazione attuale, ma e' tutto l'insieme che non funziona. In primis il taglio dei fondi, che portera' inevitabilmente a favorire i passaggi di carriera interni.

Ho sentito alcune opinioni sul DDL Gelmini:

1) E' un semplice taglio di fondi. Mancano i soldi al governo. Ovvio che qualcosa di simile ai piani "Stimuls" gia' operativi negli USA qui da noi sono utopia...

2) E' in atto un progetto di discredito dell'Universita' pubblica. Qualcosa di simile al discorso di  Piero Calamandrei del 1950 (consiglio di leggerlo a chi non lo conosce: http://osservatoriodeilaici.com/?p=637). Lo scopo ultimo sarebbe impoverire il livello culturale del Paese per poter instaurare un "regime". L'ipotesi e' un po' fantascientifica, ma e' certo che certi governi si reggono meglio senza opposizone intelligente...

 Aggiungo questo link, che ho test'e' scoperto: "Atenei pubblici verso il disastro. E crescono i numeri delle private"

 

 

La chiacchierata da' una fedele rappresentazione di quello che succede e quello che accadra'. Detto cio' va detto che l'avere tutti i commissari ordinari e' un miglioramento perche' sono piu' difficilmente manovrabili.

L'unica vera rivoluzione di cui la Gelmini parla ...parla ...e' la valutazione ma come si dice dalle mie parti she talks the talk but she doesn't walk the walk. A questo peraltro andrebbe associato il fatto che una universita' in dissesto finanziario possa fallire. Questo in Italia non lo vedo proprio ...vi lascio sbizzarrire la fantasia con tutta la demagogia etc che verrebbe fuori.

Leggendo ste cose son contento di non aver cominciato la carriera universitaria (pur avendone avuta l'opportunita')

 

 

Leggendo ste cose son contento di non aver cominciato la carriera universitaria (pur avendone avuta l'opportunita')

A me spiace quando un talento non trova le giuste opportunità. Voglio però spezzare una lancia in favore dell'università dicendo che accanto a del "marcio" c'è anche del buono, e quel buono è tuttavia competitivo a livello internazionale. Molti lavorano con passione, competenza (e con risultati apprezzabili) all'interno delle università italiane, spesso con mezzi e strumentazioni quasi "di fortuna". La corruzione (così come ricordava Boldrin per l'evasione fiscale) non è completamente sradicabile. Sono convinto che anche negli USA ci sia un certo meccanismo "di conoscenze personali" che facilitano le pubblicazioni, le assunzioni, l'assegnazione di finanziamenti, etc... ma il limite è diverso. Un po' perchè le torte USA sono decisamente più grandi, un po' per la questione etica, un po' perchè vi è sana competizione non ostacolata da "classi" protettive..

Ma non si potrebbe fare un'università privata (magari piccola, inizialmente) dove

 

  1. I prof sono assunti solo per merito e a tempo determinato o con contratto rescindibile (finchè producono bene, se non lo fanno a casa)
  2. Focus su materie produttive così che investire nella retta risulta conveniente
  3. Se il meccanismo ingrana si potrebbe anche timidamente fare ricerca...

 

La immagino privata in modo che chi mette i soldi ha tutto l'interesse a mantenere alta la qualità dell'insegnamento. Secondo me per insegnamento di qualità c'è domanda e se la cosa è costruita bene potrebbero esserci anche sponsorizzazioni dalle aziende.

 

Secondo me per insegnamento di qualità c'è domanda

 

Ecco, di questo non sarei così sicuro. In questo l'Italia è ben diversa dal resto del mondo. L'abolizione del valore legale del titolo aiuterebbe, e ancora di più una seria valutazione della didattica a livello nazionale, pubblica e consultabile da tutti - studenti che vogliono scegliere e imprenditori che vogliono assumere.

 

potrebbero esserci anche sponsorizzazioni dalle aziende

 

Certo! Ma perché non alla università pubblica allora? Allo sponsor interessa solo la qualità, mica se il soggetto è pubblico o privato... intendo dire, i (sacrosanti) principi che proponi li potrebbe pretendere lo stato.

 

Secondo me per insegnamento di qualità c'è domanda

 

Non mi pare. Quello che si chiede e' di laureare in fretta gli studenti. E di fare tanti laureati, a prescindere dalla qualita'. Le classifiche che ho visto utilizzare per assegnare le risorse nonerano basate sulla qualita', ma sulla quantita'.

Il sogno di ogni rettore e' stipulare un accordo con gli istituti privati di preparazione agli esami: portano molti studenti che non frequentano, non hanno bisogno di servizi, non "pesano" sull'universita'. L'unica cosa che chiedono e' un voto senza troppa fatica. Stante l'attuale (dis)valore delle lauree, non vale la pena di sbattersi per avere una laurea "piu' pesante", ma e' piu' vantaggioso fare la minor fatica per avere un pezzo di carta.

ps Senza pudore, con il concorso ancora in svolgimento

 

 

 

ps Senza pudore, con il concorso ancora in svolgimento

 

Stupito? Capita tutti i giorni, a me è capitato almeno quattro volte. E' la norma, non l'eccezione.

Grandissimi. Soprattutto due punti:

1. chi è dentro il sistema non lo cambierà mai, inclusi i ricercatori, perché tutti si sentono di avere diritto al posto fisso, soprattutto se sono stati dei politici accorti e hanno contattato quella famosa casa editrice di libri a pagamento, per cui alla fine i c..occi rimangono agli studenti.

2. eccomi qua, uno che ha litigato con il suo barone, e che adesso da postdoc in germania guadagna come un associato italiano.

No hope, no fear.

Il Boldrin style è da manuale.

 

 

Negli anni '70 ho svolto attività di ricerca presso l'Istituto di Critica operativa della facoltà di Architettura "Valle Giulia" di Roma, fondato e diretto dal prof. Bruno Zevi, dal quale ero stato cooptato.

Gli scantinati della facoltà abbondavano di pubblicazioni di docenti ad uso e consumo di ratti, infiltrazioni d'acqua e capitoni. Si trattava, per lo più, di pubblicazioni ad hoc a cura di illustri editori sconosciuti fatte al solo scopo di ottenere titoli per i concorsi. Per contro, validissimi architetti che si erano distinti con ottime realizzazioni e/o pubblicazioni e vincendo prestigiosi concorsi di progettazione nazionali ed internazionali, venivano regolarmente trombati nei concorsi a cattedra perché esercitavano la professione. Con le debite eccezioni, resta per me tuttora un mistero cosa avessero da insegnare dei teorici che non avevano mai messo piede in un cantiere, se non trastulli mentali su Gramsci piuttosto che sul III libro de "Il Capitale" o sugli archetipi junghiani.

La situazione non pare migliorata: anzi! Un caro amico, docente di Storia dell'Architettura contemporanea, mi raccontava che, avendo un giorno citato di striscio Claude Levy-Strauss, colto dal dubbio chiese "Naturalmente sapete chi è Levy-Strauss ... " . Silenzio. Poi uno studente timidamente alzò la mano e rispose "Ma non è l'inventore dei jeans?". E' arcinota, del resto,  la storiella verissima di quell'assistente che, sentendo citare Mies van der Rohe, commentò "Mai sentita, questa signorina van der Rohe"

Benedetto Croce e Lewis Mumford, solo per fare due esempi, hanno svolto una validissima e libera azione culturale a livello internazionale senza  aver mai avuto nulla a che fare col mondo accademico e istituzionale "ufficiale".

Come sia, mi sembra necessario ricordare un fatto assai importante: l'8 Agosto 1979 Bruno Zevi  si dimise dall'Università (in realtà si pensionò con 14 anni di anticipo) e sulla stampa e i media italiani successe il pandemonio. La sua diagnosi fu impietosa e le sue proposte, a mio parere, estremamente centrate ed attuali: non bisogna riformare ma rivoluzionare l'Università italiana. Invece di moltiplicare demenzialmente cattedre e insegnamenti inutili, prendere spunto simultaneamente dal modello della Open University britannica e delle Unità pedagogiche francesi.   

Per non intasare troppo il vostro, ho appena pubblicato sul mio blog l'intervista che Zevi, tra le tante, rilasciò il 26 Agosto 1979 a "L'Espresso". Esorcizzato e rimosso dall'accademismo italiano di destra e soprattutto di sinistra, naturalmente. A che punto siamo? Ai pannicelli caldi.

Ecco un pezzo apparso all'epoca sul CorSera:

 a

 

 

molto interessante anche l'intervista, grazie della segnalazione

Dalla chiacchierata viene fuori una stortura che il DDL Gelmini sembra voler correggere: la incredibile differenza di stipendio tra un professore ordinario appena nominato ed un suo collega con trenta anni di anzianità nel ruolo. In realtà lo stipendio del professore appena nominato lo prendono solo gli esterni al sistema, per gli altri c'è la conservazione dello stipendio che avevano nel ruolo precedente e la "ricostruzione della carriera" che riconosce fino a otto anni di anzianità per dodici anni passati nel ruolo precedente. In pratica il sistema paga di meno chi non è già nei ruoli di professore associato. Una discriminazione che ha effetti devastanti nelle discipline dove si vorrebbero reclutare (principalmente dall'estero) studiosi affermati che non appartengono al sistema. A leggere bene il DDL Gelmini vi si riconosce l'intenzione di correggere questa stortura. Dico l'intenzione perché tutto dipenderà dai decreti delegati e dalla sensibilità del Ministro (i tempi saranno così lunghi che è ben possibile che nel frattempo cambi il Ministro).

 

A leggere bene il DDL Gelmini vi si riconosce l'intenzione di correggere questa stortura. 

A me pare che questa stortura si accentui. Nel DDL Gelmini c'è esplicitamente scritto che nei passaggi di carriera si CANCELLA la ricostruzione di carriera. Quindi, semmai, anzichè elevare gli esterni si abbassano gli interni... o mi sbaglio?

Non dimentichiamoci che un ricercatore all'inizio di carriera percepisce meno di 1200 euro/mese, che non mi sembrano stratosferici (visto che un dottorando ne ottiene 1000)...

questa storia rappresenta il nostro paese, purtroppo! Il paese dei furbi, delle scorciatoie, delle lauree prese a vattalapesca, dei diplomi di laurea, dei baroni universitari, dell'attuale ministro o ministra dell'università...... e dei suoi predecessori. Non possiamo pretendere di più.

L'università e la scuola esistono sulla carta, sono parole in un paese di parolai, amici degli amici, sodali, faccendieri e, per finire ..... di una classe politica che non cambia mai: inossidabile a tutto!

 

Dormi povero paese!!

La prossima volta che vedo un AmeriKano col c... che gli racconto i fatti miei. Oltretutto abbellisce col suo

 

Il Boldrin style è da manuale

 

 e mi fa dire brutalità che nessun barone bennato direbbe. Per esempio

 

Sarebbe necessario un radicale cambiamento di regole.

 

 Si dice

 E' opportuno riconsiderare le procedure di reclutamento e di avanzamento di carriera dei docenti, tenendo conto sia delle loro legittime aspirazioni di carriera sia dell'esigenza valorizzare opportunamente il merito acquisito lavorando in condizioni difficili e con finanziamenti inadeguati (cf. lo splendido libro a cura dell'esimio collega Regini su Malata e denigrata, ed. Donzelli).

 

Il primo post del dottor balanzone sul thread!

La mia impressione e' che dall'interno non riusciremo mai ad autoregolamentarci e cambiare le regole... di tempo ne abbiamo avuto, ma i risultati sono decisamente insoddisfacenti...

Balanzò! Quanto magni!! C'hai la panza grossa come un cuscino!!!

Scommetto c'hai votato Dionigi come Rettore! E pure Delbono come Sindaco visto che c'eri!!

RR

Secondo me Boldrin e Balanzone sono come Bruce Wayne e Batman... :-D

S

Approfitto della virata della discussione sull'argomento ricerca per fare una considerazione fuori tema che però in parte si lega alla fossilizzazione degli ambienti accademici tout court. Un'altra pecca del sistema universitario italiano è l'assoluta mancanza di interdisciplinarietà, e in alcuni settori essa è invece determinante per l'innovazione. Un esempio concreto: negli anni 90 si gettavano le basi per un salto tecnologico cruciale in una disciplina che allora era oscura ma che oggi ha acquisito il suo peso: la linguistica computazionale. Nei dipartimenti di alcune università italiane era chiaro che dalla realizzazione di software in grado di indicizzare testi senza alcuna intelligenza si doveva passare a software in grado di capire il contenuto dei testi. Ora questi prodotti sono indispensabili per esempio per monitorare il Web, e la ricerca ha ancora tanto da fare: i traduttori automatici sono per esempio ancora lontani anni luce dall'essere qualcosa di decente. Sarebbe stato utilissimo allora avere un team di ricerca composto da informatici, ingegneri, linguisti, semiologi. E lo sarebbe anche oggi. La capacità di attrarre cervelli eterogenei e metterli in comunicazione tra di loro, mi sembra sia limitata a un ristretto gruppo di aziende illuminate. Quindici anni fa in ambito accademico era fantascienza costituire gruppi di ricerca misti. E' cambiato qualcosa?

E' cambiato qualcosa?

Credo, ancora una volta, che molto dipenda da quale settore si consideri. L'interdisciplinarieta' si presta bene per certe scienze (come chimica, una scienza definita "centrale") e forse poco per altre discipline...

La capacità di attrarre cervelli eterogenei e metterli in comunicazione tra di loro, mi sembra sia limitata a un ristretto gruppo di aziende illuminate. Quindici anni fa in ambito accademico era fantascienza costituire gruppi di ricerca misti. E' cambiato qualcosa?

No. Col tempo che passa a lu convento, l'interdisciplinarietà è quasi un reato. David Cameron ha studiato PPE (Philosophy, Politics and Economics)? Non ditelo alla Corte dei Conti italiana, per loro è uno spreco di denaro, e d'altra parte per il CNVSU il fenomeno sarebbe ridotto a mera "moltiplicazione di cattedre". Le Università britanniche offrono Physics and Philosophy, Equine Science, Italian A and Management? Pezzi di carta senza valore, fatti per servire l'interesse della Casta Accademica inglese. Del resto in Italia non si saprebbe neanche dove piazzarli, con le classi di studio disciplinari. E non dite alla Gelmini, poverina, che nella perfida Albione ci sono 80.000 Corsi di Studio di livello universitario, che senno' si agita troppo.

RR

Se la maledetta nuvola islandica non mi avesse costretto a terra per la seconda volta in un mese, chissa', forse vi avrei incontrato in questo o quello scalo, e mi sarei certamente unito alla piacevole conversazione.

Prima facendo finta di ascoltarvi per scroccarvi il dim sum, la birra e il whisky ('mazza come ci andate pesanti). Poi a cestini e bicchieri vuoti vi avrei raccontato la mia storia. Con nome e cognome, non c'e' problema.

Dopo la laurea non avevo alcuna voglia di lavorare e feci domanda per un dottorato, a Siena dove mi ero laureato. Il dottorato sotto casa, anche se era ed e' di tutto rispetto nel panorama nazionale. Il mio supervisore undergraduate non lo sapeva neppure e rimase stupito quando gli dissi che ero arrivato quinto. C'erano dieci posti e 15-20 domande. Bene, ero dentro, ero riuscito a evitare un lavoro con un capoufficio per altri quattro anni.

Be', meno romanzescamente, mi piaceva studiare e mi piaceva l'idea di fare ricerca. Alla fine del secondo anno scrissi un email a Steve Durlauf, che mi piacevano soprattutto le cose di social interactions su cui lavorava (e lavora). Io ero un perfetto sconosciuto e gli chiesi molto ingenuamente se potevo andare a Wisconsin a fare un visiting, a seguire il suo corso su queste cose, a interagire un po' con lui, magare fare li' la mia tesi. Certo, perche' no, mi rispose dopo 5 minuti. Scrivi alla tale che prepara tutte le scartoffie e vieni. In Amerika le porte si aprono spesso e volentieri cosi'. Arrivo a ottobre 2002, i miei amici italiani che trovai li' mi prendono ancora per il culo: arrivai col giacchettino a trapuntina e la borsetta di pelle. (Alberto Bisin non se lo ricordera' ma io scrissi anche a lui nella primavera del 2002 per chiedere la stessa cosa, che anche lui era della social interactions tribe. Fu anche lui gentilissimo e mi rispose che gli dispiaceva ma l'anno dopo sarebbe stato on-leave a Milano).

Faccio la tesi li' e prendo il mio dottorato qua. Siccome stando li' due anni (anzi, sono bastati i primi sei mesi) avevo capito che ero un ignorantaccio cieco come una talpa e che in Italia avevo imparato solo la minima parte di quello che mi serviva per fare ricerca (e enfatizzo che era colpa mia perche' altri miei colleghi che in Amerika non ci sono mai andati o ci sono stati poco hanno fatto cose egregie in Italia, molto meglio di me e di tanti altri che son finiti all'estero) avevo cercato e ottenuto l'ammissione al PhD a Wisconsin per fare almeno i primi due anni con tutti i corsi fatti bene ecc. Ma intanto, che l'intenzione era tornare in Italia (a volte me ne pento ma ormai e' troppo tardi e va bene anche cosi'), avevo inviato da Madison domande per concorsi da ricercatore. Non chiedevo permessi a nessuno (anche perche' non ero il valvassino di nessuno) ne' mi chiedevo se era il caso o no. Ogni martedi' e venerdi' sfogliavo online la gazzetta ufficiale concorsi e quando trovavo posti dove non ci sarebbe spiaciuto vivere mandavo le domande. Per me erano normali openings sul job market: Trento, Como, Siena, Genova, Verona, Pisa, Aosta, Firenze, Roma Tre, Teramo, Forli' (no, non li ricordo tutti, ho ancora tutte le cartelle con le domande sul computer :-)).

A fine 2004 iniziano i concorsi, e in Italia bisogna andare in sequenza, ne fai uno alla volta fino a esaurimento o fino a che ne vinci uno. A Trento eravamo in due. Me la giocai molto bene ma, vabbe', non ce la feci. Peccato, mi piaceva l'idea di vivere a due passi dalle Dolomiti. A Como in tre. Niente da fare, ma meglio cosi': d'estate non mi piace la puzza di lago. A Siena eravamo in quattro, e vinsi. Sara' castigo, sara' misericordia, disse quello.

Ah, eccolo li' l'interno! Avrebbe gridato Doctor Boldrin strozzandosi col dumpling a questo punto: eri un maledetto interno! Sei piazzato bello preciso sulla linea di regressione! Indeed, formalmente ero interno, uno che aveva preso il dottorato in quel posto (credo sia pratica saggia non assumere i tuoi studenti al primo lavoro, ma se ti offrono il posto che fai ci sputi sopra?), ma non ho mai saputo (ne' chiesto) per chi e per come fosse stato bandito quel concorso. So che non tutti tra i miei futuri colleghi furono felici dell'esito. Se volete sapere come ando' e' tutto scritto qui, i verbali sono pubblici. Congelai l'inizio del lavoro per oltre un anno che volevo appunto farmi i miei corsi e tutto il resto a Madison. Iniziai il mio lavoro da ricercatore nel 2006. Quando mi chiedevano "e con chi lavori a Siena?" io dicevo: con Cohen-Cole e Ioannides. Non capivo la domanda, insomma, e loro non capivano la risposta.

Nel 2009 da Bologna (dove non conoscevo nessuno se non un paio di giovani ricercatori che hanno interessi di ricerca simili ai miei) mi hanno chiesto (cosi' come ad altri, contestualmente) se fossi stato interessato a un trasferimento. Li' i trasferimenti si fanno cosi', non si guarda a chi sei ne' di chi sei, se sei di qualcuno, si guarda al tuo cv e al tuo lavoro (si, ok, venendo da un'universita' in quasi-bancarotta a loro costavo pochissimo, ma questa e' un'altra storia). Perche' no, dico io. E' un ottimo dipartimento e Siena purtroppo naviga in pessime acque. E adesso sono a Bologna, sempre senza avere un barone.

E come me ce ne sono tanti altri in giro per l'Italia, almeno tra gli economisti. Non faccio nomi, non voglio tirare in mezzo chi potrebbe non volere, ma siamo in tanti. Tutti trovatelli, senza barone, tutti a credere che ce la possiamo fare lavorando seriamente e cercando di produrre ricerca di qualita' internazionale.

Adesso, nelle prossime settimane, andiamo a fare i concorsi da associato (anzi, qualcuno ha gia' iniziato), con la stessa filosofia. Vediamo come va. Io non sono ancora pronto, questi concorsi arrivano troppo presto per me: quattro anni dall'inizio come ricercatore quando lo standard internazionale sulla tenure track, con diverse eccezioni, sono sei anni, piu' 'sta cosa che quello che e' successo da dopo che hai fatto domanda, nel 2008, a quando si svolgono i concorsi, adesso, formalmente non puo' contare. Ma ci provo come gli altri. Il rimescolamento delle commissioni e' ottima cosa per gli outsider. Cio' detto, resto dell'idea che i concorsi siano pratica ridicola, vanno aboliti rendendo le universita' libere di assumere e promuovere chi vogliono subendo tutte le conseguenze positive e negative in termini di finanziamenti pubblici risultanti dalla valutazione della ricerca. Non si puo' sperare che il sistema si regga sulla serieta' professionale dei commissari di concorso seri, che ci sono ma sono di certo la minoranza.

Se poi noi trovatelli idealisti e testardamente meritocratici sbatteremo la testa sulle mura che delimitano i feudi dell'accademia italiana, be', faremo le valigie e andremo dove ci aprono le porte e non ci sono muri. Non c'e' problema.

Il messaggio per chi vuol iniziare a fare ricerca in Italia e': provaci, non chiedere permessi, non cercare protezioni, non prostituirti, fatti apprezzare per il tuo lavoro e non per il tuo servilismo. Se poi non funziona il mondo e', appunto, pieno di posti dove si puo' andare.

Ecco, mi sono dilungato, dottori. Tanto il mio volo era cancellato.

Scusa Giulio, posso chiederti da dove e per dove non ti hanno fatto partire? Questa nuvola sta diventando il mio incubo...

Caro Giulio

mi fa molto piacere che tu abbia datto carriera per i tuoi meriti, e ti auguro di tutto cuore di continuare. Il tuo caso non è però un valido controesempio, a mio avviso. Infatti, nel sistema italiano, decisioni sulle assunzioni sono prese da persone (professori ordinari, nell'ultima versione) che NON sono penalizzati in caso di scelte dannose per gli interessi dell'istituzione.  Il danno può essere più o meno involontario- si va dal barone che mette in cattedra l'amante sapendo benissimo che è inadeguata al professore che si innamora (scientificamente parlando) di uno sconosciuto  che poi si rivela un pazzo. Il caso più comune è quello del maestro profondamente convinto che il  suo allievo è bravo, mentre è solo un ripetitore delle sue idee ("la scuola"). Data questa situazione, non escludo che una percentuale di concorsi si concluda con la vittoria dei più bravi. La percentuale è probabilmente diversa per settori - più alta a scienze, più bassa altrove. Il problema è che il sistema non incentiva questi comportamenti corretti e, viceversa non impedisce porcate a chi le vuole fare. E quindi il sistema è da cambiare. Bisogna introdurre un sistema di valutazione efficace, con penalizzazioni per le università che reclutano i peggiori. I meccanismi del DDL Gelmini ed il CIVR sono un timido inizio, ma siamo ancora lontanissimi. Temo la maggioranza professori italiani non voglia alcuna valutazione. Quelli bravi la sentono come un'offesa personale, e gli altri come una minaccia. Quindi faranno di tutto per renderli inefficaci.

Aggiungo un altro punto: se non si cambiano i meccanismi in modo plateale (e magari si aumentano gli stipendi di ingresso), non si può cambiare la reputazione del reclutamento nell'università italiana. Quindi non si può migliorare la qualità dei candidati come giustamente suggerito da Figà-Talamanca. Se i candidati sono mediocri anche i vincitori lo saranno- come  nel caso del concorso descritto dal Dottor Balanzone.

 

Ecco un esempio concreto della buona politica che è stata adottata fin dagli anni ottanta dagli economisti italiani: usare il dottorato italiano per consentire ed incoraggiare gli studi dottorali negli SU. Questa politica, resasi necessaria perché gli economisti, al contrario dei matematici, non disponevano di altre fonti per finanziare un programma di borse di studio per l'estero, è stata portata avanti stiracchiando (o interpretando coraggiosamente) leggi e regolamenti, per iniziativa, o con il consenso, di coordinatori di dottorato sufficientemente "illuminati". Di questa politica degli economisti avevo già parlato in un mio commento del 20 maggio (ore 16,52, mi pare).

 

Premetto di non avere esperienza di carriera universitaria, ma il discordo di Giulio mi suona familiare. Nel mondo del lavoro, anche fuori dai concorsi, le selezioni spesso non si basano esattamente su criteri meritocratici.1

Tuttavia, riuscire ad affermarsi solo per i propri meriti, laddove il merito non è il requisito principale per competere, mi sembra l'eccezione (vincono anche i bravi)  che conferma la regola (in genere chi vince non lo fa perchè è bravo).

 Se poi noi trovatelli idealisti e testardamente meritocratici sbatteremo la testa sulle mura che delimitano i feudi dell'accademia italiana, be', faremo le valigie e andremo dove ci aprono le porte e non ci sono muri. Non c'e' problema.

Secondo me il problema c'è.Va bene essere idealisti, ma se il sistema non funziona, vale la pena veramente sostenere l'extra-costo per affermarsi ugualmente? (OT  le sede di concorso menzionata più a Sud era Roma, se l'università funziona come tutto il resto, non so se l'happy end ci sarebbe stato concorrendo solo a sud del garigliano).

Il messaggio per chi vuol iniziare a fare ricerca in Italia e': provaci, non chiedere permessi, non cercare protezioni, non prostituirti, fatti apprezzare per il tuo lavoro e non per il tuo servilismo. Se poi non funziona il mondo e', appunto, pieno di posti dove si puo' andare.

Non sarebbe più onesto dire: sappi che dovrai sostenere degli sforzi extra rispetto a quelli che faresti un ambiente in cui la concorrenza è sana e che l'esito è incerto? Che se fai le valige ci sono posti dove ti pesano per quello che vali, mentre da noi talvolta devi faticare(e deve pure andarti bene che non ci siano candidati a cui il posto spetta di diritto) per farti prendere in considerazione?

1Se la cosa sembra strana, perchè le imprese competono tra loro e non dovrebbero avere incentivi ad assumere con criteri differenti dal merito, potremmo parlare per giorni. Mi limito ad pescare qualche osservazione a caso:

 

  1. Non sempre le imprese competono
  2. I soggetti che si occupano delle selezioni possono avere interessi divergenti rispetto al 'bene' dell'azienda
  3. A meno casi in cui sono richieste competenze molto particolari, nella maggioranza delle mansioni lavorative scegliere un candidato sufficiente, rispetto a uno ottimo, non causa danni apprezzabili al datore di lavoro (almeno non visibili nell'immediato)

 

 

Visto che ogni tanto i concorsi sono veri, val la pena provare a renderli veri sempre più spesso.

Faccio perciò un appello ai professori ordinari che bazzicano per nFA, affinchè vadano a votare (entro domani, 25 maggio) per la costituzione delle commissioni dei concorsi che si svolgeranno a breve.

Personalmente sarei molto contento se a giudicare il mio (e di tutti gli altri esaminandi) lavoro di ricerca sia gente competente e preparata, e "voi" insider avete in mano l'unica arma, ancorchè spuntata, per facilitare questa situazione. Votando ordinari di qualità (e non mi dilungo a definire qui cosa si intende per "qualità": pagine e pagine sono state scritte...), le liste dalle quali verranno estratte le commissioni saranno certamente migliori rispetto allo "status quo". 

Mi rendo conto che l'incentivo diretto ad andare a votare è pari a zero, però se si guarda in aggregato forse un pizzico di "spirito di servizio" farà stare tutti meglio.

 

 

 

L'Université française : irréformable ou malade de la réforme ?

 

 

Solo l'anno scorso.

Comincio a pensare che l'Italia sia nella medesima condizione.

Scusate, a questo link: http://www.rete29aprile.it/ leggo delle notizie estremamente preoccupanti, che, se fossero vere, introdurrebbero (di nuovo) delle ingiustizie.

Premetto che sarà sicuramente necessario aspettare la versione definitiva, ma secondo il vostro parere è vero quanto scritto qui sotto?

 

Il drammatico impatto della manovra finanziaria sulle Università.


Il taglio retributivo per i ricercatori universitari all’inizio della carriera è maggiore del taglio alle retribuzioni dei parlamentari, dei ministri e dei sotto-segretari di stato e dei manager pubblici. È quanto risulta dalla bozza della manovra finanziaria correttiva pubblicata dal Corriere della Sera online, con misure che vanno a colpire tutto il sistema universitario nel suo complesso e in particolare i giovani ricercatori.


a) Viene confermato il prolungamento del blocco del turnover nelle assunzioni nella pubblica amministrazione fino a tutto il 2014. Per l’università, nella prospettiva dell’uscita dai ruoli di circa 18.000 su 60.000 unità nei prossimi cinque anni, sarà semplicemente impossibile garantire gli stessi livelli di servizio e di offerta formativa.


b) I tagli al fondo di finanziamento ordinario dell’università vengono prolungati nel tempo, arrivando al 2015, prevedendo tagli per circa 860 milioni di euro (art. 94 del testo provvisorio)


c) Le progressioni stipendiali dei ricercatori, compresi quelli assunti da poco e ancora in "periodo di conferma" (periodo di prova che dura tre anni), vengono congelate dalla manovra per tre anni (art. 14). Il ricercatore neoassunto si vedrà decurtata la retribuzione di quasi 1600 euro annui, i ricercatori in servizio da nove anni avranno un taglio pari a 4.745 euro annui.


Al confronto, la decurtazione del 10% delle retribuzioni superiori a 75.000 euro annui lordi ha effetti assai più lievi, in quanto si applica solo alla parte eccedente questa soglia.


Quindi, le retribuzioni di un ricercatore neoassunto e di un dirigente con uno stipendio di 91.000 euro verranno decurtate allo stesso modo, nonostante il primo guadagni meno di un terzo del secondo. Allo stesso modo, il taglio subito da un ricercatore con nove anni di anzianità è identico a quello subito da un dirigente che guadagna 122.500 euro all’anno, ovvero quasi quattro volte di più.


d) Come se non bastasse, in questo quadro di incertezza e di depauperamento - e a dispetto della necessità di "internazionalizzare" il sistema universitario italiano - viene imposto un drastico taglio alle spese per missioni all’estero, rischiando di bloccare del tutto le collaborazioni, i progetti internazionali, la partecipazione a conferenze e a riunioni essenziali per una ricerca che non voglia limitarsi al vicolo sotto casa.


Se questo scenario dovesse essere confermato dal testo definitivo della manovra, il giudizio da parte del mondo dell’università e della ricerca, e in particolare dei giovani ricercatori, non potrà che essere assolutamente negativo.


Sicuramente ne rafforzerà la determinazione a mantenere l’indisponibilità a svolgere attività didattica, già annunciata nelle scorse settimane; iniziativa che provocherà il sostanziale blocco del prossimo anno accademico in pressoché tutti gli Atenei italiani.


24 maggio 2010

 

Buone speranze per chi non vuole sovrastimare la bibliometria.

RR

PS: in bocca al lupo al Governo, e congratulazioni al Professore.

Monti non ha scritto molto, anzi solo un articolo importante nel 1972. Ma, se guardi questo link, vedi che quell'articolo non è proprio senza citazioni.