Chi incassa una rendita petrolifera in Italia?

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La settimana scorsa, fresco di giuramento, Giulio Tremonti ha affermato che a stringere la cinghia adesso tocca alle banche e ai petrolieri. In particolare, questi ultimi incasserebbero una "rendita" derivante dall'aumento del prezzo del petrolio. Forse. Ma di sicuro una particolare e ben più consistente "rendita" petrolifera la incassa qualcun altro. E il ministro dell'Economia dovrebbe saperlo bene.

Naturalmente il riferimento alla rendita è improprio. Una rendita economica è una forma di reddito che deriva dalla proprietà di un fattore scarso non riproducibile (per esempio le risorse naturali o il talento) o da restrizioni artificiali del mercato. I paesi dell'OPEC quindi stanno certamente incamerando una rendita, ma quanti petrolieri italiani possiedono pozzi di petrolio? Eccoli qui i petrolieri che secondoTremonti vivono da rentier. Credo (ma potrei sbagliarmi: i lettori più informati di me che ne pensano?) che tra questi solo l'ENI abbia ancora diritti residui di estrazione in Libia e nei pochi pozzi in Lombardia e Veneto. In ogni caso, si tratta di briciole rispetto al fabbisogno nazionale (nel 2006 l'Italia ha prodotto il 6% del petrolio che ha consumato, vedi tabelle qui). Per i petrolieri italiani stiamo dunque parlando di importazioni su un mercato con un certo grado di concorrenza.

In altre parole, ciò che è aumentato, in questi mesi, è il prezzo del petrolio "al pozzo, o sottoterra". Quindi, chi possiede pozzi e giacimenti ha improvvisamente scoperto che questi valgono il doppio o il triplo, nel senso che che può vendere il liquido che ne estrae al doppio o triplo del prezzo, senza sostenere alcun costo aggiuntivo. Chi, invece, trasporta, raffina e distribuisce il petrolio estratto ma non possiede giacimenti non ha, di per sé, ottenuto alcuna rendita.

Qualunque cosa sia questa cosa a cui Tremonti si riferisce, chiamiamola comunque "rendita". Chiedo, un po' retoricamente: chi l'ha veramente incassata la "rendita"? Per illustrare il punto, descrivo brevemente alcuni dati sui prezzi del petrolio e dei prodotti petroliferi in Italia, pubblicati dal Ministero dello Sviluppo Economico. I dati che utilizzo sono mensili.


Il primo grafico qui sotto mostra l'andamento da gennaio 2000 a marzo 2008 (ultimi dati disponibili) del prezzo del petrolio per chi lo importa dall'Italia, in dollari e in euro. Il prezzo è comprensivo di tutti gli annessi e connessi al trasporto in Italia, inclusa l'assicurazione (prezzo CIF: Cost-Insurance-Freight. In questo modo stiamo includendo alcuni costi di produzione).

 

prezzo all'importazione del greggio in dollari e in euro

 

Il grafico mostra quello che tutti sappiamo: il deprezzamento del dollaro spiega solo in parte l'impennata del prezzo del greggio. Lascio tutti i valori in termini nominali: qui gli aumenti nominali sono talmente consistenti che guardare a quelli reali non farebbe una differenza rilevante. Il prezzo in euro per gli importatori italiani è aumentato più di due volte e mezzo (+162%) nel periodo considerato. Il prezzo in dollari è invece quadruplicato (+301%).

Un confronto interessante è tra il prezzo medio della benzina senza piombo e il prezzo medio del gasolio da autotrazione, nelle componenti di prezzo industriale (cioè prima delle imposte) e alla pompa. I prezzi qui e in quello che segue sono espressi al litro e in millesimi di euro.

 

 

La rincorsa e -- se il nuovo trend è quello di maggio 2008 -- il probabile superamento della benzina da parte del gasolio è evidente. Queste sono brutte notizie che per un paese che fa sproporzionato affidamento sul trasporto su gomma. Notate anche che la differenza di prezzo non riflette affatto (e anzi inverte) la differenza del prezzo industriale. La ragione sono i differenti regimi di tassazione, ossia il fatto che l'accisa sul gasolio è il 75% di quella sulla benzina. Questo effetto è rinforzato dall'effetto dell'IVA al 20% che si paga anche sull'accisa (non è assurdo che si paghi un'imposta sull'imposta?)

Il terzo e quarto grafico mostrano la scomposizione del prezzo alla pompa in prezzo industriale e imposte (IVA e accise). In questi grafici è anche riportato il prezzo CIF del greggio al litro -- il costo unitario della materia prima.

 

Non sorprendentemente i grafici mostrano che il costo della materia prima, il prezzo industriale e il prezzo alla pompa si muovono assieme. Grattiamo però la superficie. La seguente tabella riassume alcune statistiche interessanti.

 

Tabella 1: Variazione nominale assoluta (in millesimi di euro)

e, in parentesi, variazione percentuale, gennaio 2000 - marzo 2008

 Prezzo Industriale IVA Accisa Prezzo alla Pompa Prezzo del Greggio al litro
Senza Piombo
 
278.9463.00 36.06 377.99 252.83

(89.19%)(37,49%) (6.84%) (37.49%) (161.94%)
Gasolio373.8 81.8933.68 488.97  

(119.05%) (57.98%) (8.66%) (57.98%) 


Il prezzo CIF del greggio all'importazione è aumentato di circa 25 centesimi di euro negli ultimi otto anni (ultima colonna nella Tabella). L'aumento del prezzo alla pompa della benzina verde prima delle tasse (prezzo industriale) è aumentato di circa 28 centesimi al litro. Essenzialmente un trasferimento 1:1 del maggior costo della materia prima -- anche assumendo piuttosto irrealisticamente che tutti gli altri costi di produzione e distribuzione siano rimasti costanti. Anche in questa ipotesi estrema, la "rendita" di cui parla Tremonti è, rispetto alla benzina verde, di 2,6 centesimi al litro. Invece la "rendita" del governo è di ben 10 centesimi al litro -- pari alle maggiori imposte.


Facendo gli stessi conti sotto le stesse ipotesi estreme sui costi di produzione dei petrolieri per il gasolio da autotrasporto (il cui consumo in Italia è comunque più del doppio di quello della benzina), la "rendita" dei petrolieri è di 12 centesimi al litro... quella del governo 11.5 (la somma orizzontale delle colonne IVA e Accisa nella Tabella).

E negli altri paesi europeti? Ecco sotto un i prezzi in Europa rilevati il 12 maggio 2008 (fonte: stesso Ministero, dati presi qui )

 

  

Prezzo alla Pompa

 
 

Prezzo Industriale

 
 

Imposte

 
  

Benzina

 
 

Gasolio

 
 

Benzina

 
 

Gasolio

 
 

Benzina

 
 

Gasolio

 
Belgique1.4761.2670.6050.7290.8700.538
Bulgaria1.0821.1760.5510.6730.5310.503
Cyprus1.0621.1300.6140.7270.4480.403
Czech Republic1.2621.3120.5860.7040.6760.608
Danmark1.4681.4050.6240.7570.8430.647
Deutschland1.4421.4040.5570.7090.8850.695
Ellas1.1761.2760.6270.7660.5490.510
Espana1.1861.2190.6150.7390.5710.479
Estonia1.0871.1900.5620.6780.5250.512
France1.4161.3480.5770.6990.8380.649
Hungary1.2131.2740.5860.7110.6270.563
Ireland1.2061.2480.5540.6630.6520.585
Italia1.4591.4460.6520.7820.8070.664
Latvia1.0671.1660.6050.7330.4620.433
Lithuania1.0991.1710.6080.7180.4910.453
Luxembourg1.2651.2100.6380.7500.6270.460
Malta1.0901.1030.6140.6890.4760.414
Nederland1.6191.4010.6960.7970.9230.604
Osterreich1.2901.3080.5900.7040.7000.604
Poland1.2911.2820.5720.6990.7190.583
Portugal1.4361.3270.6040.7320.8320.595
Romania1.0871.1820.6060.7330.4810.448
Slovakia1.2511.3380.5630.6680.6880.670
Slovenia1.1141.1880.5690.6880.5450.500
Suomi1.4751.2700.5980.7110.8770.559
Sverige1.4151.4790.5620.7360.8530.744
United Kingdom1.4081.5400.5600.6720.8480.868
Media1.2761.2840.5960.7170.6790.566
diff Italia-Media0.1840.1620.0560.0640.1280.098

 

E' vero, come i consumatori lamentano, che in media in Italia il carburante costa piu' che

nel resto dell'Europa, ma la differenza e' dovuta per il 60%-70% pari a

10-12 centesimi di euro (gasolio-benzina, rispettivamente) al fatto che

anche le imposte sono in media maggiori! Il restante 40%-30% e'

probabilmente dovuto all'inefficienza della rete distributiva, dove la

liberalizzazione potrebbe fare tanto.

Insomma, se vogliamo tassare i petrolieri perché hanno guadagnato così tanto dall'aumento dei prezzi (nulla da obiettare: se poi questo avesse la conseguenza involontaria di stimolare lo sviluppo di fonti alternative, allora sarebbe anche una buona notizia) in base allo stesso principio è anche lo stato a dover stringere un po' la cinghia. Cioè utilizzare la "rendita" petrolifera per tassare meno (non necessariamente i carburanti: ci sono buone ragioni per tassarli) e spendere meno. E anche questa sarebbe una buona notizia per tutti.

 

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Ci sono 18 commenti

 

 

Insomma, se vogliamo tassare i petrolieri perché hanno guadagnato così

tanto dall'aumento dei prezzi (nulla da obiettare: se poi questo avesse

la conseguenza involontaria di stimolare lo sviluppo di fonti

alternative, allora sarebbe anche una buona notizia)

 

 

Scusa ma at the end of the day che differenza c'e' tra questa proposta e quella di hillary-mccain della tax holiday? Alla fine dei conti nulla vieta ai signori petrolieri di rifarsi delle maggiori tasse sui prezzi alla pompa, no? Io sinceramente non ci vedo nulla di furbo nella proposta di tremonti. Stesso discorso sulla presunta tassazione ai banchieri.

 

 

Giorgio, la gas-tax holiday consisterebbe in una riduzione dell'accisa (la tassa fissa che sembra piatta ma aumenta a scalini nei grafici che ho riportato), un esborso per il governo federale, mentre Tremonti promette una  maggiore tassazione dei profitti dei petrolieri, un introito per il governo italiano.

Una maggiore tassazione dei profitti non puo' essere trasferita direttamente al consumatore (la ragione e' che se sto massimizzando i profitti sto anche gia' massimizzando il 90% o il 70% di questi profitti, quindi nulla cambia se lo stato mi porta via il 10% o il 30% della torta).

Quello che suggerivo e' che nel lungo periodo questa tassa incide sulla convenienza ad investire nel settore dove i profitti fossero piu' pesantemente tassati rispetto ad altri.

 

Solo un dettaglio sui diritti di estrazione dell'ENI: mi pareva di ricordare che avesse recentemente acquisito qualcosa nel golfo del messico, con la partecipazione in Dominion.

L'articolo non è chiarissimo (o forse sono io che non capisco bene):

www.corriere.it/Primo_Piano/Economia/2007/04_Aprile/30/eni_dominion.shtml


"(...)Le riserve provate e probabili di Eni saliranno di 222 milioni di barili (...)

GIACIMENTI

- Tra i giacimenti che Eni rileva con l'operazione, figurano i campi

produttivi di Devils Towers, Triton e Goldfinger (operati di Eni con la

quota del 75%), e quelli esplorativi di Front Runner (37,5% Eni), San

Jacinto (operato da Eni con la quota del 53,3%), Q (50% Eni), Spiderman

(36,7% Eni) e Thunderhawk (25%Eni). Questi giacimenti rappresenteranno

il 70% delle riserve complessivamente acquisite da Eni nell'operazione."

 

Giusto per dare un'idea delle dimensioni dell'ENI, questo e' il rapporto annuale 2007 (e' in formato .pdf).

L'eni ha enormi interessi in Italia e all'estero nel campo dell aricerca e produzione di petrolio, non ha solo diritti residui in Libia.

E nonostante la pessima figura riediata in Kazakhistan, con sbagli sulle previsioni dei tempi di un fattore 2 e sui costi di un fattore maggiore di 3, resta uno dei giganti della produzione di petrolio nel mondo.

 

 

www.repubblica.it/2008/01/sezioni/economia/eni-kazakistan/eni-congo/eni-congo.html

L'Eni acquista i diritti su nuovi giacimenti per (cercare di) raddoppiare le riserve. 

 

Ieri il meoministro per lo Sviluppo Economico (Attivita' Produttive sotto il precedente governo) ha convocato i petrolieri, lamentando il divario tra i prezzi alla pompa in Italia e la media europea.


Ecco sotto un i prezzi in Europa rilevati il 12 maggio scorso (fonte: stesso Ministero, dati presi qui)

  

Prezzo alla Pompa

 
 

Prezzo Industriale

 
 

Imposte

 
  

Benzina

 
 

Gasolio

 
 

Benzina

 
 

Gasolio

 
 

Benzina

 
 

Gasolio

 
Belgique1.4761.2670.6050.7290.8700.538
Bulgaria1.0821.1760.5510.6730.5310.503
Cyprus1.0621.1300.6140.7270.4480.403
Czech Republic1.2621.3120.5860.7040.6760.608
Danmark1.4681.4050.6240.7570.8430.647
Deutschland1.4421.4040.5570.7090.8850.695
Ellas1.1761.2760.6270.7660.5490.510
Espana1.1861.2190.6150.7390.5710.479
Estonia1.0871.1900.5620.6780.5250.512
France1.4161.3480.5770.6990.8380.649
Hungary1.2131.2740.5860.7110.6270.563
Ireland1.2061.2480.5540.6630.6520.585
Italia1.4591.4460.6520.7820.8070.664
Latvia1.0671.1660.6050.7330.4620.433
Lithuania1.0991.1710.6080.7180.4910.453
Luxembourg1.2651.2100.6380.7500.6270.460
Malta1.0901.1030.6140.6890.4760.414
Nederland1.6191.4010.6960.7970.9230.604
Osterreich1.2901.3080.5900.7040.7000.604
Poland1.2911.2820.5720.6990.7190.583
Portugal1.4361.3270.6040.7320.8320.595
Romania1.0871.1820.6060.7330.4810.448
Slovakia1.2511.3380.5630.6680.6880.670
Slovenia1.1141.1880.5690.6880.5450.500
Suomi1.4751.2700.5980.7110.8770.559
Sverige1.4151.4790.5620.7360.8530.744
United Kingdom1.4081.5400.5600.6720.8480.868
Media1.2761.2840.5960.7170.6790.566
diff Italia-Media0.1840.1620.0560.0640.1280.098

Cioe' e' vero che in media in Italia il carburante costa piu' che nel resto dell'Europa, ma la differenza e' dovuta per il 60%-70% pari a 10-12 centesimi di euro (gasolio-benzina, rispettivamente) al fatto che anche le imposte sono in media maggiori! Il restante 40%-30% e' probabilmente dovuto all'inefficienza della rete distributiva (e qui la liberalizzazione potrebbe fare tanto...) ma i consumatori non hanno tutti i torti quando chiedonodi ridurre subito le imposte di almeno 4 centesimi al litro.

Se il Ministro o un suo collaboratore ci legge: convocare i petrolieri va bene, ma rendetevi conto che il problema, relativamente al divario coi paesi europei, sono soprattutto le imposte.

 

 

Non lo so veramente. Ad occhio non mi pare insensato ripetere il calcolo considerando i paesi dell'Europa a 15, che hanno una storia economica comunque da piu' tempo (sarebbero possibili altre scelte). Le 6 differenze a fondo tabella diventano:

 

76,53102,848,0752,2728,6750,6

 Restanto tutte positive ma, mentre quelle dei prezzi industriale cambiano poco, quelle delle imposte si riducono.

 

Secondo me le rendite possono esistere, ma non posso essere colte analizzando la dinamica dei prezzi mensili.


Cerco di spiegarmi meglio, nell'articolo mancano delle considerazioni riguardo la velocità della dinamica di aggiustamento dei prezzi alla pompa rispetto al costo industriale. Le variazioni del costo del Brent o del prodotto raffinato sono di natura giornaliera. Le compagnie petrolifere possono scegliere il timing di aggiustamento dei prezzi, e sulla velocità di aggiustamento si possono generare "extra-profitti" in un mercato non concorrenziale.

Un po di anni fa (aimè non ho più ne i dati ne i risultati), utilizzando una variante di un asymmetric ECM avevo notato che la dinamica di aggiustamento alle variazioni del costo industriale era asimmetrica e la dinamica di aggiustamento ad una diminuzione del prezzo del Brent era più veloce in Francia (paese con la presenza di operatori indipendenti) rispetto all'Italia.

E' possibile, quindi, che involontariamente Tremonti abbia detto una cosa giusta?

 

 

 

 

Questo e' un punto molto interessante, Giuseppe.

Non credo pero' che i petrolieri acquistino la materia prima ogni giorno al prezzo spot. Il timing di cui parli e' in parte determinato dai tempi dell'approvvigionamento, immagino.

Proprio per questo pero' e' assolutamente anomalo che il prezzo salga quotidianamente in Italia. Ma qui  forse il problema sono i piu' i distributori che operano in condizioni di concorrenza limitata che i petrolieti. 

 

Salve, senza entrare nel merito della questione, perché non ne sono capace, vi segnalo un articolo di Carlo Stagnaro: http://realismoenergetico.blogspot.com/2008/05/chi-incassa-la-rendita-petrolifera-in.html

 

Molte grazie per la segnalazione, Chiara.

Ho postato una breve replica su Realismo Energetico.