La carrozza di Luigi XV

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Dove si illustra, con l'ausilio di un episodio lontano e dimenticato, la difficile arte di governare la cosa pubblica.

Un giorno Luigi XV si recò a caccia, accompagnato dal suo abile ministro, il duca di Choiseul. Il re, che viaggiava su una splendida carrozza che gli era stata appena consegnata, domandò al ministro di indovinare il prezzo del magnifico mezzo che lo ospitava. Choiseul fece dei rapidi conti.

Il costo effettivo era di 3 o 4 mila libbre d’oro ma, sapendo che tutti i fornitori della Real Casa applicavano il prezzo reale (nel senso del re), raddoppiò la cifra e disse 8 mila libbre. "30 mila", rispose Luigi XV senza batter ciglio.

Choiseul sobbalzò e disse che si trattava di una vera e propria indecenza. Era inconcepibile che dei furfanti - profittando della reale benevolenza - saccheggiassero in quel modo le risorse dell’erario; proseguire così, continuò, avrebbe condotto alla bancarotta e alla dissoluzione del regno. Con fare sornione Luigi XV domandò al suo ministro "Immaginate di avere pieni poteri, come fareste per farmi pagare la carrozza al prezzo che dite voi?".

Choiseul ricostruì mentalmente i molteplici passaggi che avevano fatto giungere la carrozza fino al cospetto del re. Da esperto conoscitore delle cose pubbliche sapeva della corruzione dilagante. Non ignorava la sistematica alterazione dei costi dei reali approvvigionamenti. Più volte gli avevano riferito degli sfacciati favoritismi che - dietro ricompensa - la maggior parte degli appaltatori della Real Casa accordava ai fornitori. Né si poteva contare su quei pochi che resistevano alle lusinghe del denaro. Quando i più stolidamente onesti resistevano alla tentazione dell’argent, era pronto l’intervento di un personaggio altolocato che prometteva, in cambio dell’aggiudicazione dell’appalto agli amici, la sua benevola protezione. L'argomento era irresistibile. Tutti sapevano che una parola giusta al momento appropriato consentiva carriere prodigiose e incarichi al servizio della corona lautamente remunerati. Choiseul ne era certo e poteva sostenerlo a ragion veduta: il suo ruolo prestigioso lo aveva ottenuto grazie al sostegno di Madame de Pompadour, favorita del re.

Insomma, un’intricata ragnatela di complicità alimentate dai ricatti, un diabolico intreccio perverso che però teneva assieme il regno. Eliminarli, così ragionò Choiseul, avrebbe irrimediabilmente compromesso il precario equilibrio sul quale tutto si reggeva. Un cambiamento radicale non avrebbe evitato la catastrofe del regno, avrebbe solo anticipato la sua distruzione. Né avrebbe avuto senso che proponesse lui di cambiare le regole di un’amministrazione sconsiderata, la stessa che gli aveva permesso di ottenere prebende e privilegi, onori e carica. Da uomo avveduto e di notevole intelligenza, comprese che porre rimedio a quei guasti non era possibile e rispose al re che la decisione più saggia consisteva nel lasciare le cose come stavano. Quando Madame du Barry divenne la favorita di Luigi XV prendendo il posto della defunta Pompadour, il re si sbarazzò di Choiseul. Lo esiliò nelle sue terre dove morì in tarda età coperto di debiti, quattro anni prima della Rivoluzione Francese.

Come ricorda Horace Walpole nelle sue memorie

 

Dissipo' le ricchezze proprie e quelle della nazione. Ma non salvò le prime saccheggiando le seconde.

 

Questo giudizio critico non deve oscurare l’ammirevole coerenza di Choiseul. Onestamente riconobbe che l’eliminazione di una dilagante cleptocrazia, anche se a onor del vero egli non usò mai questo termine, è un’impresa benemerita ma sgradevole. Soprattutto per coloro che reggono le sorti del regno.

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Commenti

Ci sono 7 commenti

 

avrebbe solo anticipato la sua distruzione

 

tanto vale allora

 

Siamo sicuri che Choiseul abbia veramente compiuto il raffinato ragionamento sull'inevitabilità della catastrofe ? Mi sembra più probabile che disse di non far nulla semplicemente perchè approfittava anche lui del sistema corrotto e qualche storico abbia "abbelito" l'episodio a posteriori (non era raro fra gli storici  francesi del XVII/XVIII secolo).

Comunque l'episodio in sè è molto interessante ma la morale che ne traggo io è :

eliminare la cleptocrazia è un impresa sgradevole, soprattuto per chi regge la sorti del regno, ma è necessario mantenerla entro "livelli di guardia" se si vuole continuare ad avere un regno.

Penso che Luigi XVI oggi la penserebbe come me :-) forse anche Forlani. 

 

Beh? Cosa vuol dire? Che dobbiamo rassegnarci e sperare, a scelta, nella rivoluzione proletaria, nel regno dei cieli, o nel superenalotto?

Che la cosa sia complicata, ce lo conferma non solo Choiseul ma anche messeur de Lapalice. Il che non vuol dire che più controlli, più trasparenza, più bench-mark, mandare a casa (e far cambiar mestiere) i politici al massimo ogni 10 anni, selezionare (e premiare) il personale più qualificato, e magari dare il voto a qualche partito meno inquinato non possano riportare il costo della carrozza a 4.000 libbre d'oro. In Italia abbiamo una Costituzione, il primo ministro bene o male lo sceglie il popolo e non l'amante del sovrano, la gente discute, si informa e non è poi cosi stupida.

P.S. E poi serve davvero la carrozza? Si potrebbe andare a caccia anche a cavallo, a piedi, o non andarci affatto. Qualche "stile di vita", anche grazie alla crisi di queste settimane, sarà il caso di cambiarlo.

 

  Una variabile importante rispetto ad allora è l'informazione. Altra variabile importante il tasso di istruzione del popolo rispetto ad allora. E anche i possibili strumenti costituzionali oggi a disposizione, un esempio: il federalismo funzionale ( Sergio Ortino 1994) sono di per se più evoluti di allora.

  Occorre solo decidersi ad adottarli inserendoli nella Costituzione italiana o europea. Probabilmente i prossimi dieci anni segneranno pure la rinascita economica del local food se i governi nazionali non ostacoleranno questa opportunità naturale dei mercati interni.

  Di per se gli strumenti per iniziare a dare il prezzo vero alla carrozza ci sono. Manca solo un elemento catalizzatore per arrivare al cambiamento: un governo che  impone la dominante locale  delle PMI a scapito delle grandi imprese multinazionali, nato esterno al Parlamento, guidato da persone come erano De Gasperi o Einaudi, sul quale possa confluire il voto degli scontenti.  Parlo di piccola media impresa perchè il disastro di queste settimane è stato caratterizzato dalla 'Grande Distribuzione' (del prodotto finanziario in questo caso) che come al solito ha creato limitazioni in termini di 'qualità' di controllo effettivo da parte delle 'masse' sul prodotto finanziario acquistato. 

  In Italia avremo un effettivo ricambio politico solo se questo governo approverà il federalismo. Altrimenti rimarremo in questo interminabile Nirvana italiano, inteso nel modo in cui (mi pare) lo intendeva spiegare Papa Roncalli al Mahatma in un loro carteggio di molti anni fa.

 

A mio parere il 'probo' Choiseul si era dimenticato un particolare: l'esigua minoranza di coloro che, spinti dai loro saldi principi, riuscivano a resistere alle pressioni e continuavano a farsi pagare il giusto per il loro lavoro, senza partecipare alla grandiosa truffa che reggeva lo Stato.

 

 

eliminare la cleptocrazia è un impresa sgradevole, soprattuto per chi

regge la sorti del regno, ma è necessario mantenerla entro "livelli di

guardia" se si vuole continuare ad avere un regno.

Penso che Luigi XVI oggi la penserebbe come me.

 


Per Luigi XVI, ex-post e per quel che vale una simile prospettiva, sicuramente si. Luigi XV, al quale viene attribuita la celeberrima frase "après moi le déluge", continuerebbe allegramente ad ordinare le sue carrozze da 30 mila libbre d'oro.

 

Leggo solo ora questo post. Riguarda la Francia, ma descrive un'atmosfera che ricorda tanto quella della mia casa-patria

luigi zoppoli