Cari fisici ...

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Uso qui il termine ''fisici'' nel senso vasto della parola: sperimentali, teorici, astronomi, stringhisti; ma anche matematici, chimici o persino ingegneri; purché ci sia stato, per almeno un momento, un qualche senso di connessione con Newton o Archimede. Lo dico essendo uno di voi: un tempo matematico puro, poi applicato alle stringhe, infine alla finanza. Vi voglio raccontare qualche passaggio importante del mio percorso post-matematico, perché continuo a vedere - ad esempio nei commenti su NFA - quegli errori, quasi sempre commessi in buona fede (che ho commesso anch'io e spesso più di altri), nel giudicare le teorie economiche. Ed oggi che ho superato quella fase, credo sia doveroso condivere la mia esperienza affinché qualcuno possa saltare qualche paletto e trovarsi avvantaggiato.

I marinai hanno millenni di tradizione. Chiedete a un pescatore di Marsala di farvi un nodo con date caratteristiche e avrete un'idea di cosa parlo. Le decine di nodi che si usano sono tutti diversi, alcuni generici, altri estremamente specifici. Tutti collaudati da secoli o millenni di pratica, a seconda del nodo, ed affidabili al punto che nessuno osa mettere in discussione la serietà della "teoria dei nodi" marinaresca. Gli alpinisti, d'altro canto, hanno una storia di meno di un paio di secoli. Anch'essi usano le corde e i nodi, e spesso in situazioni più estreme, in cui la tenuta della corda e del nodo è l'unica vera garanzia di sopravvivenza. I nodi usati sono pochi (una decina in tutto, con qualche variante), estremamente specializzati, e a quanto mi risulta non ce n'è uno che non sia inventato in marina - sebbene con altri scopi. La fisica e la matematica sono come la marina: millenni di storia, tecniche raffinatissime e affidabilissime, tanto che mandiamo gente nello spazio. L'economia è una scienza più giovane, come l'alpinismo; però usa, tra le altre cose, la matematica e la usa in modo serio. Non so quante siano le teorie o anche solo i singoli i teoremi di matematica sviluppati in ambito economico e che non siano semplicemente presi a prestito. Di certo la teoria dei giochi è un esempio, ma ci sono ambiti enormi - l'ambito quant in cui lavoro, tanto per fare un esempio - in cui si usa moltissima matematica senza un solo teoremino originale. Il mio punto è che la modellazione matematica in economia è come la corda nell'alpinismo. Ha un ruolo molto importante, senza di essa si può far poco, ma essa non è il punto centrale. Provate a mettere il pescatore di Marsala di cui sopra sulla Mer de Glace e lo troverete senza dubbio in difficoltà, probabilmente in pericolo di vita: il massimo a cui può aspirare, con le sue conoscenze marinare, è di trovare un sasso a cui legarsi con la corda (sicuramente troverà un nodo adatto all'occasione), e si metterà seduto, paziente, a chiedersi come mai quel ghiacciaio qualcuno l'ha voluto chiamare mare (Mer), chiedendosi dove sia l'analogia e concordando probabilmente più con la descrizione del ghiacciaio che fa Mary Shelley in Frankenstein che con quella che fa Massimo Mila in Racconti di Montagna.

Eppure ci sono cascato anch'io. Finito il mio PhD, durante un postdoc, mi sono messo a studiare metodi matematici per la finanza. Essenzialmente la famigerata formula di Black-Scholes. Ed avendo un numero irragionevole di amici economisti, mi sono messo a chiacchierare con loro. La mia prima reazione fu di ritenere la matematica che usavano inadeguata e superficiale. Feci persino una chiacchierata con uno dei redattori di NFA - al tempo studente di dottorato - raccontandogli per grandi linee la teoria della misura, nascondendo (o cercando di nascondere) l'arroganza che mi faceva pensare che stessi regalando perle ai porci. Mi sbagliavo di grosso (e chiedo scusa). Un economista può tranquillamente ignorare le considerazioni e le conseguenze matematiche del teorema di Banach-Tarski - cosa che un matematico o un fisico non si possono permettere di fare - senza però perdere di vista il punto centrale della teoria.

Poi ho iniziato a lavorare in finanza. Il mio primo datore di lavoro (ora ottimo amico) aveva un passato da economista: formazione al MIT, anni passati negli USA in ambito accademico e poi quidici anni di esperienza nel mondo della finanza, con esperienze incredibili. Tra queste spiccava la sua partecipazione a LTCM e al suo fallimento. La mia reazione ai suoi racconti, di cui oggi non vado fiero (altre scuse), era del tipo "certo che LTCM è fallito, con quei modelli matematici patetici che usava, ci vorrebbe ben altro, tipo..." e poi partivo con una sfilza di idee. Che oggi etichetterei senza pietà come clichet da fisici arroganti. Perché tale ero.

Poi c'è stato il 2008, con i subprime prima (nel 2007) e Lehman poi. Ed io avevo pure avuto un certo successo in qualità di risk manager del fondo per cui lavoravo: avevamo Lehman come prime broker (vale a dire che tramite Lehman avevamo accesso ai mercati) e nelle tre settimane prima del suo crollo decidemmo di togliere tutti i soldi dal tavolo e metterli sotto il materasso (in particolare di toglierli dai conti che avevamo con Lehman). Il nostro fondo, a differenza di altri, non fallì, limitando le perdite a una decina di punti percentuali. Avrei potuto godermi il momento in santa pace, ma non sono riuscito a non notare che il mio successo non era dovuto ai miei modelli (che in quell'ambito erano tutti falliti miseramente), ma al semplice fatto che avevo tenuto d'occhio lo spread dei CDS su Lehman che pian piano (da inizio anno) esplodeva. Quello che mi aveva salvato era il fatto di aver capito una cosa o due su come funzionano i mercati, non il saperli modellare con matematica elegante. Ed ho avuto, forse per la prima volta nella mia vita professionale, l'umiltà di ammettere che dovevo forse ripensare il mio modo di lavorare.

Farlo non è stato certo facile, specie quando si ha la netta impressione che l'industria quant (ed anche quella della finanza, in generale) non abbiano molta voglia di imparare le dure lezioni impartite dalla crisi. Ma gli utlimi tre anni hanno contribuito alla mia crescita intellettuale e professionale molto più di qualsiasi periodo di uguale durata (nella vita da adulto, almeno). Ed un punto fondamentale è stato il voler cercare di capire qualcosa di economia. La mia partecipazione a NFA è un'occasione fantastica, perché ci si può confrontare con gente che di economia ne sa tanta, ed essere ripresi non fa male. Anche la normale dose di schiaffoni boldriniani mi ha fatto bene. Anzi, proprio su NFA ho ricevuto uno dei migliori consigli che ricordo: leggere Friedman. Certo la mia comprensione non può ambire ad essere totale o paragonabile a quella del più ignorante degli economisti, ma non è questo il punto. Il punto è che oggi sono un risk manager molto migliore di prima e tra cinque o dieci anni voglio essere migliore di oggi. E non posso pensare più di poter fare il mio mestiere senza capire cosa siano veramente i mercati, cosa che non posso sognare di fare senza capire cosa sia l'economia.

Una ventina d'anni fa mi godetti Caro Diario, di Moretti e con Moretti guardai sbalordito al fatto che "i medici sanno parlare ma non sanno ascoltare". Nel film Moretti racconta di come un suo prurito cutaneo non fosse stato riconosciuto dai dermatologi come sintomo di un cancro al sistema linfatico. Anni dopo, parlando con un amico medico, lui mi fece notare l'errore di Moretti: si era autodiagnosticato un problema dermatologico ed era andato da specialisti che non avevano risolto il problema. Certo, mi disse l'amico medico, Moretti avrebbe dovuto andare dal medico di base che avrebbe avuto uno spettro più ampio e il tumore sarebbe stato diagnosticato prima. Nella pratica, il metodo suggerito dall'amico medico funziona. Forse l'autodiagnostica con conoscenze mediche superficiali non è il massimo. Allo stesso modo, una qualsiasi considerazione economica fatta dal profano, per quanto apparentemente logicamente coerente, in generale sarà viziata da una superficialità. Come ci fidiamo dei medici dovremmo fidarci degli economisti. E se dubitiamo, mettiamoci a studiare.

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Commenti

Ci sono 128 commenti

Come molti, redattori e commentatori di NfA, ho firmato la petizione sul concorso per ricercatore dell'Università del Piemonte Orientale. Oggi ricevo una mail, nella quale si evidenzia un comportamento a mio parere anche più scandaloso in un concorso per ricercatore in economia dell'Università dell'Insubria. Poiché tutti coloro che hanno firmato la prima petizione, fortemente appoggita da NfA, hanno sicuramente ricevuto l'avviso odierno, mi chiedo se, come promesso, NfA possa prendere l'iniziativa di appoggiare anche questa petizione.

Io lavoro come programmatore, ultimamente mi hanno chiesto di lavorare sulle varie formule dei derivati. Ho iniziato a studiare lo Hull e implementare i vari algoritmi.
La mia impressione da ignorante del campo e' che a parte un po' di aritmetica di base per calcolare interessi e tassi vari, piu' una spruzzatine di euristiche alla Black-Scholes (buone finche' i mercati si muovono con moto browniano e con perfetta liquidita'), la matematica non c'entri molto con la finanza. Per carita' serve, come serve al fruttivendolo e al marinaio, ma certo non allo stesso modo che serve al fisico.

Vedi il commento di Andrea Moro qui sotto.

Se la matematica non c'entrasse molto con la finanza non si spiegherebbero le migliaia di quant nell'industria. Dire che al fisico serve in un altro modo significa poco, forse nulla.

Prima di tutto volevo ringraziarti per l'articolo perche' penso che dia la possibilita' di una franca discussione sull'argomento ( e quindi il ringraziamento non e' una captatio benevolentiae :)

Per quanto mi riguarda il mio campo principale di ricerca principale e' la teoria di stringa pero' pasticcio/gioco con dati biologici e ho insegnato econofisica.

Ergo ho un'idea di che cosa sono i dati "sporchi".

Mi permetto fi fare qualche osservazione.

1)

La mia impressione e' che tu abbia fatto "troppa" matematica.

Infatti se devo fare una critica a quelli che studiano finanza a livello accademico

direi infatti che "sprecano" troppo tempo ad imbellettare matematicamente i modelli finanziari (BS, HJM ecc)  quando questi sono di base "sbagliati", ossia dei modelli assai approssimati della realta'. Il motivo, come tu noti, e' che la finanza guarda (spesso) al breve e si dimentica dei fattori macro.

Quindi i modelli per il risk management dovrebbero esser meno puliti matematicamente pero'  piu' basati sulla connessione colla realta' "vera".

Chiaro che una modelizzazione "brute force" basata sulle correlazioni non porta da nessuna parte a causa del multiple testing.

2)

Discorso completamente diverso e' per l'economia.

Siccome sono sicuro che quasi tutti gli economisti pensano di affermare qlc per migliorare la societa' (che per la maggior parte vuol dire maggior capacita' d'acquisto) non mi scandalizzo che usino suppergiu' le quattro operazioni ma quello che trovo piu' sorprendente e' la mancata chiara enunciazione delle ipotesi di base: tutti i no-go theorems cadono appena si cambiano le ipotesi :)

In particolare mi sembra che si possa essenzialmente esser d'accordo che (purtroppo) il motore dell'azione sia il proprio interesse personale pero' l'idea di trarre delle conclusioni sul miglior agire nel mondo reale basandosi sulla razionalita' degli agenti e sulla massimalizzazione della funzione d'utilita' per un lungo intervallo temporale mi fanno venire i brividi.

3)

Ho letto degli articoli su Econometrica e di nuovo qua ho avuto l'impressione che si trastullassero troppo colla matematica piuttosto che sull'essenza: IMHO talvolta e' molto piu' semplice fare dei montecarlo.

Diversamente ho apprezzato alcuni articoli di Krugman dove faceva dei modellini semplici in cui metteva dentro "l'economia" (od almeno cosi mi sembrava :) )

Detto cio' che penso son ben disposto a ricevere una "tirata d'orecchi" se e' il caso :D

1. Leggiti il mio articolo (http://noisefromamerika.org/articolo/quant-adolescenza) e vedrai che non sono in disaccordo, ma vado in profondita'. In realta' li' non parlo di quali siano le mie proposte pratiche, ma li' si va sul tecnico.

2. Qui ti sbagli, e ti prego di rileggere quanto ho scritto nell'articolo (in questo). In economia l'enunciazione delle ipotesi c'e' eccome. Gli economisti sono molto piu' rigorosi di quanto tu possa sospettare. Se ti leggi un qualsiasi testo serio lo scopri.

3. Same as above, anzi metto insieme i punti 1 e 2 (1+2=3, in fondo).

Detto cio' che penso son ben disposto a ricevere una "tirata d'orecchi", se e' il caso

Diciamo che non hai seguito per niente il suggerimento dell'autore del post. Per  giudicare un'intera disciplina occorre avere un po' di umilta' e capire che occorrerebbe conoscerla.

Il mio sospetto e' che tu, come vari altri commentatori sotto, non abbia capito cosa si prefigge lo studio dell'economia (non e' "aumentare la capacita' di acquisto"), ti sia avventurato a leggere Econometrica per curiosita' ma abbia capito poco cosa volesse fare l'autore dell'articolo (addirituttura ti permetti di consigliare che sia meglio fare "dei montecarlo"). Di che articolo stai parlando? Parliamone, se vuoi, magari hai ragione, ma  io penso sia possibile, anzi,  probabile il contrario, per capire l'economia occorre averla studiata per davvero. Cosa vuol dire che preferivi i modellini di Krugman? Perche' sono semplici? Si vede che il tema che studiava era semplice e richiedeva un modello semplice. Come fai a confrontarlo con un articolo x pubblicato su Econometrica?

Ma la cosa piu' sorprendente e' che critichi la disciplina e il suo uso della matematica perche' non enuncia chiaramente "le ipotesi di base", quando l'uso della matematica serve appunto a rendere esplicite le ipotesi alla base del ragionamento logico. Questa e' stata la vera innovazione nella disciplina. 

 .... scoprire l'esistenza di persone che

1) Si occupano di finanza;

2) Sanno cosa sia la "realta' "vera"", tanto che riescono a capire quali modelli la rappresentano e quali no;

3) Non sono padroni del mondo.

Consola perche'  lascia spazio a quelli come me che 

-1) Non si occupano di finanza;

-2) Non pensano assolutamente di sapere cosa sia la realta' vera e s'accontentano sempre di mediocre approssimazioni;

- 3) Non vogliono possedere il mondo ma evitare di prendere fischi per fiaschi nell'interpretarlo.

P.S. Il commento del signor "Igor" contiene un tal mix di arroganza ed ignoranza da risultare praticamente indiscutibile. La perla assoluta credo sia l'affermazione secondo cui e' piu' "semplice fare dei montecarlo" che non controllare attraverso prove matematiche di non aver detto cazzate incoerenti. Vero: e' molto piu' semplice. Infatti, oramai son capaci anche le scimmie a "fare dei montecarlo" (senza capire cosa stanno montecarlizzando) e gli effetti, nel 2008, si son visti. 

Sto zitto ch'e' meglio. Gli aspiranti signori dell'universo sono una cosa imbarazzante per l'umanita' che, ai loro montecarlo, dovrebbe sottomettersi ...
 

"persino ingegneri"

 

a nome della categoria grazie per averci preso in considerazione :)

Persino Primo Levi era affezionato agli ingegneri, e chi sono io per escludervi? :-)

La domanda è una sola: quand'è che gli economisti si renderanno conto che l'economia è una disciplina morale e non una scienza naturale?

Tutto il resto è fuffa.

RR

L'economia e' una scienza nel senso che fa previsioni falsificabili.

“La domanda è una sola: quand'è che gli economisti si renderanno conto che l'economia è una disciplina morale e non una scienza naturale?” — e sei tu a dire agli economisti cos'è l'economia ?

Da Wikipedia: «Economics is the social science that analyzes the production, distribution, and consumption of goods and services.»

tutti i no-go theorems cadono appena si cambiano le ipotesi

Puoi fare un esempio?

In fisica (per i dettagli vedi wikipedia):

1) Coleman-Mandula e la supersimmetria;

2) esistenza di fermioni chirali sul reticolo

ma in generale tutti i teoremi della matematica, per esempio il piccolo teorema di Fermat

a^p \equiv a (mod p)

funziona solo se p e' primo.

non credo alla capacità  della matematica di elaborare "sempre" previsioni finanziarie o economiche corrette, al massimo puo fornire n esiti possibili di cui m più probabili ma nè n nè m possono essere determinati dalla matematica.

Rovesciando il problema come potrebbe la matematica prevedere gli esiti anche di un processo fisico se qualcuno potesse cambiare nel frattempo alcune leggi della fisica? Le leggi fisiche sono definite e immutabili e per via sperimentale si possono simulare processi e, nel caso, ripeterli anche con alcune condizioni mutate. Tutto ciò non è possibile con l'economia, la finanza, la sociologia e in buona parte anche con la medicina. La matematica puo prevedere l'esito di un processo economico fissando moltissime condizioni: in questo caso la vera previsione consiste nella individuazione delle condizioni che saranno rilevanti e nella loro corretta definizione; e questo c'entra poco con la matematica.

Caro Federico,

visto il tuo background, volevo giusto segnalarti che negli USA stanno facendo dei discreti progressi nell'uso della geometria algebrica e dell'algebra computazionale anche nell'ambito della quant finance... che sia quella finalmente la matematica giusta!!??

http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/j.1467-9965.2011.00499.x/abstract

un caro saluto

Michele.

Michele grazie della segnalazione, me lo leggero'. Pero' il punto e' che non puo' essere la "matematica giusta": la matematica in quant finance e' (o meglio, dovrebbe essere) solo uno strumento per capire i mercati. Quali siano le tecniche non importa, ne' puo' esserci una "gerarchia morale" come tu suggerisci (ok, ho iperbolizzato, ti chiedo scusa). Usare tecniche di geometria algebrica o di calcolo stocastico mi e' del tutto indifferente, quello che voglio fare e' capire i mercati. L'esistenza stessa della quant finance come disciplina autonoma secondo me e' tirata per i capelli. QF e' (o, di nuovo, dovrebbe essere) il risultato del cercare di capire i mercati aggiungendo - ai gia' tanti strumenti matematici che gli economisti hanno - l'intero spettro della matematica, compresa la geometria algebrica.

Mi permetto di buttare la un commento a margine. Almeno ‘da noi altri’ I fisici disprezzano il lavoro degli economisti essenzialmente perché non lo conoscono e non lo conoscono per un motivo semplice: di cultura economica in Italia se ne vede poca. Sono convito che in un ipotetico test  “cultura scientifica” vs “cultura economica” in Italia sarebbe la prima ad avere la meglio.

Il commento di Renzino capita a fagiolo: se pensiamo che l'economia sia disciplina morale (il cui compito è, magari, qual'è la cosa moralmente/eticalmente/socialmente giusta da fare), il fisico pensa a Latour e alla relatività e storce il naso. Se invece si sapesse che l'economia è un problema di allocazione ottimale delle risorse (non proprio ma butto là per convogliare il messaggio) forse i fisici sarebbero genuinamente più interessati.

Quando ho aperto il General Equilibrium Theory di McKenzie mi è venuto un colpo per la quantità di matematica e formalismo, “Introduction to string theory” di Zwiebach al confronto è un libro per ragazzini (anche nel senso che è pieno di disegnini e figurine, di cui il McKenzie difetta).

my 2¢, Andrea

Il termine "scienze morali", che viene usato nella classificazione dei Lincei è semplicemente un sinonimo di scienze umane, non c'entra con la moralità.  Le scienze sociali sono talvolta classificate nelle scienze umane, altre volte come discipline a sé stanti.  Non che faccia molta differenza; nella pratica, l'economia combina elementi logico/formali, sperimentali e interpretativi, come e più di altre discipline.

Le Lecture Notes di Lionel, da cui quel libro deriva, che egli ando' costruendo e raffinando lungo un periodo di quasi settant'anni, contenevano dozzine di disegnini e figurine. Le ho qui accanto. Un vero peccato che MIT press, per risparmiare sui costi, non abbia voluto riprodurle come meritavano. Ce ne sono alcune assolutamente geniali ed illuminanti, come quella in cui illustra il tuo teorema di esistenza in un piano cartesiano, usando genialmente i 4 quadranti per "costruire" il punto fisso.

 Il problema non e' se c'e' o meno il rigore matematico: piu' ce n'e' piu' si evita di dire cazzate. Il problema e' se le ipotesi su cui si lavora sono ben pensate ed hanno senso economico, o meno. Quelle di McKenzie, mezzo secolo dopo, mostrano d'aver passato perfettamente quel test. 

Quando ho aperto il General Equilibrium Theory di McKenzie mi è venuto un colpo per la quantità di matematica e formalismo, “Introduction to string theory” di Zwiebach al confronto è un libro per ragazzini (anche nel senso che è pieno di disegnini e figurine, di cui il McKenzie difetta).

Il confronto tra Zwiebach e McKenzie è unfair perché per il primo è destinato ad introdurre la teoria ad undergraduates, tralasciando essenzialmente tutte le complicazioni matematiche. Per esempio mi pare (ma devo controllare perché non ce l'ho sottomano) che tratti solo le cosiddette compattificazioni toroidali, tralasciando quelle sui ben più interessanti spazi di Calabi-Yau, la cui comprensione vera richiede geometria differenziale, topologia etc.

I libri con cui lo "confronterei" sono i classici Green, Schwarz, Witten e il Polchinski.

C'entra, c'entra - lo sanno bene gli economisti, qualunque posizione poi sostengano.

Certo, qualcuno ha paura che se io scrivo qui ricordando quello che sosteneva, per dire, Keynes, poi si faccia un corto-circuito ideologico con i contenuti specifici delle sue teorie economiche. Ma intanto io non ho mai affermato di essere un conoscitore di Keynes, o di questo o quell'altro economista - o teoria economica -; io rimango su un piano epistemologico e logico, su cui mi interessa dibattere.

Cercando a casaccio si possono trovare in rete tante cose da leggere - naturalmente il brusco o chi per lui potrà darvi molto ma molto più materiale, ma intanto io segnalo questo, così per cominciare.

RR

 

Caro Federico, grazie dell'ottimo post. Da (vecchio ed oramai fuori uso) alpinista ho apprezzato particolarmente l'analogia con la corda di sicurezza ed i nodi, perfettamente azzeccata. L'essenza della scalata sta nella roccia, nella via, nella parete che vivi e della quale godi. Le corde ed il resto sono solo strumenti che, se si potesse, si lascerebbero a casa. E' molto piu' bello arrampicare senza nulla e, quelle pochissime volte che uno si sente in grado di farlo, la differenza si percepisce. Ma, in genere, e' rischiosissimo e non vale la pena davvero. Gli strumenti di sicurezza ti salvano la vita a fronte di errori piccoli, impercettibili o inaspettati, spesso stupidi. Per questo ci fai un'attenzione spasmodica prima di andar su e quando assicuri te o il compagno.

Hai perfettamente ragione a vedere la matematica, nelle scienze sociali, come lo strumento irritante ma necessario che e'. E come gli strumenti di sicurezza, c'e' un giusto equilibrio fra godersi la parete ed assicurarsi. Quelli che esagerano, in parete come in economia, li vedi. Ma, per la medesima ragione per cui arrampicare non puo' essere ridotto ai poveretti che arrivano in cima facendosi tirar su, la teoria economica non puo' essere ridotta ai vuoti formalismi di alcuni (parecchi, in certe aree ed in certi periodi) matematici falliti che hanno cercato nella teoria economica una consolazione alle proprie frustrazioni.  

Poiche' ricordo alcune discussioni sul tema con te, quando sei arrivato qui alcuni anni fa, ed alcuni consigli di lettura, mi fa grande piacere leggere oggi queste righe che palesano una dimostrazione intellettuale non indifferente. A qualcosa il blog e' servito, which is nice.

Grazie Michele. A qualcosa il blog e' servito, ed a piu' di quel che il post suggerisce. Le mie idee qui sopra sto cercando di introdurle nel mondo quant, un mondo molto restio all'innovazione: pieno di fisici (nel senso vasto della parola di cui sopra) arroganti e pure pagati molti soldi, cosa che ne aumenta l'arroganza (anche perche' la stragrande maggioranza non capisce realmente perche' sono pagati cosi' tanto!). Sto cercando in due modi: da un lato facendo discorsi simili a questo post, nei luoghi adeguati (all'LQG, per esempio); dall'altro cercando di convincere la banca per cui lavoro che avere centinaia di quant dedicati al risk management non ti aiuta molto in caso di crisi se quei quant non capiscono realmente cosa siano i mercati. E questo lo sto facendo creando quello che essenzialmente e' un progetto di ricerca (che potrei sintetizzare in una serie di letture suggeritemi da te e da alcuni altri...), condito pero' con tutte le insalatine corporate del caso (obiettivi, tempistica, budget, presentazione in powerpoint - versione del 1875 perche' senno' IT si incazza -, e quant'altro). Se ho successo in almeno uno degli ambiti, scrivo un post trionfale, ma mi sento un tantino un Don Quixote.

Riguardo l'alpinismo, sono felice che anche tu sia della partita! C'e' una strana correlazione, che davvero non capisco, tra alpinismo e attivita' intellettuale. Da Fermi a J.P. Serre, passando per Charlotte Perriand e, qui scopro, Boldrin. Quando vado in pensione ci scrivo un libro.

OK certo, ci mancherebbe. era solo per sottolineare come sia grande il bacino di tecniche da cui la QF può attingere. alla fine esattamente ciò che dici tu! :)

Tema interessante, spero che sia solo l'inizio di un più ampio dialogo fra "fisici" (nel senso lato esplicitato nel post) e economisti. In particolare, noto con frustrazione come gli economisti, almeno in generale, facciano fatica a prendere sul serio la predizione del riscaldamento globale, e gli scienziati (di varie discipline) invece facciano fatica a prendere sul serio le teorie economiche. Ad esempio, mi pare che veramente in pochi al di fuori dell'economia abbiano capito che la "crescita" è un'esigenza della popolazione (magari anche sbagliata, non ne voglio fare un discorso morale) e non un dogma della teoria economica, deciso una volta per tutte da un consesso di professori e che viene imposto alla società dall'alto.

La fisica ti e' servita'. quando le tue formule non ti avvetivano del problema Lehman, i dati sperimentali ti dicevano che c'erano dei problemi.

Il problema e' che l'economia e' scienza empirica.

Per quanto riguarda la falsificabilita' non mi sembra un buon argomento. Anche le repvisioni l'astrologia sono  falsificabili e non per questo l'astrologia e' una scienza. Sono semplicemente teorie balenghe

L'analogia che fai - il dato sperimentale mi ha detto che c'era un problema - non è sbagliata, nel caso specifico, ma è insensato pensare che possa reggere in un qualsiasi ambito più generale. Ti faccio un esempio: parte fondamentale della gestione del rischio delle banche è il calcolo del regulatory capital (non so come si traduca in italiano, chiedo scusa); durante la crisi tutti i modelli che venivano usati per fare questi calcoli sono falliti miseramente e non c'è alcun "dato sperimentale" che possa intervenire come nel caso del mio fondo. Morale si ha bisogno di modelli migliori che descrivano la realtà, capendola (e non si può capire una realtà economica senza capire l'economia!). Quel che dici sull'economia, non lo capisco. La fisica non è una scienza empirica? Comunque l'unica cosa su cui continuo a insistere è di studiarsela l'economia, e seriamente, prima di fare qualsiasi affermazione critica.

Siamo tutti d'accordo che l'astrofisica e' una scienza, giusto? perche' non ci sono esperimenti in astrofisica. Se qualcuno ha definizioni migliori di "fa previsioni falsificabili" sono tutto orecchi.

A proposito di matematica in economia, sostengo che anche la fisica può essere applicata in questa direzione. Io l'ho fatto. Nel 2008 con metodi fisici ho calcolato il pil pro capite dell'UE relativo a fine 2011. Sembra che questa mia previsione sia stata centrata quasi in pieno. Se a qualcuno interessa è possibile saperne di più visitando il mio sito: www.fisica-sociale.it.

Giovanni, un suggerimento per il libro che non riesci a pubblicare: pubblicalo come iBook. C'e' un software molto carino, facile da usare e che da' risultati ottimi per creare un iBook che puoi mettere sul book store di Apple. Tu ti tieni i diritti, che altrimenti vanno per ragioni a me oscure all'editore. Ed in piu' non hai problemi (economici) di stampa, distribuzione, reperibilita'. Se lo fai, sicuramente io me lo scarico sul mio iPad e me lo leggo!

Penso di poter tranquillamente essere preso come archeotipo del "fisico" a cui parla Federico nel suo post. Tanta matematica, tanti modelli e nessuna conoscenza di economia (gli economisti potranno rassicurarsi sapendo che sono ben ancorato alla fisica sperimentale e che non ho alcunissima intenzione di fare finanza o economia).

Ma siccome mi riconosco nella tipologia di lettore di nFA a cui il post è dedicato vorrei porre una domanda che credo venga abbastanza spontanea a tutti quelli come me.

Federico scrive:

[...] il mio successo non era dovuto ai miei modelli (che in quell'ambito erano tutti falliti miseramente), ma al semplice fatto che avevo tenuto d'occhio lo spread dei CDS su Lehman che pian piano (da inizio anno) esplodeva.

Ecco, ad un fisico questo non dimostra affatto che l'idea di fare un bel modello matematico dell'andamento del mercato azionario sia un'idea balzana. Dimostra solo che nel modello non era stato incluso un fatto cruciale, lo spread dei CDS (che non ho idea di cosa sia ma immagino abbia una forte correlazione con la probabilità di andare a gambe all'aria). Quindi era un modello mal fatto. Perché allora uno non cerca semplicemente un modello migliore (che, per il poco che capisco è quello che vorrebbero fare gli econofisici) invece di dire che modellizzare come si usa fare in fisica non funziona? Immagino ci sia un ottimo motivo ma non mi è chiaro.

Detto questo vado a cercare nella biblioteca dell'università una copia del libro di Friedman e vediamo se ne esco un filo meno ignorante.

Ed e' il punto centrale del discorso: il modello migliore lo riesco a fare se e solo se la mia comprensione dei mercati (cioe' degli aspetti economici della questione!) migliora. Per poter fare un buon modello di economia bisogna sapere l'economia, it's as simple as that. Non c'e' niente di male in un modello che fallisce, ma c'e' molto di male nel chiedersi quali siano le vere ragioni per cui e' fallito: se mi fossi limitato a dire "toh, non avevo incluso i CDS nel modello", non avrei risolto il problema alla radice, avrei solo rimandato il disastro alla volta dopo.

    Accadono cose strane (o forse no).

Federico, ti ringrazio per il suggerimento che ho trovato interessante, ma penso che aspetterò ancora qualche mese perché l’altro mio libro (quello sugli Etruschi) verrà pubblicato entro Pasqua ed un suo eventuale successo potrebbe spingere qualche editore a pubblicare anche quello sulla “fisica politica”.

Ma veniamo alle cose strane.

    Normalmente il mio sito (www.fisica-sociale.it) è visitato una diecina di volte a settimana (probabilmente solo da pochi curiosi e poco interessati a problemi sociologici ed economici). Ieri, invece, il sito ha accolto in poche ore ben 36 visite. Evidentemente la notizia che qualche sconosciuto ha calcolato con metodi fisici (nel 2008, ma con i dati del 2007) il pil pro capite dell’UE per la fine del 2011 ha destato un notevole interesse, tant’è che la notizia stessa è rimbalzata attraverso internet per tutto l’Occidente. Ma qual è la stranezza? La stranezza è che comunque nessuno tra tutti quelli che hanno visitato il mio sito mi ha chiesto ulteriori informazioni. Forse temono qualcosa? Forse temono che le teorie non ufficiali di uno studioso solitario come me mettano in imbarazzo chi dall’alto del suo potere difende ad oltranza teorie “ufficiali” che, cosa strana, sono poi in contrasto con altre teorie altrettanto “ufficiali”? … Se è così (e penso che sia proprio così!) ciò può significare una sola cosa: siamo sempre al tempo di Galilei! In ogni caso sono a disposizione di chiunque su NFA o, se può essere gradito, al mio indirizzo di posta elettronica: nuovo_machiavelli@yahoo.it, o dove altro si voglia.     

Credo solo che la gente incuriosita dal tuo commento sia andata a guardare sul tuo sito. Poi, vuoi per timidezza o per mancanza di tempo, la gente ha rimandato o deciso che non era interessata.  Per dire, io ho guardato il tuo sito ed ho deciso di rimandare ogni domanda a un futuro non meglio specificato (ora ho ben altro per la testa).

Io sono uno di quei 36.

 

Sono un fisico che capisce poco (dovrei dire niente ma l'orgoglio...) di economia e per tale motivo leggo spesso noisefromamerika. Avevo letto il tuo precedente commento e mi ero incuriosito e dopo aver visto il sito mi ero ripromesso di leggere qualcosa asap.

Ma dopo questo commento sulle macchinazioni dei poteri forti e sulla paura degli esponenti delle "teorie ufficiali" (c'è ne fosse solo una di teoria) contro i poveri ricercatori solitari che possiedono la VERITA' (tutto maiuscolo mica solo l'iniziale), ho capito che sei solo uno dei tanti crackpot che infestano internet.

Di questo, sinceramente, ti ringrazio.

Mi hai evitato di pedere tempo

 

Marco

La crisi finanziaria credo l’abbia ampiamente dimostrato. Il motivo fondamentale per cui i modelli matematici e statistici applicati alla finanza hanno fallito il loro scopo, ossia tenere il rischio monitorato continuando nel frattempo a raccogliere soldi con la pala, è da rinvenire nell’implicita arroganza che sottende la costruzione dei modelli stessi. Ovvero nella pretesa di voler prevedere con formule matematiche eventi incerti e per loro natura imprevedibili. L’economia è un tantino più complessa: caspita, chi ci aveva pensato al rischio aggregato? Quindi i modelli matematici funzionano e non funzionano, anche i più sofisticati, senz’altro utili ma non sono sufficienti. Serve qualcos’altro. Intanto, come tu giustamente suggerisci, serve studiare l’economia. In particolare, per i profani, suggerirei di studiare Modern Macroeconomics: gente molto seria e con un background matematico ed econometrico importante. E poi occorrerebbe sforzarsi per cercare di capire come funzionano questi dannati mercati finanziari e l’esperienza in questo senso è insostituibile. Ma tutto ciò non basta ancora perché poi ognuno filtra le molteplici informazioni di cui dispone in maniera soggettiva per cui ci sarà sempre chi “filtra bene” e chi “filtra male”, chi “ci prende” e chi invece no. Curioso notare in questo senso come, generalmente, chi “ci prende”, “ci prende” spesso e viceversa. I modelli, in economia e in finanza, fino a quel punto non arrivano. Lehman era in cattive acque da parecchio tempo prima che smettesse di essere il vostro prime broker. “Annusando” la presenza di una difficoltà molto seria in seno alla società ricordo di aver declinato l’invito a far parte del loro organico nell’estate 2007. Di mestiere faccio il gestore di patrimoni privati e istituzionali. Posso vantare, con modestia ma anche con una certa soddisfazione, di aver visto arrivare la crisi ed essermi messo al riparo dalla tempesta finanziaria che ne è seguita in tempo utile. Gli anni appena trascorsi sono stati anni “buoni” per i miei clienti, in particolare il 2008. Ho i miei strumenti e i miei modellini di analisi, naturalmente, alcuni perfino matematicamente sofisticati, ma non ho mai pensato di prenderli troppo seriamente. Ben venga dunque la tua autocritica e anche l’invito ai colleghi fisici e matematici a mettere da parte l’arroganza che il “saper far di conto” spesso incorpora e a studiare.<o:p></o:p>

sarebbe una buona cosa se tu non ti celassi dietro lo pseudonimo (che peraltro sarei ben felice di usare anch'io, perche' spesso tale mi sento!). :-)

Vorrei poterti accontentare. Spero comunque che l’attuale mancanza di visibilità in questa sede da parte mia non pregiudichi il diagolo e lo scambio di idee. Trovo encomiabile lo sforzo di divulgazione fatto da M. Boldrin, A. Bisin, S. Brusco et al. con questo blog. Da quando ne seguo le vicende mi sento meno outlier. :-)

<o:p> </o:p>

Standing ovation a tutti loro.

 

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di fronte a commenti come i tuoi non c'è proprio problema. Il fastidio subentra quando l'anonimo su mette a trolleggiare, ma direi che non corri il rischio. È solo un peccato, ma indubbiamente avrai le tue ragioni. In caso tu fossi a Londra, facciamoci una chiacchierata ,io sono a CS, l'indirizzo email puoi dedurlo. Riguardo alla standing ovation mi associo.

Posso fare una domanda? non fraintendetemi però, chiedo solo a titolo di curiosità, non c'è nessuna polemica dietro. Vorrei sapere se l'ignoranza dei fisici che hanno lavorato\lavorano in ambito quant, oltre a comprendere i principi basilari dell' economics come descritti dal libro di Bisin, comprende anche la letteratura recente sui modelli finanziari, come quelli relativi al concetto di noise, o sul contagio attraverso le scelte di portafoglio, fads, sunspot, information cascade, o infine anche quelli sul contagio interbancario...lo chiedo da ignorante, quei modelli li conosco a malapena solo a parole, vorrei solo capire meglio se questi modelli finanziari rientrano o meno nel bagaglio culturale dei fisici che lavorano in ambito quant. Per gli econofisici ad esempio, la conoscenza di ciò mi risulta sia esclusa.

La domanda è interessante. Io chiaramente esagero quando parlo di ignoranza tout court, perché c'è gente che guarda a queste cose. Spesso, purtroppo, guardano a queste cose isolatamente, sia nel senso che sono poche persone, sia nel senso che lo fanno senza guardare la big picture (di nuovo, ignoranza dell'economia). Il punto è che il mainstream quant vive nelle banche d'investimento, in cui tutta la sofisticatezza si concentra sul modellino tecnico e per niente sulla visione d'insieme (e sul buon senso, aggiungerei, visto che capire l'economia, diciamocelo, dovrebbe essere una questione di buon senso!). Le ragioni sono complesse. Da un lato ci sono i regolatori che ti spingono a concentrare le risorse in un'unica direzione (il calcolo del VaR, che per le banche un po' di senso lo ha, ma è di gran lungo il peggior strumento a disposizione di un risk manager), anche se va detto che il regolatore non è un agente esogeno (c'è un continuo scambio tra banche e regolatore). Dall'altro lato ci sono le classiche idiosincrasie delle banche: poca attenzione al risk management perché il punto è fare soldi; e poi il fatto che a capo dei dipartimenti di risk management ci sono o quant che da quindici anni fanno solo i manager di altri quant (e quindi sono indietro di almeno dieci anni nel capire dove sta la ricerca, e dieci anni sono tanti), oppure ex trader, messi lì in quanto "i quant nulla sanno di mercati". Però i trader nulla sanno di razionalità e logica e conseguentemente sono risk manager pessimi (peggio dei quant, spesso). Nessuno in una banca di investimento si pone la domanda "da dove vengono i rischi a cui siamo esposti?". La domanda media che ci si pone è "qual è il nostro delta, o il nostro beta?", che senza la prima domanda diventa solo fumo negli occhi, tecnicismo vuoto. Sia chiaro che qui in parte parlo per iperbole, ma neanche troppo. Il mondo dei fondi hedge, dove la grande maggioranza delle istituzioni sono piuttosto piccole (tipicamente meno di 50 dipendenti), e gli interessi dei gestori sono allineati a quelli dei clienti (investono i propri soldi nel prodotto che vendooai clienti), la cura alla gestione dl rischio è molto maggiore. E questo lo vedi nel fatto che durante la crisi la proporzione di fondi hedge falliti sia stata simile alla proporzione di banche fallite o bailed out, malgrado il fatto che per un fondo hedge sia molto più facile fallire (basta che se ne vadano metà degli investitori, cosa comune nel 2008).

Ad ogni modo, qualche speranzaz c'è. Organizzo conferenze quant all'LQG e vedo persone che pensano ad altro. Qui subentra un altro dei problemi cronici dell'industria: tutti quanti tendono a nascondere la propria ricerca, mentre se si fosse più aperti (nel senso di open source), i benefici sarebbero enormi per tutti. Questo è il motivo per cui mi do da fare con l'LQG, sperando che a qualcosa porti. Nel mio caso personale, è proprio da questa esperienza personale che nasce un mio progetto (fin troppo) ambizioso che sto cercando di far passare dentro la banca per cui lavoro. 

Spero di averti risposto, ma la cosa mi interessa assai (è un po' il punto di vari miei articolo, due qui, uno su LaVoce di un paio di anni fa), per cui sono ben lieto di continuare a discutere. 

scusami federico,ho letto i 2 tuoi articoli. quindi per chi come me vorrebbe approfondire lo studio dei mercati finanziari, magari anche in vista di un impiego futuro, questo piano di studi potrebbe essere maggiormente adatto?

 http://www.unitn.it/files/download/2056/finanza__2011.12_immatricolati_2011.12.pdf

in tutte le altre università che ho controllato, il corso in finanza si concentra maggiormente su materie matematiche e statistiche lasciando poco spazio  alle materie economiche che dovrebbero pur sempre costituire la base del sapere(a mio parere) per operare proficuamente, e questo francamente mi aveva lasciato abbastanza dubbioso.

qui un esempio:

http://www.economia.univr.it/fol/main?ent=in&cs=384&id=470

i tuoi articoli hanno rinforzato la mia convinzione.

cosa ne pensi?

grazie

Non mi pare che ci sia una differenza enorme tra i due corsi di laurea che hai linkato. Credo che a questo livello sia piu' importante trovare insegnanti bravi. Comunque sono talmente fuori dal giro (e poi quando ero nel mondo accademico ero in ben altri giri, quelli del mondo matematico!) che chiederei a chi vive nel mondo accademico italiano. Per esempio Giulio?

I miei articoli sono diretti soprattutto a chi, come me, proviene dal mondo matematico o fisico, in cui non esiste nulla di economico. Nei casi che dici tu questo non e' il problema.

Derivo un po, perché avendo vissuto da quelle parti per diversi anni, e provenendo la famiglia di mia madre dalle coste della Sicilia occidentale, e soprattutto essendo la gran parte dei miei ascendenti e collaterali materni marinai, pescatori e gente di mare, mi ha stranizzato non poco la scelta del pescatore marsalese. Chiunque nella mia posizione sa che i lilibetani odierni hanno certamente tante qualità, ma che loro malgrado, tra queste qualità non c'è una particolare correlazione con il mare, anzi, c'è un contrasto piuttosto marcato con gli abitanti delle due città, queste sì di mare, Mazara e Trapani, che la incastonano a scirocco e grecale. Dicevo loro malgrado, perché in realtà Lylibeum è nata come città di mare, fondata da gente di mare, sfuggiti alla distruzione di Mothia, abbarbicata attorno al grande porto naturale a nord del promontorio su cui si distende, ed è stata città di mare per i 1972 anni che separano la sua fondazione da quel fatale 1575 quando Carlo V decise di interrarne il porto. Lo stesso nome moderno della città ne testimonia questo storico rapporto, qualsiasi ne fosse l'etimologia completa, siamo tutti d'accordo che "marsa" è certamente il "porto". Ma questo non è più vero da 437 anni ormai.  Sì, a Marsala c'è oggi un nuovo porto, a sud, sì, c'è gente di mare, poca ma buona, ci potrà forse essere una nuova bellissima marina fra pochi anni, lo speriamo tutti, ma il pescatore lilibetano è fondamentalmente una rara avis, i topoi che mi sarei aspettato sarebbero quindi stati il marinaio trapanese o il pescatore mazarese. Trapani, costruita sopra un'isola di fango e sabbia, come Cadice o come Venezia, ed ancora oggi circondata dal mare, o Mazara, costruita sopra ed attorno il fango e la sabbia di un'estuario, sono ed hanno conservato completamente un fortissimo legame con il mare, che a Marsala è semplicemente scomparso da secoli.

La mia ignoranza non ha giustificazioni. Alessandro grazie per il tuo excursus storico :-)

 svolge esattamente la stessa funzione della matematica in economia. Senza una conoscenza di teoria economica di base non sei in grado di fare i collegamenti fra le informazioni disponibili e non sei in grado di cercare le informazioni utili. Ma un economista puro, come un matematico puro in economia, rischia di dire sciocchezze perchè non sa di cosa parla o, se gli va bene, di dire banalità in linguaggio astruso.

Salve a tutti, scusate se scrivo qui dopo 4 giorni che nessuno ci scriveva, ma sono capitato ora su questo articolo ed, essendo un fisico passato di recente nel mondo della finanza, l'ho trovato molto interessante. Volevo chiedere in particolare un consiglio su come farmi delle basi economiche: sto studiano "Macroeconomia: Una prospettiva europea" di Blanchard, Amighini, Giavazzi, cosa ne pensate? Lo consigliereste?

 

Inoltre, volevo fare una domanda riguardo a dei modelli che ho visto all'opera a lavoro (modelli usati per cercare di stimare, per esempio, il valore di equilibrio degli exchange rates di alcune valute): in questi modelli di solito si ipotizza che la quantità di interesse sia una funzione (in genere lineare) di alcune variabili macroeconomiche, si usano serie storiche per fittare i coefficienti di queste variabili e poi si usa la funzione fittata per stimare il valore attuale o futuro della quantità a cui siamo interessati. Ora, la mia domanda è: quanto è safe ipotizzare che questi coefficienti non dipendano dal tempo? Inoltre, è opportuno utilizzare serie storiche molto lunghe, quando nel mezzo potrebbero esserci stati eventi che hanno cambiato radicalmente la natura del sistema (per cui mi aspetterei coefficienti diversi prima e dopo l'evento)? In sostanza, questi modelli quanto sono validi? E se non ci si può basare su un fit dei dati, cosa si può utilizzare?

 

Scusate se faccio domande stupide, ma sono veramente un novellino in questo ambito. Inoltre, mi scuso se queste domande sono Off TOpic in questo post, e nel caso vi chiedo dove posso andare a chiederle.

 

direi che hai capito benissimo com'e' la situazione e a cosa servono queste stime. L'economista non e' un consigliere finanziario ne' un gestore di fondi. I dubbi che hai sull'uso dei modelli chi menzioni sono completamente legittimi e appropriati: nessuno puo' garantirti che i coefficienti non varino al verificarsi di eventi imprevisti (un asteroide che cade su los angeles, un aereo sulle twin towers, lo tsunami, etc...) e chiaramente piu' lunghe le serie storiche, piu' e' il rischio che il modello non corrisponda ai dati. 

Tutto questo, ovviamente, non significa che fare quelle analisi non serva a nulla ne' che usare modelli formali sia inutile. Semplicemente, il gestore di fondi ed il consigliere finanziario deve usare anche queste informazioni per fare scelte rischiose, che nessun modello puo' fare per lui. 

Una buona lettura da avere nel tuo bagalio potrebbe essere The Intelligent Investor di Benjamin Graham. A suo tempo, come tutti i moderni lettori, l'ho letto per l'associazione con Warren Buffett, ma con il senno di poi è un gran bel concentrato di idee (e buon senso) che si possono o meno condividere, ma che secondo me ha senso sempre avere ben presenti, anche quando si cerca di fare l'opposto di quello che raccomanda. Se prendi un'edizione con il commento moderno, prova a leggere prima Graham saltando i commenti, e poi i commenti (che comunque non valgono Graham).

Una volta finito quello, puoi passare a Security Analysis (di Graham e David Dodd).

Laaa mia (breve) esperienza di laureato in economia (poi specializzato in finanza matematica) nel cercare un lavoro tra gli uffici "quant"  delle banche si può così sintetizzare...se non sei un matematico puro o un fisico, riesci raramente a passare la selezione iniziale. Esempio: vengono spesso richieste conoscenze di programmazione in ambito C# e C++, che pochi "economisti" riescono a possedere - di solito ci fermiamo a MATLAB o R. Viene ulteriormente richiesto un PhD, ed è spesso complicato accedere ad un PhD ti tipo "quant" partendo da una laurea in economia, o finanza.

E' possibile dunque che si crei un ciclo di feedback positivo leggermente perverso, ove anche chi volesse fare economia/finanza matematica pur conoscendo sia la partita doppia che i modelli DSGE (oltre a Black-Scholes, Ho-Lee, HJM e compagnia cantante), non riesce ad accedere alle posizioni. 

E tutto diventa più ... elementare

Sempre che si sappia fare la domanda giusta e che non si conosca già la risposta

amico lontano, sai, che le mode passano, i teoremi no.

in quel dove sei, che tu abbia un respiro piu' lieve del mio di oggi.

 

alla canea, non rompetemi i coglioni, ho due ragioni di oggi di lutto, una e' de Vita, una e' mia.