Bullshit

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Letteralmente "cacca di toro", volgarmente "stronzate", sostanzialmente -- nella mirabile sintesi di Harry Frankfurt -- la mancanza di connessione tra una preoccupazione e la verità. In qualunque senso, l'Italia ne è nostro malgrado sommersa. Ecco un esempio notato durante l'ozio domenicale, leggendo una lunga lettera di Giulio Tremonti al Corriere della sera.

Scrive Harry Frankfurt:

 

Bullshit is unavoidable whenever circumstances require someone to talk without knowing what he is talking about. Thus the production of bullshit is stimulated whenever a person's obligations or opportunities to speak about some topic are more excessive than his knowledge of the facts that are relevant to that topic. This discrepancy is common in public life, where people are frequently impelled -- whether by their own propensities or by the demands of others -- to speak extensively about matters of which they are to some degree ignorant.

 

In italiano tradurrei così:

 

Le stronzate sono inevitabili ogniqualvolta le circostanze impongano a qualcuno di parlare senza sapere di cosa stia parlando. Quindi la produzione di stronzate è stimolata ogniqualvolta gli obblighi o le opportunità che una persona ha rispetto al parlare su un certo argomento eccedano la sua conoscenza dei fatti rilevanti. Questa discrepanza è comune nella vita pubblica, dove le persone sono frequentemente costrette -- per loro propensione o perche' richieste da altri -- a parlare in maniera estesa su questioni sulle quali sono in tutto o in parte ignoranti.

 

Questa implicazione del concetto di bullshit è ben esemplificata dalla lettera (editoriale?) di Tremonti, che vado a spezzettare nella sua interezza e commentare brevemente. Le questioni sollevate nella lettera sono certamente rilevanti, è il modo in cui vengono trattate che disarma chi confida nella ragione e nella ragionevolezza. In particolare, ben poche delle tesi sostenute sono supportate da fatti noti. E allora: bullshit! Il re è nudo!

 

Caro direttore,


1) Eravamo nel mondo circa 1 miliardo di persone, all'inizio del '900. Eravamo circa 2,5 miliardi, a metà del '900. Siamo circa 6,5 miliardi, all'inizio di questo secolo. Saremo in previsione più di 9 miliardi, prima della fine di questo secolo. Contrariamente a un'impressione che si sta ormai diffondendo, le previsioni economiche sono ancora affidabili, ma solo se basate sui grandi numeri e proiettate sulla dimensione temporale della lunga durata, da un decennio all'altro. Dati questi dati: cosa dire sull'oggi? Cosa prevedere per domani? Cosa fare?

 

Bene, le previsioni economiche sono ancora affidabili, possiamo ragionare sul futuro e agire di conseguenza. Bando a chi diffonde l'impressione contraria. Ehi, un momento... ma non era lui? Ma non è lo stesso della scomunica "silete economisti"? Vabbé...

 

Quindici, ancora dieci anni fa, poco più di 1 miliardo di persone aveva più dell'80% della ricchezza prodotta nel mondo. Oggi, tra quel poco più di 1 miliardo ed i restanti più di 5 miliardi, la ricchezza che si produce nel mondo è divisa a metà: 50%; 50%. Non è solo un differenziale demografico, economico, quantitativo. È un differenziale politico. Un differenziale ad alta intensità politica.

 

Dunque, se 15 anni fa la popolazione mondiale era di 5.5 miliardi e il 18% (un miliardo di persone) deteneva più dell'80% della "ricchezza prodotta", reddito quindi, e oggi la popolazione mondiale è di 6.5 miliardi e il 15% (il solito miliardo di persone) detiene il 50% del reddito, a occhio a croce la disuguaglianza si è ridotta (mi pare implausibile che il 3% della popolazione che detenga più del 30% del reddito).

Ma se stiamo diventiando più uguali perché dare importanza epocale alla disuguaglianza? Perché evocare una "alta intensità politica", espressione che peraltro non so cosa voglia dire né è spiegata nella lettera? E infatti si salta di palo in frasca, perché nel resto della lettera la distribuzione del reddito diventa irrilevante.

 

Quindici, ancora dieci anni fa, la parte ricca del mondo era unificata da un proprio e dominante codice di potere: un unico codice economico e monetario, linguistico e politico, fatto dall'ideologia del mercato e del dollaro, dalla lingua inglese e dal G7. Questo ordine si è rotto, nel corso dell'ultimo decennio. Il vecchio codice di dominio è entrato in crisi, tanto al suo interno quanto al suo esterno, a fronte del nuovo mondo che è emerso un po' dappertutto fuori dal vecchio perimetro del G7. Un mondo caotico e anarchico nella sua espressione d'insieme, fatta da sistemi e sottosistemi sociali ed economici, ideologici e politici, tra di loro fortemente differenziati: democrazie emergenti, che replicano alternativamente gli elementi migliori o peggiori dell'Occidente; Stati che ibridano insieme comunismo e mercato; Stati che esprimono e proiettano insieme neo-imperialismo e paleo-mercantilismo; Stati che sono ancora più feudali che sovrani. L'effetto di insieme,

l'effetto complessivo è quello di una forte instabilità. Instabilità già in atto; e soprattutto instabilità in potenza. L'arte di «prevedere il futuro», l'arte di fare la «storia del futuro» è un'arte ricorrente. L'offerta di catastrofismo è una costante storica, ma nella sua intensità conosce cicli alterni di alto, medio, basso. Un'arte che in specie si intensifica nelle fasi di crisi, fino agli scenari catastrofici dell'iperconflitto, del nomadismo, del cannibalismo. Qui cerchiamo di essere più costruttivi.

 

Intermezzo: visto l'uso ripetuto dell'espressione temporale, potete continuate a leggere con in sottofondo Quindici anni fa, che in qualche modo calza a pennello!

Bene, dopo averci offerto lui stesso una bella dose di catastrofismo con venature di delirio (un mondo caotico e anarchico?!? Paleo-mercantilismo?!? Instabilità in potenza?!? Iperconflitto?!? Nomadismo?!? Cannibalismo?!?) passa alla fase costruttiva. L'inizio è però pessimo:

 

L'accaduto non può essere evitato. È l'inevitabile che può essere evitato.

 

Capisco il desiderio di suggestionare e il fatto che in Italia e altrove la politica si fa anche così ("ecco, ho evitato l'inevitabile ma non posso certo prevedere l'imprevedibile") ma, suvvia, manteniamo la decenza...

 

In questa prospettiva, cibo e acqua sono elementi essenziali e strategici. Rappresentiamoli in negativo, per capire più a fondo quanto contano: non cibo, uguale fame; non acqua, uguale sete.

 

Bè, non c'è bisogno di andare "più a fondo" per capire questo.

 

2) Non cibo alias fame. Entro il 2030 la domanda alimentare crescerà del 50%.

 

E allora? Tremonti sopra ci ricordava indirettamente che le bocche da sfamare sono aumentate del 550% dall'inizio del 900 a oggi, eppure oggi la popolazione mondiale è meglio nutrita di un secolo fa.

 

In particolare, negli ultimi tre anni, i prezzi alimentari sono globalmente cresciuti dell'83%. Solo nel 2007 il prezzo del pane è aumentato del 77%, quello del riso del 16%. Nel 2008 la tendenza non si è invertita. È solo un po' rallentata. Alla base di questi movimenti e dei loro scarti improvvisi ci sono solo i fondamentali della domanda e dell'offerta o c'è anche la speculazione, la peste del XXI secolo? Per me (non solo per me) c'è anche e forte la speculazione.

 

Indubbiamente c'è anche la speculazione ma finché non se ne quantificano gli effetti restiamo nell'ambito delle opinioni. Paradossalmente, come spiega bene questo istruttivo articolo dell'Economist, la speculazione incide in maniera inversamente proporzionale alla quantità di prodotti agricoli che passa dai mercati delle merci. Quindi l'effetto della speculazione sui prezzi alimentari può essere attenuato e forse neutralizzato ampliando il mercato, non certo restringendolo. In ogni caso, lo stesso articolo dell'Economist elenca un numero di "fondamentali" (impennata della domanda, riduzione delle scorte al minimo storico, condizioni metereologiche sfavorevoli) che possono spiegare l'aumento dei prezzi negli ultimi 18 mesi senza scomodare la speculazione.

 

Ma comunque, anche ragionando solo in termini convenzionali di domanda e di offerta, c'è qualcosa di più. È questione di equilibri e di velocità sostenibile. La globalizzazione, fatta di colpo e a debito, è stata come aprire un vaso di Pandora, liberando forze che ora non sono facili da controllare.

 

Ma la globalizzazione di cui si sta parlando qui non significa apertura dei mercati? E allora quali sono queste misteriose forze difficili da controllare? Se di mercati parliamo le forze sono quelle, domanda e offerta, e allora non c'è "qualcosa di più." Cosa vuole dire che è "questione di equilibri e di velocità sostenibile?" Che domanda e offerta possono non aggiustarsi istantaneamente? Ok, mettiamoci dentro frizioni e quant'altro, ma alla fine non c'è nulla di misterioso, mi pare.

 

In ogni caso, sul cibo si è creata un'enorme asimmetria, tra l'Occidente e il resto del mondo. Un'asimmetria che è insieme culturale ed esistenziale. A) In Occidente, sul cibo si ragiona in termini lievi, postmoderni. Corriere della Sera del 24 settembre 2008: «Industria del benessere: è record!». Sole 24 Ore del 21 settembre 2008: «Magrezza di Stato» (su: Beker e Posner, Should the State regulate the fast food industry?). In Occidente la questione del cibo viene in specie vissuta e

presentata come un misto tra buone pratiche di igiene sanitaria (è così un po' il verificarsi della profezia di G.B. Shaw: l'igiene diventerà la religione del mondo contemporaneo), pose radical-chic, idee psudoscientifiche, furbizie commerciali, prospettive di risparmi pubblici nella spesa per il welfare.

 

Sinteticamente: in occidente abbiamo la pancia piena e il cibo non è un problema primario. Che bisogno c'è di scomodare la postmodernità, l'igiene sanitaria, le pose radical-chic, la pseudoscienza, la furbizia commerciale, il welfare? Mah!

 

Ancora ieri si auspicava in Europa un aumento dei prezzi per incentivare gli agricoltori a produrre minori quantità, ma di migliore qualità, etc... E via via con scemenze simili.

 

Concordo, si tratta di una scemenza. Ed è anche uno dei pilastri di quella Politica Agricola Comune (PAC) che Tremonti altrove afferma di voler difendere e sviluppare.

 

Soprattutto c'è il dilemma, l'enigma tragico dei biocarburanti: sono un target europeo positivo e progressivo o sono un crimine contro l'umanità?

 

Eh, che paroloni. Scopro poi che si tratta di una citazione. La questione dei biocarburanti è interessante e meriterebbe una discussione a parte. Tuttavia, trattasi di tragedia (di enigmi invece non ne vedo, perché ne sappiamo abbastanza) solo all'interno del modello superfisso, dove con una data tecnologia se x ettari di terra producono cibo sufficiente a sfamare una persona e gli stessi x ettari possono alternativamente produrre z litri di biocarburanti, allora prudurre n*z litri vuol dire far morire di fame n persone. A prezzi di carburante e cibo rigorosamente fissi, naturalmente, insieme a tecnologia agricola e terra arabile tra le altre cose.

 

B) Nel resto del mondo non è esattamente così. La fame ha fenomenologia e geografia nuove, diverse da quelle tradizionali. La fame non riguarda più solo le aree da sempre povere, o le aree colpite periodicamente da siccità o da eventi bellici. La fame è insieme più estesa e più discontinua di prima. Ed essa stessa può essere, si avvia a essere, non solo l'effetto ma anche la causa di guerre. È anche questo un lato oscuro della globalizzazione. Per fare un bilancio consolidato della globalizzazione è ancora troppo presto. Nella parte del mondo non «beneficata» dalla globalizzazione non tutti vivono comunque meglio, molti vivono ancora peggio di prima; perché, con i nuovi prezzi, non basta più neanche quel mezzo dollaro che prima «bastava».

 

Sarebbe interessante capire qual è questa nuova geografia della fame e in che senso questa sia più estesa e più discontinua di prima. Combinando i dati dello UN World Food Program con quelli sulla popolazione mondiale l'incidenza della fame raggiungeva un impressionante 26% nel 1970, era quasi dimezzata, 14%, nel 1997, e nel 2003 era ancora al livello del 1997 (interpolando rozzamente i dati della popolazione mondiale per il 1997 e 2003). Gran parte di questa, il 96% secondo gli stessi dati UNWFP, è concentrata nei paesi in via di sviluppo mentre ad esempio prima si moriva di fame spesso e (poco) volentieri anche in Europa. Insomma, visto che i ministri sembrano avere sempre più informazioni di noi, se ci forniscono tutti i dati che hanno a disposizione, e in base ai quali affermano quello che affermano, possiamo capire meglio e discutere alla pari.

 

3) Non acqua, alias sete. La domanda globale di acqua è triplicata negli ultimi 50 anni e si prevede che crescerà di un ulteriore 25% nel 2030.

 

Idem come sopra per la crescita della domanda di cibo. Ma non tutto quadra: GT affermava sopra che la domanda di cibo aumenterà da qui al 2030 del 50% mentre ora dice che la domanda di acqua aumenterà solo del 25%. Strano, perché se il problema è la popolazione, i nuovi arrivati devono mangiare e bere e usare acqua per produrre cibo, quindi vuol dire che da qualche parte si sta risparmiando acqua, il che va in direzione opposta all'annunciata catastrofe di cui sotto.

 

Almeno 500 milioni di persone vivono in aree che strutturalmente e permanentemente mancano di acqua. Per il 2050 è previsto che salgano a 4 miliardi. Da sempre acqua significa vita e salute. Lo sapevano bene gli antichi romani, con il loro motto Salus per acquas, con i loro acquedotti e le loro terme.

 

Appare e suona meglio Salus per AQUAM, ministro, Salus per AQUAM. O AQUAS, al limite. Parola di ragioniere che il latinorum non l'ha mai potuto studiare. Comunque, ecco qui un altro articolo istruttivo.

 

Prima dei romani, vi era la Bibbia.

 

Anche dopo, in effetti :-)

 

L'acqua nella Bibbia non è solo una presenza fisica, sospirata e preziosa, ma è soprattutto e non per caso un simbolo spirituale. Sono almeno 1.500 i passi biblici «bagnati» dalle acque. Passi nei quali ci si imbatte in sorgenti, fiumi, mari, laghi, ma anche in piogge, nevi, rugiade, pozzi, cisterne, acquedotti, piscine, bagni, torrenti, imbarcazioni, pesci, pescatori. L'acqua racchiude valori simbolici fondamentali al punto da trasformarsi in un segno stesso di Dio e della sua parola. L'acqua rivela anche un profilo terribile, di giudizio e di distruzione: pensiamo solo al diluvio o, più semplicemente, al mare che nella Bibbia è visto come un simbolo del nulla, del caos, della morte. È scritto nell'Apocalisse: «Il mare non c'era più [...]. Un fiume d'acqua viva, limpida come cristallo, scaturiva dal trono di Dio e dell'Agnello [...]. A colui che ha sete darò gratuitamente acqua della fonte della vita» (21,1.6; 22,1). Quel Dio, che aveva dissetato il suo popolo nel deserto, offrirà allora una «sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna» (Giovanni 4,14).

 

Capisco che la lettera è comparsa di domenica e che il suo autore di questi tempi ha attitudini e forse ambizioni messianiche, ma che c'azzecca?

 

Da sempre la civiltà dipende dalla disponibilità di acqua.

 

Ma guarda un po'... Mi ricorda quando alle elementari iniziavo solennemente il tema con "Fin dai tempi più antichi..."

 

È stato detto, correttamente, che l'acqua è più importante del petrolio. In un prossimo futuro sarà possibile sostituire il petrolio con altre fonti di energia, come quella nucleare o quella solare. Ma non sarà mai possibile sostituire l'acqua. La disponibilità di acqua, va da sé, è essenziale per aumentare la produzione agricola in modo da corrispondere all'incremento della popolazione mondiale. A differenza del cibo, l'acqua sta diventando una risorsa scarsa, anche nei Paesi sviluppati. Vi sono innumerevoli segnali. Ad esempio, quest'anno per la prima volta 18 milioni di californiani hanno dovuto subire un forte razionamento delle forniture idriche. Stiamo parlando della parte del mondo più ricca e più innovativa dal punto di vista tecnologico. Ma tutto ciò evidentemente non è bastato. Il progresso tecnologico potrà indubbiamente aiutare nel trovare nuove risorse idriche e, soprattutto, nell'usare più efficientemente quelle esistenti. Ma il problema non è soltanto tecnologico o risolvibile solo con la scienza. È un problema anche politico, ed anche morale.

 

Se la scienza e la tecnologia risolvessero il problema della fornitura d'acqua, quali problemi politici e morali potrebbero esserci? Non capisco.


Più in generale, in che senso c'è scarsità d'acqua e cibo? La scarsità può essere fisica (non c'è acqua) o economica (l'acqua c'è ma è mal gestita: ad esempio mancano adeguate infrastrutture per la distribuzione). Come si vede dalla mappa riprodotta qui la scarsità fisica riguarda -- a tecnologia costante -- una parte non indifferente ma neppure drammatica della popolazione mondiale (una mappa della densità della popolazione è disponibile qui)


Quello che possiamo aspettarci -- e che già osserviamo -- sono movimenti migratori da dove l'acqua è scarsa a dove l'acqua è abbondante. Raccomando in proposito l'interessante racconto del National Geographic per il Southwest USA.

 

4) Cibo e acqua non sono una merce qualsiasi, una commodity qualsiasi da lasciare al mercato secondo la logica del profitto. La logica del profitto può senz'altro favorire un'allocazione efficiente delle risorse. Ma l'efficienza economica ha poco o nulla a che fare con il soddisfacimento dei bisogni primari di chi — regione geografica o classi di cittadini — non dispone delle risorse economiche necessarie per pagare prezzi di mercato.La logica del mercato va correttamente applicata per rendere cibo e acqua più disponibile per tutti, in modo efficiente e senza sprechi. Ma non deve essere applicata per rendere il cibo e l'acqua un nuovo e formidabile strumento per conseguire profitti privati di monopolio o rendite di posizione. Come per il cibo, anche per l'acqua sta finendo l'illusione pluridecennale di una crescente disponibilità a prezzi sempre più bassi. I governi hanno il dovere di adottare le misure necessarie affinché l'acqua non diventi una ragione di separazione sociale tra ricchi e poveri, che si tratti collettivamente di interi Paesi o individualmente di cittadini, all'interno dei vari Paesi. Serve per questo il principio di una nuova governance del mondo.

 

Oh, ecco dove si voleva arrivare. Si poteva anche arrivarci prima. Dunque, è vero: l'efficienza economica per definizione è questione separata dall'equità, in questo caso il diritto di tutti a non essere affamati e assetati in un mondo dove abbondano le risorse. Tuttavia, quello che essenzialmente il mercato fa è inviare i segnali giusti (i prezzi) su quanto siano scarse le risorse. Questa è una funzione fondamentale per beni importanti come il cibo e l'acqua. Se l'intervento dei governi significa distorcere questi segnali -- ad esempio dando acqua gratis quando invece si deve economizzare sull'acqua -- il rimedio è chiaramente un peggioramento del male e va nella direzione opposta a quella auspicata, cioè far finire l'illusione che risorse scarse siano infinitamente abbondanti. Sui monopoli, come non essere d'accordo: il mercato crea inefficienza e scarsità solo quando non è concorrenziale (as esempio i mercati agricoli mondiali non sono concorrenziali proprio a causa delle misure che molti governi, inclusi quelli europei e americano che sussidiano pesantemente gli agricoltori, si sentono in dovere di adottare.) Insomma, qui c'è un cortocircuito: da un lato Tremonti diffida dei mercati in favore della mano pubblica, dall'altro invoca i mercati nella loro fondamentale funzione. Come ne usciamo?

 

È per questo che, nel suo grande respiro, si condivide pienamente il discorso fatto il 23 settembre 2008 per l'Europa, all'Assemblea generale delle Nazioni Unite dal presidente della Repubblica francese: «La comunità internazionale ha una responsabilità politica e morale che noi dobbiamo assumere... non possiamo governare il mondo di oggi, quello del XXI secolo, con le istituzioni del XX secolo... Abbiamo un secolo di ritardo... Non possiamo più aspettare... a trasformare il G8 in G14, per farvi entrare la Cina, per farvi entrare l'India, per farvi entrare l'Africa del Sud, il Messico, il Brasile. L'Italia propone un grande passo in questa direzione fin dal prossimo vertice che ospiterà. L'Italia ha ragione!». Nel 2008 il suo anno di Presidenza del G8, l'Italia intende proprio andare avanti invitando tutti gli altri Paesi a compiere insieme un passo avanti verso il futuro. Un futuro che può e deve essere migliore del presente.

 

Oh, i Francesi sono così pienamente condivisibili quando ci danno ragione... mica quando vogliono comprarsi l'Alitalia... :-)

La soluzione finale sarebbe quindi il passaggio da G8 a G14. Ma in che modo questo migliorerebbe la governance mondiale rispetto ai problemi del cibo e dell'acqua? Non lo sappiamo, la lettera finisce qui. Peccato, ce la siamo sorbita tutta e manco ci è dato di conoscere la risposta alle domande che  vorrebbe affrontare!

 

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Commenti

Ci sono 28 commenti

Ciao Giulio, (non Tremonti)

E' un pezzo ormai che tutti seguiamo le apparizioni del nostro ministro...a questo punto credo che si possa ragionevomente pensare che Tremonti, quando parla, parli per finalità di posizionamento politico intrno al suo schieramento e allo scopo di emergere non solo come un tecnico che gestisce un ministero che parla solo di tagli alle spese e razionalizzazioni (ammesso che lo faccia davvero).

Con la fusione AN FI, i due gruppi politici diveranno una sola cosa, e probabilmente Tremonti sta già pensando a come piacere anche agli elettori di AN, al fine di trovare posto nella futura burocrazia di partito unico AN-FI, ovviamente in una posizione preminemte.

Dico questo perchè mi sembra l'unico modo di giustificare non solo la parzialità e la confusione dei ragionamenti, ma anche la retorica suggestiva e tutto l'uso di un frasario accattivante, che mi ricorda davvero il parolaio rosso (Bertinotti).

Per il resto mi piacerebbe sapere se i rimanenti liberali di FI hanno qualcosa da dire...oh mai che a un intervento di Tremonti segua, che so, una lettera di un liberale di FI, tipo Della Vedova, che ci spieghi perchè lui non è d'accordo.

Ciao.

 

Concordo: le sue ambizioni di leader sono piuttosto evidenti e assolutamente legittime. Alla sua homepage personale infatti e' in bella evidenza il titolo di Vicepresidente di Forza Italia. Ossia, dopo Berlusconi tocca a lui.

Quello che veramente mi stupisce e' come possa il Corriere della sera pubblicare una lettera del genere, e pubblicarla in prima pagina di domenica...

 

Nel mentre che i Tremonti pubblica le sue lettere sul Corriere, lasciandoci sempre più basiti per il livello che raggiunge, nel mentre che correttori delle bozze nemmeno si accorgono degli errori più Marchiani che Tremonti da Fiore commette, ecco che il Corriere invece ci informa con dovizia di particolari del compleanno del CAPO: http://www.corriere.it/politica/08_settembre_30/silvio_alema_Berlusconi_3e7f3bc0-8eb0-11dd-8a6d-00144f02aabc.shtml.

 

Nell'attesa di andare a tavola, il premier invita i cronisti a bere «un prosecco». In realtà, arriva un sontuoso champagne, e il presidente del Consiglio parte a ruota libera. Ma arriva una telefonata. Lui ascolta e interrompe: «Aspetta, Gianni, che ti metto in viva voce...». Berlusconi pesticcia un po' sui tasti del telefono, poi chiede aiuto: «Ma dove l'avete comprato 'sto aggeggio, dalle coop rosse?». Gianni Letta sta al gioco: «Devo annunciare al presidente Berlusconi che le assistenti di volo si sono volute unire ai festeggiamenti per il suo compleanno unendo, in tempo utile per il pranzo, le loro firme a quelle delle altre sigle sindacali...».

 

L'articolo è scritto da tale MArco Cremonesi, magari figlio del Lorenzo Cremonesi sempre giornalista del Corriere della Sera.

Che giornalismo di m...a!

 

There's

a man who's sure all that glitters is gold

And

he's buying a stairway to Heaven


Led

Zeppelin, 1971 (updated)

 

 

 

Al solito voi economisti siete troppo narrow-minded per seguire i ragionamenti di Tremonti.

Basta combinare queste due frasi per trovare la chiave di volta del discorso:

 

Non è solo un differenziale demografico, economico, quantitativo. È un

differenziale politico. Un differenziale ad alta intensità politica.

 

 

Non acqua, alias sete. La domanda globale di acqua è triplicata negli

ultimi 50 anni e si prevede che crescerà di un ulteriore 25% nel 2030.

 

Quindi il problema di GT è: come bloccheremo il piano cinese di sottrarci l'acqua deviando il Po nel Guangdong?

 

O magari ha letto questo articolo del National Geographic, e ha pensato:

1) l'Iran non c'ha l'acqua -> deve fare le centrali nucleari per desalinizzare dal mare -> tutto il mondo affronterà la stessa sorte -> le centrali nucleari sono il futuro...

2) ...ci vogliono le centrali nucleari in Italia!

Easy, isn't it? :)

 

UPDATE: a parte le battute, rimanendo in tema vi segnalo il dibattito online su The Economist, dal titolo: "Water, as a scarce resource, should be properly priced?" (LINK). Mi sembra un tantino più interessante dell'editoriale del nostro superministro. 

 

 

fosse qualcun'altro?

 

Dire che è una ingiustizia che a Milano si sprechi acqua e/o cibo mentre in Africa muoiono di sete e/o fame è una boiata pazzesca... è come dire che se a Napoli si ascolta poca musica house è colpa dei cittadini di Rotterdam che ne ascoltano troppa. (magari sciorinando dati comparativi sul consumo procapite di musica house nelle due città)

 

* Se c’è una scarsità economica di acqua significa che è un problema di governance, e tipicamente che il paese è governato da gente incapace e/o disonesta tanto coccolata dai terzomondismi. (questo si applica a non pochi paesi africani ma anche a non poche regioni italiane.)

 

* Se c’è una scarsità fisica di acqua significa che è semplicemente un problema di sovrappopolazione, e l’unica cosa che si può fare è una seria campagna di contenimento demografico (altra cosa invisa ai terzomondismi laici e cattolici).

 

 

 

 

* Se c’è una scarsità economica di acqua significa che è un problema di governance,

e tipicamente che il paese è governato da gente incapace e/o disonesta

tanto coccolata dai terzomondismi. (questo si applica a non pochi paesi

africani ma anche a non poche regioni italiane.)

 

beh ovvio. che invece i terzomondisti coccolino i governi dei paesi del terzo mondo mi sembra cosa dubbia.

 

* Se c’è una scarsità fisica di acqua significa che è semplicemente un problema di sovrappopolazione,

e l’unica cosa che si può fare è una seria campagna di contenimento

demografico (altra cosa invisa ai terzomondismi laici e cattolici).

 

molto difficile distinguere tra scarsità fisica e scarsità dovuta all'attivà umana, organizzazione sociale compresa. qui bisogna stare attenti a non seguire troppi Jared Diamond nei suoi ragionamenti. non c'è cibo? è perchè c'è troppa gente. le cause possono essere le più varie. altrimenti si ritorna a Malthus.

 

 

* Se c’è una scarsità fisica di acqua significa che è semplicemente un problema di sovrappopolazione,

e l’unica cosa che si può fare è una seria campagna di contenimento

demografico (altra cosa invisa ai terzomondismi laici e cattolici).

 

Perche', i desalinizzatori (per dirne una) sono impossibili? Io non mi ritengo ne' terzomondista ne' cattolico, ma mi pare innegabile che la tecnologia ha sinora aumentato la disponibilita' di risorse piu' velocemente della crescita della popolazione, e che alti livelli di quest'ultima sono una reazione alla scarsezza di risorse e conseguenti elevati tassi di mortalita' (il che spiega perche' la natalita' sistematicamente scende dopo il miglioramento delle condizioni di vita).

 

 

Come si vede dalla mappa riprodotta qui la scarsità fisica riguarda -- a tecnologia costante

 

Non ho esperienza diretta delle altre parti della mappa, ma per quanto riguarda la Libia, indicata come paese a scarsita' "fisica" di acqua, e' stato costruito un acquedotto che porta un fiume di acqua da acquiferi ubicati a centinaia di km dalla costa fino alle principali citta'. Quindi l'acqua non manca "fisicamente" in Libia, ma quello che mancano sono gli acquedotti che la distribuiscono alle singole utenze.

A quanto risulta a me, e' una situazione molto comune nel mondo, sopratutto nei paesi a basso sviluppo.

E la soluzione, ovviamente, non e' "consumare meno acqua in Italia, cosi' in Niger ne hanno di piu'".

 

 

 

Ottima analisi dell'editoriale di GT.

Purtroppo mi chiedo, quanti leggendolo l'avranno così "vivisezionato"?

Mi auguro che i più si siano appisolati sulla poltrona prima di finire di leggerlo ...

 

Dal NYT:  http://tinyurl.com/4c2jqq

Al di là del tono dell'autore, trovo questi "esperimenti" molto interessanti. Qualcuno mi sa dire di più?

 

Il sito di riferimento è questo:

www.econ.iastate.edu/tesfatsi/ace.htm

Uno dei libri fondamentali, anche se non specificatamente legato all'economia, è questo:

www.amazon.com/Growing-Artificial-Societies-Science-Adaptive/dp/0262550253

 

Decisamente, né GT né BS hanno l'esclusiva del BS: è patrimonio comune della famiglia, come l'etica.

 

Michele, secondo me tu sei un pervertito. Come altro definire uno che si va a scovare queste interviste, se le guarda e poi cerca pure di condividerle con noi povere anime innocenti ?

Sadomasochismo allo stato puro.

 

Certo, uno partecipa ad una conferenza sull'Etica dell'impresa e poi non ha di meglio da dire che la legge morale è dentro di noi, che in fondo in fondo, parlare di etica fa bene e via dicendo...insomma, a me più che filosofia mi sembrano quei pensierucci tipo cartina Bacio Perugina. Io da parte mia ho sempre sospettato che la branca etica dell'impresa non sia altro che "un'iniezione d'anima" per gente che vuol dare a vedere di essere meno peggio di come è descritta, e un modo per gente marginale e frustrata (i filosofi italiani) per entrare nei salotti che contano ed esercitare le loro astuzie della ragione, moralizzando il mondo, guadagnando facili entrature in mondi imprenditoriali e finanziari che sarebbero loro preclusi per sempre...e far vedere che anche loro contano.

Però, l'intervista segnalata da Michele ci dimostra anche che l'etica dell'impresa non serve a nulla, come disciplina a se stante, altrimenti madre e figlia avrebbero da tempo convinto il loro bel Silvio a condotte più etiche sia nell'impresa che nella politica. E infatti, siccome l'etica dell'impresa non serve a nulla, sopratutto perchè parla di una realtà che gli umanisti italiani non conoscono a sufficienza, in genere il tono delle conversazioni su di essa improntate appare pateticamente rivolto ad un'esortazione a compiere azioni che puntualmente saranno lasciate perdere; oppure il tono sarà quello genericamente culturale, sulla tradizione di quei manuali che vedo in aereoporto, tipo "Seneca per i Manager" o il famigerato "Platone è meglio del Prozac" al quale si è giustamente risposto che se quello di cui parla l'autore è davvero Platone allora meglio il Prozac...a barattoli interi.

Tra l'altro vorrei continuare ad infierire ancora per un momento sulla vicenda della conferenza sull'Etica dell'impresa: la questione che sollevo è dirimente, a mio avviso, è dimostra che è meglio una scienza triste di un discorso inutile. Dico, con tutto il casino che c'è adesso in merito alla vicenda del mercato immobiliare, dei mutui e così via, in parte proprio provocato dall'assenza di condotte etiche degli operatori finanziari, ebbene dico cosa hanno detto i nostri eticisti del business (il loro presumo)? Non potevano entrare nel merito delle questioni tecniche, simply non le conoscono, e dunque come da copione hanno sciorinato le loro belle citazioni, che si sa fanno figo, e hanno poi esortato, auspicato, vagheggiato e via dicendo.

Questi mi fanno incazzare perchè io rispetto la filosofia e penso che potrebbe essere molto più contundente di come essa sia intesa (in Italia in genere è intesa o come una forma cerebrale di arte: ovvero discussioni eterne sul bello e sulla critica sociale prodotta dall'esercizio di facoltà immaginifiche inusuali, ovvero molto fumo (cannabis) e niente arrosto; oppure la filosofia è intesa come una forma decerebrata di discipline scientifiche: ovvero bioetica senza sapere nulla di biologia; etica dell'impresa senza sapere un accidenti di economia, filosofia della scienza fatta spiegando agli scienziati cosa sarebbe scientifico, quali i puzzles, che se scoperti, manderebbero all'aria la disciplina che studiano e così via.) Cioè chi l'ha detto che la filosofia sia sollazzo di imbelli?

Missa est.

P.S: ho appena visto il film di Spike Lee. Noioso e scontato. Se vi capita, NON vedetelo.

 

Salve,

vorrei far notare che "Salus per aquam" e' un cosiddetto "retroacronimo" ovvero non e' mai esistito nel periodo latino, e' stato inventato successivamente. Potete verificarlo facilmente sulla wikipedia. 

 

http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/articolo-428.htm

 

Segnalo anche l'intervista a BB dei giornalisti del Times, apparsa in rete qualche giorno fa:

http://women.timesonline.co.uk/tol/life_and_style/women/article4901511.ece

 

 

 "Berlusconi is emerging as a future business leader in her own right. With some sons and daughters of Italy's elite (including Francesca Versace, heir to the fashion house, and Geronimo La Russa, the son of Italy's Defence Minister) she has set up Milano Young to “give the young a voice” and demand an injection of idealism into a corrupt and greedy world. It has enlisted the help of senior academics to organise the debate at the Bocconi, to delve into business ethics."

 

I fondatori di questa Milano Young sono" Barbara Berlusconi, Nicolò Cardi, Geronimo La Russa, Paolo Ligresti,

Mauro Pagani, Micol Sabbadini, Timothy Schvili e Francesca Versace."

Infatti devono essere proprio gente smart ed ammirevole se vogliono dare tutti assieme voce ai gggiovani.


Ogni tanto infatti, tra una conferenza sull'etica sbandierata da tutti i tg e l'altra, sbarcano tutti quanti a Riccione a fare party e far raccolte fondi.

 

Barbara Berlusconi

Vice Presidente


Studente

di filosofia all’Università Vita e Salute San Raffaele, Consigliere di

Amministrazione Fininvest S.p.a, madre premurosa di Alessandro. Tra

casa, studio e lavoro trova anche il tempo di ricoprire in Milano Young

l’importante ruolo di Vice Presidente. Nella ONLUS è ideatrice ed

esecutrice degli incontri culturali e di informazione rivolti ai

giovani.

 

Mamma mia, tra casa, studio e lavoro. Azz, ma come fa??


Antonio Junior Giovanni Geronimo Maria La Russa invece ha "doti da mediatore e carisma da leader",

Timothy Schvili inizia la sua carriera nell'azienda di Emmanuel Schvili,

Francesca Versace è invece stilista e "pratica immersioni e nutre una forte simpatia per gli squali", Paolo Ligresti gioca a Golf,

Giulia Zoppas soffre d'ansia per il problema sicurezza a Milano centro e quindi passa "le serate a Brera, al Ticinese, all’aperto, dove c’è gente, c’è vita".

 

E per tornare alla BB ecco la perla:

 

She has said in the past that she would like to help to run Mondadori, where she was an intern. Isn't that a “conflict of interest”? “Oh, but it has a high degree of autonomy, although the majority share is my father's.