A bientôt, Oscar

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Libero Mercato ha terminato la sua esperienza come foglio autonomo in abbinata al quotidiano Libero. Ragioni di costi, pare. Il che può voler dire, forse, una troppo esigua platea di riferimento, in un Paese economicamente quasi analfabeta e culturalmente molto distante dal pensiero liberale.

[Nota della redazione di nFA:] Libero Mercato ci ha dato spazio ed ospitato sulle sue pagine diverse volte. Era una lettura stimolante - perche' spesso ci trovavamo in disaccordo. Ci eravamo permessi di esprimere dubbi sulla capacita' del contenitore di garantire reale autonomia al contenuto - ci spiace di aver avuto ragione. Onore delle armi a Oscar Giannino, che ci ha provato, anche da parte nostra. Alla prossima, speriamo!

Non dirò, com'è generale abitudine odiosamente politically correct, che la chiusura di un giornale è sempre un impoverimento generale, un vulnus culturale, un evento luttuoso. Pur difendendo il diritto di tutti ad esprimere il proprio pensiero – ma non, si badi, l'obbligo della pubblicazione, né l'uguaglianza di tutte le tesi – io non mi straccerei certo le vesti se sparissero, ad esempio, L'Avvenire e Liberazione .....

Voglio, invece, dichiarare il personale dispiacere per la scomparsa (no, meglio, l'attenuazione) di una voce sinceramente liberale, della quale ci sarebbe un gran bisogno in un mondo che sta rischiando drammaticamente di scivolare – incredibile dictu, a partire dagli USA - in una sorta di socialismo 2.0, immemore della dura lezione di mamma Storia (e zia Cronaca, per alcuni attuali sviluppi).

Non sempre, ovviamente, il mio pensiero è stato in accordo con quanto scritto sulle pagine di Libero Mercato – in particolare, le opinioni divergono relativamente a qualche giudizio troppo generoso, a mio avviso, nei riguardi di Silvio Berlusconi e di Giulio Tremonti – ma sarebbe strano che così fosse, per individui (il termine non è scelto a caso) che si piccano di ragionare con la propria testa sulle singole questioni, anziché in quell'ottica di fedeltà alla linea – ed al capo - oggi così diffusa. E poi, si sa, il “distinguo” è sport alquanto diffuso tra liberali, con dibattiti anche accesi e divisioni su quisquiglie, talvolta sino alla reciproca attribuzione di patenti di liberalismo ... con gran vantaggio della cleptomane orda social-statalista presente in ogni schieramento.

Anyway, questo il commiato di Oscar Giannino, riportato da Mario Seminerio (grazie, Mario):

 

Carissimi lettori, è amaro farlo mentre l’economia domina l’informazione, ma vi devo salutare. Questo è l’ultimo numero di LiberoMercato con foliazione autonoma. Da domani esso viene assorbito organicamente da Libero, e cessa la mia funzione di direttore. Non l’ho scelto io, ma le aziende decidono secondo proprie valutazioni, guardando ai conti, alla situazione generale dell’editoria e della pubblicità, che è quella che è. Ed esprimono anche valutazioni su chi hanno ingaggiato, sul prodotto che ha realizzato e sulla sua omogeneità con lo stile e gli obiettivi della casa. In questo caso, si tratta di me e del mio operato.

Approfitto del saluto per alcune considerazioni. Sull’informazione economica, per cominciare. Resto tenacemente convinto che i giornali generalisti avrebbero di che guadagnare dedicando all’economia strumenti appositi di approfondimento quotidiano e settimanale, invece che poche pagine nella foliazione di ogni numero, e iniziative speciali per coprire i guai di occupazione e consumi. Certo, c’è la crisi e gli inserzionisti tagliano la pubblicità, e bisogna dunque risparmiare sul possibile. Proprio perché c’è “questa” crisi, però, l’economia e la finanza sono quasi tutto, molto più importanti del bla bla politico e di cronaca che anima il teatrino quotidiano.

Il mondo è attraversato da una pandemia che ha colpito le fondamenta del modello d’intermediazione finanziaria che ha impeversato nell’ultimo ventennio. E’ una crisi del tutto paragonabile a quelle che hanno posto termine ai grandi Imperi, che erano fondati sul predominio di strumenti e modelli economici, prima che sulle armi. Come avvenne alla fine della sterlina e dell’Impero britannico fino all’epilogo del lungo e terrificante conflitto che insanguinò il mondo in due tempi, nella prima metà del secolo scorso, e portò all’impero americano costruito sul dollaro e su Bretton Woods.

So bene che per vendere copie si debbono privilegiare gli aspetti e gli accenti più popolari e immediati, degli spasmi che mandano all’aria banche e imprese, e che tornano a chiedere ai governi interventi impensabili. Ma il compito dell’informazione è anche tentare di spiegare ciò che è più difficile, e cioè le determinanti di lungo periodo di una crisi la cui prima tappa fu l’addio del dollaro alla convertibilità nel 1974, la libera fluttuazione del biglietto verde che da allora tramuta in un problema mondiale i deficit pubblici e della bilancia dei pagamenti americana, problema mondiale di cui la deregulation finanziaria, l’abolizione della distinzione tra banca commerciale e banca d’investimento, e infine la rapida costruzione del circuito America-Far East a sostegno dei reciproci interessi, hanno costituito le successive tappe di sviluppo.

Spiegare innanzitutto questo è ciò che ho cercato di fare sin dal primo giorno in cui nacque LiberoMercato, 22 mesi fa. C’è un ordito generale che spiega il motivo dell’instabilità planetaria prodotta dalla politica monetaria lassista e dal deficit della bilancia dei pagamenti praticati dagli Usa per anni ed anni, e dal trionfo apparente di grandi banche mondiali trasformatesi in piattaforme di trading, per piazzare con utili da vertigine prodotti, servizi e derivati diversi da quelli di pura e semplice copertura del rischio. Derivati la cui distanza era divenuta sempre più siderale da una stima apprezzabile e reale del rischio di controparte per il prenditore, e degli accantonamenti patrimoniali necessari per il prestatore.

Lo spazio per raccontare utilmente tutto questo c’è e continuerà ad esserci, per chi riterrà di averne i mezzi necessari. Significa insistere per tre o quattro anni almeno, prima di tirare le somme. Si spiega così il successo negli anni del gruppo Class, come il senso e l’utilità che hanno conquistato nel tempo i settimanali economici di grandi gruppi editoriali, come Rcs e Repubblica. In caso contrario, bisogna solo augurarsi che ilSole24Ore, il gigante del settore, resti il più aperto e pluralista possibile. ma queste, beninteso, sono solo opinioni di un giornalista, che ora è nelle condizioni di ammettere sinceramente la propria sconfitta, e di chiedere scusa se vi ha deluso. Nel merito, però, difendo quel che abbiamo fatto. Le copie aggiuntive erano venute, parlando in termini concreti, finché non si è iniziato a tagliare. Ora chiudo, ma difendo il punto di vista dal quale dall’esordio ho dichiarato che avremmo svolto in nostro lavoro. Ne ricapitolo i fondamenti, per quanto mi riguarda valgono oggi come per il futuro: la piccola impresa, le banche, lo Stato, la persona.

Mi fermo qui. Ci salutiamo ma non ci parliamo, diceva Voltaire richiesto del suo rapporto con Dio. A voi tutti lettori, un saluto grato con la promessa che continuerò a parlarvi ora non so, ma ad ascoltarvi sempre.

 

Col senno di poi, si potrebbe anche pensare che questo epilogo fosse segnato, in una landa desolata che, oltre alle immancabili dispute da bar sui rigori concessi o non concessi dai cornuti per antonomasia ed alle tette rifatte sciorinate sui palcoscenici d'improbabili isole deserte, si appassiona solo alle pretestuose polemiche del cortile politico – meglio se a sfondo pruriginoso – ed alle orride nefandezze della cronaca nera – il sangue attira le mosche, come lo sterco, del resto – dedicando incompetente attenzione ai temi economici solo in funzione delle prime ed in similitudine alle seconde. Si sa, d'altra parte, che le analisi interessano poco, quando ciò che conta è schierarsi.

Anche la collocazione editoriale, però, potrebbe aver giocato un ruolo. Il quotidiano di Feltri, che pure presenta anime differenti, non può essere definito un campione del liberalismo, ma semplicemente e legittimamente un giornale di destra. Attenzione, il lemma non è da considerarsi spregiativo (con buona pace della consueta ed immotivata presunzione di superiorità morale dell'altra parte), esattamente come non è tale la specificazione opposta per – che so – Il Manifesto, ma l'abbinamento può aver generato qualche malinteso. Lungi da me l'idea giavazziana che il liberismo sia “di sinistra” (se consideriamo l'italica gauche vien da ridere), mi pare evidente che (il liberismo) poco abbia a che fare anche con talune impostazioni contrarie al mercato e finanche liberticide emerse chiaramente tra le fila dell'attuale maggioranza ed in essa forse persino dominanti. A dispetto dei "titoli di testa" (Partito della Libertà) sarebbe forse l'ora di svincolarsi dalle abituali distinzioni politiche – quasi “categorie dello spirito”, ormai, prive di reale riscontro con l'azione sul campo – che non fanno che intorbidire le acque del dibattito e nutrire di preconcetti gli astanti.

Nemmeno voglio entrare nella questione del finanziamento pubblico della carta stampata, che non condivido ritenendo speciosa ogni distinzione tra imprese - anche l'editoria dovrebbe avere le stesse regole di tutti - e motivata esclusivamente dagli onnipresenti interessi di partito. Ciascuno si adoperi per conquistare la clientela: se non ci riesce, qualunque sia il motivo, lasci perdere. Beninteso, però, si creino sane condizioni di mercato, senza favori ai soliti noti e, soprattutto, in presenza di una seria legislazione antitrust e di una rigorosa applicazione delle norme.

Chissà, forse aveva ragione lo stesso Giannino, quando mi scrisse - in risposta alla mia confessione di non essere un lettore di singoli giornali cartacei, ma di sfogliarne molti, spesso non italiani e solo le versioni online, "a salti", per giunta.... - "i giornali sono passato ancora per poco prossimo, transeunti in fretta verso remoto".

Tant'è. Per ora, comunque, non resta che augurarsi un'urgente inversione di tendenza. Nel farlo, mi si consenta una non richiesta confidenza.

Grazie del tentativo, Oscar. À bientôt .....

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Commenti

Ci sono 25 commenti

I tempi in cui ho studiato francese sono lontani, ma mi sembra di ricordare che l'accento sulle maiuscole in francese non serve.

Right. Tolto dalla A iniziale ... le altre lettere sono minuscole, solo che secondo il codice del GT si scrivono minuscole anche le lettere maiuscole, quando vanno nei titoli. Non chiedere a me, chiedi a lui.

In altre parole, l'autore ha scritto

A bientôt

ed il codice del GT ha prodotto

A BIENTÔT

Spiegando la scelta di chiudere LiberoMercato, Giannino dice tra l'altro

 

Ed esprimono anche valutazioni su chi hanno ingaggiato, sul prodotto che ha realizzato e sulla sua omogeneità con lo stile e gli obiettivi della casa.

 

Il grassetto è mio. Forse esagero, ma per me la frase ha un suono vagamente sinistro. Che intende dire Giannino? Qual è il problema di ''omogeneità''? E di quale casa si parla? Feltri, la proprietà,  l'area politica di riferimento o qualcos'altro?

Non pare che tu abbia esagerato:

03-03-2009http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/articolo-4082.htm

Dagospia

Riceviamo e pubblichiamo:
 
Caro Dagospia,
sprovvisto momentaneamente di altri mezzi, se me lo consenti riapprofitto del tuo albo pretorio del giornalismo. Ho appreso oggi a sorpresa, leggendo Libero, di esserne stato indicato come uno dei vicedirettori. L'ho saputo così - come se la mia faccia, firma e consenso fossero un gingillo a loro disposizione.

Ringrazio l'azienda. Ma nel mio contratto è indicato espressamente che l'impegno era vincolato a realizzare e guidare LiberoMercato. Scritto nero sui bianco. Un giornale abbinato a Libero e diretto da me, come riportato su ogni numero di LiberoMercato prima che decidessero di chiuderlo sabato quando ho salutato i lettori, non è e non sono le pagine di economia di Libero, che saranno più apprezzate in quanto magistralmente dirette da altri.

Per sciogliere il contratto non serve spostarmi di giornale. Mi spettano non vicedirezioni a dispetto, ma la fissa prevista dal contratto giornalistico, in caso di cambio di linea editoriale. In tempi di Quaresima imploro per me, decapitato e sorridente, la sola prescritta sepoltura.
 

Grazie se mi ospiti, altrimenti grazie comunque
 Oscar Giannino

 

Mi unisco all'augurio, spero di rileggere presto informazione economica da parte di Oscar Giannino. L'Italia ha bisogno di piu' informazione economica, piu' dati e analisi statistiche, piu' voci diverse, anche per togliere spazio al profluvio di fatti aneddotici che domina l'informazione in Italia e che ogni fazione politica manipola per la sua propaganda.

 

Abbiamo già fatto, giusto ieri. Giannino ha risposto positivamente; vedremo.

Ma siamo realisti: da un lato deve guadagnarsi il pane, fare il giornalista è il suo lavoro; dall'altro Dagospia deve avere 100 o 200 volte i lettori che noi abbiamo.

Comunque, son certo che si farà vivo con noi, almeno quando ha qualcosa di non necessariamente digeribile da Dagospia, che va benissimo. Oscar, mi senti?

P.S. Marco, cos'hai contro Dagospia? È la cosa più utile che ci sia per far vedere quanto orrenda la casta bipartisan sia, come viva e come prenda tutti gli italiani per il culo, ogni giorno, tutto l'anno.

 

Io, invece, non sono dispiaciuto del fallito tentativo di "libero mercato", che, peraltro, non ho mai letto.

Non l'ho mai letto perchè abbinato a un giornale che detesto, per la sua fin troppa evidente partigianeria, per la manipolazione della notizia, ma soprattutto per la sua contraddizione: si dichiara liberista e poi si trasforma in cooperativa per prendere i soldi nostri. Vittorio Feltri si omaggia di € 15.000,00 mensili di soldi nostri, soldi presi per il solo fatto di essere cooperativa, aggiuntivi rispetto a tutte le altre prebende previste per la stampa. E non mi piace chi predica male e razzola male.

Niente di personale verso Oscar Giannino, semplicemente se ci teneva a essere letto bastava che di "libero Mercato" ne avesse fatto un giornale (anche settimanale) veramente indipendente. Soprattutto libero. Adesso che gli hanno fatto la festa spero che fondi un giornale economico di approfondimento liberista. Va bene anche un sito web, pur di far sentire la sua voce, ma chi è causa dei suoi mal...

La Arendt, rileggendo il Kant della Critica del Giudizio, ha parlato della rilevanza etica e politica del gusto...la qual cosa mi torna in mente leggendo il tuo commento, Marco Esposito. Un tipo che si presentava come Oscar Giannino, vestito con abito bianco molto salveminiano, con barba baffi bastone e occhialetti tutti demode e molto ottocenteschi, secondo me risvegliava in chi lo ascoltava immagini di un liberalismo ottocentesco che più che fare venire in mente la California giovanile o l'America delle infinite opportunità o della tecnologia... faceva pensare a certi agghindati borghesi o industriali descritti da Charles Dickens. Insomma, per un paese molto sospettoso del liberalismo, forse, si poteva scegliere un testimonial più efficace. Ovviamente scherzo, ma non troppo....

Poi, certo se uno predica il liberalismo e poi prende soldi pubblici costituendo una cooperativa, allora la guerra è persa perchè uno pensa: liberisti coi deboli, statalisti coi forti. E ovviamente, questa volta, non scherzo affatto.

 

In genere io compravo "Libero", sfilavo l'inserto "Libero Mercato" e gettavo il resto (riciclando la carta).

Apprezzo molto Oscar Giannino e desidererei leggerlo ancora, su NfA, o altrove.

@DoktorFranz:

1) "senza favori ai soliti noti e, soprattutto, in presenza di una seria legislazione antitrust e di una rigorosa applicazione delle norme."

E che c'entrano casa, popolo delle libertà, padrone delle libertà e Libero (solo di nome visto che è il servilissimo e feroce manganello cartaceo del suo padrone) con le tue per altro degnissime opinioni?

2)Se Giannino vuole difendere il mercato senza predicare così così e razzolare malissimo potrebbe fare come montanelli ai tempi della voce. così ci dimostrerà se nel mercato ci sa stare, sempre che poi un mercato editoriale ci sia davvero. ma io rispondo di si ricordandomi di svariati commenti ed articoli che, in tempi non sospetti e su questo sito, dichiaravano la sostanziale mancanze di barriere d'ingresso nel mercato editoriale (presupponendo quindi l'esistenza di un mercato che alle regole del mercato risponde e non a quelle di RCS, De Benedetti o del padrone delle libertà altrui). quindi che Giannini dimostri quello che vale (e quello che valgono le sue idee in termini di vendite perchè, come dici tu, non bisogna per forza sostenere l'obbligo di pubblicazione).

P.S.: se Giannino si sente offeso dal trattamento che si dimetta. così non contribuirà come vice direttore a farsi stipendiare da un giornale che "si dichiara liberista e poi si trasforma in cooperativa per prendere i soldi nostri". insomma, stare in mezzo ai briganti e fingere di essere un nobile ed illuminato borghese ottocentesco non è la mossa giusta.

 

E che c'entrano casa, popolo delle libertà, padrone delle libertà e Libero (solo di nome visto che è il servilissimo e feroce manganello cartaceo del suo padrone)

 

Io ero rimasto che Libero era di proprieta' della Famiglia Angelucci, la stessa che e' proprietaria anche de "il Riformista" e che tento' di comperare anche "l'Unita'" a fine 2007.

Ti stai riferendo a loro, quando parli del "suo padrone"?

 

 

 

Ecco il testo tratto da Wikipedia:

Nel 2003 il quotidiano Libero ha ricevuto dallo Stato 5.371.000 euro come finanziamento agli organi di partito[4]. Libero era registrato all'epoca come organo del Movimento Monarchico Italiano, poi trasformato in cooperativa per ottenere i contributi per l’editoria elargiti alle testate edite da cooperative di giornalisti, a fine dicembre 2006 diventava srl. In seguito è stata creata una fondazioneONLUS per controllare la s.r.l. e , di conseguenza, il giornale in modo da continuare a percepire i contributi in quanto edito da fondazione.[5]

 

per chi volesse leggere da solo.

Personalmente penso che Oscar Giannino abbia capacità e possibilità per emergere, non posso credere che non ci sia spazio in Italia per un vero pensiero liberista a 360°, senza alcun ossequio per una parte politica, ma solo in base ai fatti. Quante copie vende "The Economist" in Italia ? E non c'è spazio per un settimanale, magari in formato tabloid, venduto separatamente e senza pubblicità ?

Io non ci credo. Però non faccio l'editore.

 

Al 60% di italiani che esprime il suo consenso per il governo in carica e alla quota di esso che legge "Libero" non interessa essere informati né con analisi approfondite né con analisi di parte sulla situazione economica internazionale. Basta loro poter evadere un poco di più il fisco (ipotizzato da Giannini e Guerra su lavoce.info, 25/02/2009), italica versione degli stabilizzatori automatici. Tanto la crescita o decrescita economica dell'Italia, oggi come in passato, non dipenderà minimamente dall'azione del governo, e gli italiani lo sanno benissimo. La politica monetaria è fatta altrove e quindi non interessa. Dei vantaggi dell'euro tutti godono, ma pochi sono davvero convinti.

In ogni caso, onore a Giannino e al suo tentativo più o meno valido. Impavidi segugi invéstighino sull'impiego dei risparmi conseguiti alla chiusura della testata.

Ho comprato Libero Mercato un paio di volte. Una in particolare me la ricordo, lo scorso anno c'era un grosso articolo sul mercato immobiliare e mi avevano chiesto un parere. Ovviamente c'era l'intervista con il costruttore di turno, di fatto si poteva ridurre l'articolo multipagina a una battuta: "oste, com'e' il vino?" "buono" (sto estremizzando, in realta' c'erano info utili, ma visto l'evidente squilibrio verso questa intervista la sensazione di marchetta e' rimasta). 

Nulla da dire a Giannino in se', non lo conosco abbastanza: considero comunque che abbia fatto una cosa coraggiosa a tenere un giornale di economia vicino a Feltri. Gli auguro buona fortuna per le prossime volte.

 

Lugg, rispondo a te ma è una riflessione che vale in generale, per molti dei commenti che ho letto.

Curiosamente, o forse non tanto, rilevo quella consueta insofferenza che porta molte persone a confliggere più con il "quasi uguale" che con il "contrario". Ciò è particolarmente evidente nel campo liberale, dove si tende - quasi volendo distinguere un grado di purezza - a non fare fronte comune con chi combatte sostanzialmente le stesse battaglie, facendo prevalere il rimprovero per eventuali (talvolta anche soggettivamente solo supposti) cedimenti di coerenza.

Ai propri simili si perdona poco o nulla, da loro si vorrebbe anche ciò che noi stessi non sempre siamo in grado - non esclusivamente per colpa - di sostenere. Sono il primo - da perfetto "bastian contrario" - a sollecitare e gradire il contraddittorio, ma mi pare che l'eccesso di "distinguo" altro effetto non abbia che facilitare il campo avverso. Andiamo avanti così, facciamoci del male ......

By the way, perché dovrebbe essere più difficile fare corretta informazione economica vicino a Feltri, piuttosto che, ad esempio, vicino a Mauro o finanche (!!!!!!!) Sansonetti? E perché si avalla lo slogan della sinistra - pretestuoso, tutto politico ed evidentemente falso - che gli appartenenti allo schieramento opposto siano tutti evasori fiscali? Davvero qualcuno ancora crede alla superiorità morale degli amici di Bassolino?

IMHO in Italia la carta stampata puo' servire al massimo per incartare la verdura, con rare eccezioni

Suggerisco anche: base per casse e imballaggi in cantine e garages. Anche: collezione della polvere sul tetto dei mobili/moduli d'arredamento d'appartamento.

Ho in mente in particolare alcuni giornali quotidiani che si prestano voluttuosamente più di altri a tale uso (a cagione della qualità/tipologia della carta, intendo), ma tralascio il dettaglio.

RR

Trovo curiose assai tante amene discussioni dietrologiche. Oscar Giannino ha colto un'opportunità, un giornale economico accanto al quotidiano Libero. "Libero" (!!!!!) Mai da me letto. Poi il rapporto si è interrotto. Il rapporto di lavoro si regolamenta, si svolge e si interrompe in base a regole che vanno rispettate piacciano o meno.

Giannino ha scritto su temi ed argomenti su cui si può concordare o meno. Altrimenti ognuno dei diversi commentatori dovrebbe contare i peli liberisti o meno del proprio datore di lavoro, tanto per fare un esempio.

Personalmente non ho condiviso alcune opinioni di Giannino, ma credo meriti apprezzamento per l'onestà intellettuale di cui fornisce prova.

luigi zoppoli