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Dove si illustra l'affaire Lactalis-Parmalat.

È di questi giorni la notizia che Lactalis, società francese leader nel settore del latte e dei suoi derivati, già presente in Italia con molti marchi storici, è entrata in possesso di poco meno del 30% del capitale di Parmalat. È rimasta al di sotto del fatidico 30% per non essere costretta a lanciare un’OPA, obbligo che scatta quando il rastrellamento di azioni di una società quotata raggiunge quella soglia.

Parmalat, dopo le sciagurate iniziative del duo Tanzi-Tonna, ricostruite di recente in un film abbastanza fedele allo svolgimento dei fatti, gode di eccellente salute. Chi ne vuole sapere di più e si diletta di bilanci, qui trova le informazioni. Di seguito alcuni dati salienti relativi al 2010.

Parmalat ha fatturato 4,3 miliardi di euro e ha conseguito un margine operativo lordo del 9%. Vende latte (59%) e derivati (32%) come yogurt, dessert e formaggi, questi ultimi in misura trascurabile. È presente in mezzo mondo: il principale mercato del gruppo è il Canada dove si concentra il 37% delle vendite, seguono Italia con il 22%, Australia con il 17%, Centro e Sud America e Africa con il 10% ciascuno.

Ha una situazione finanziaria senza paragoni: ha praticamente zero debiti finanziari, crediti e debiti commerciali praticamente si equivalgono e una liquidità netta di circa 1,4 miliardi di euro, investita in depositi bancari a breve termine ed in titoli governativi italiani, francesi e tedeschi; la scadenza degli investimenti è per oltre la metà entro i tre mesi e per il resto da tre a sei mesi. Insomma, più che un’impresa leader nel suo settore, un forziere molto ben rifornito.

È da qua che bisogna partire. La gigantesca liquidità non trae origine dalla gestione delle tradizionali aree di attività. È stata generata dal successo delle iniziative di Bondi, solo omonimo di quello che si diletta di poesia, attuale amministratore delegato che, a partire dal 2006, attraverso azioni revocatorie e risarcitorie, ha fatto entrare nelle casse della società oltre 1,7 miliardi. Nell’azionariato di Parmalat sono (meglio erano) presenti Zenit, Skagen e Mackenzie Cundill, tre fondi di investimento che a più riprese hanno sollecitato il vertice a fare qualcosa di quella liquidità. L’opzione preferita era senza dubbio quella di dare più generosi dividendi; magari si sarebbero accontentati di una mirata campagna di acquisizioni; lasciarli in quel modo, rimanendo seduti su quella gigantesca montagna di quattrini, non li metteva di buonumore.

E qui entra il gioco il transalpino. Lactalis, alla fine dello scorso anno si era vista dire di no alla sua proposta di acquisire Yoplait, marchio francese molto noto nel mercato dello yogurt. Si è guardata in giro e colto al volo l’occasione, il 30% di Parmalat, che capitalizza poco più di 4 miliardi, vale grosso modo (forse un po’ meno) quanto l’offerta fatta a suo tempo per Yoplait.

La questione interessante riguarda il modo in cui funziona la nomina del Consiglio di amministrazione di Parmalat. Alle pagine 58-59 del Bilancio si legge:

 

All’elezione del Consiglio di Amministrazione si procede come di seguito precisato:

a) alla lista che avrà ottenuto la maggioranza dei voti sarà assegnato un numero di Amministratori proporzionale ai voti ottenuti più due con il limite massimo comunque di 9 (nove) Amministratori. Le frazioni superiori a 0,5 (zero virgola cinque) si arrotondano all’unità superiore mentre le frazioni pari a 0,5 (zero virgola cinque) o inferiori sono azzerate;

b) i restanti Amministratori saranno tratti dalle altre liste; a tal fine i voti ottenuti dalle liste stesse saranno divisi successivamente per uno, due, tre, quattro secondo il numero degli Amministratori da eleggere. I quozienti così ottenuti saranno assegnati progressivamente ai candidati di ciascuna di tali liste, secondo l’ordine dalle stesse rispettivamente previsto. I quozienti così attribuiti ai candidati delle varie liste verranno disposti in unica graduatoria decrescente. Risulteranno eletti coloro che avranno ottenuto i quozienti più elevati. Nel caso in cui più candidati abbiano ottenuto lo stesso quoziente, risulterà eletto il candidato della lista che non abbia ancora eletto alcun Amministratore o che abbia eletto il minor numero di Amministratori.

 

Quindi lo schema è chiaro. C’è un bel premio di maggioranza accordato alla lista che ottiene più voti e che garantisce il controllo. L'assemblea Parmalat verrà chiamata a rinnovare i vertici nella  prima metà del prossimo mese, la mossa di Lactalis è quindi di un tempismo perfetto. I soggetti che vorranno contrastarla dovranno organizzarsi in pochissimo tempo per ottenere più voti. Inoltre, per superare Lactalis, rischiano di avvicinarsi pericolosamente alla fatidica soglia del 30%, quella che, facendo scattare l’OPA, li costringerebbe a mettere sul piatto una cifra che triplicherebbe il costo dell’operazione. Un bagno di sangue che farebbe felici ''solo'' i risparmiatori che possiedono i restanti due terzi del capitale, e che in questo modo si vedrebbero riconoscere un prezzo che incorpora il premio di maggioranza che l’OPA invariabilmente determina.

E qui la bella trovata del governo: issa la bandiera dell’italianità per ostacolare Lactalis e  risponde così in modo patriottico all'insopportabile arroganza transalpina che si vuole portare a casa i nostri gioielli di famiglia. La prima mossa è consistita nell’approvare un decreto legge che fa una cosa alquanto bizzarra, ma perfettamente funzionale all’obbiettivo di prendere tempo per organizzare la cordata italiana. Si legge sul sito del governo

 

Il terzo decreto-legge dispone in ordine alla proroga del termine per le assemblee societarie nei casi di cui al testo che segue:

“In sede di prima applicazione del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 27, è consentito alle società alle quali si applica l’articolo 154-ter del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, convocare l’assemblea di cui all’art. 2364, secondo comma, e 2364-bis, secondo comma, del codice civile, nel termine di centottanta giorni dalla chiusura dell’esercizio 2010, anche qualora tale possibilità non sia prevista dallo statuto della società. Nel caso in cui alla data di entrata in vigore del presente decreto l’avviso di convocazione dell’assemblea è già stato pubblicato, è consentito al consiglio di amministrazione o al consiglio di sorveglianza di convocare l’assemblea, in prima o unica convocazione, a nuova data, nel rispetto dei termini e delle modalità di cui all’articolo 125-bis del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. Qualora l’assemblea sia stata convocata anche per la nomina dei componenti degli organi societari, le liste eventualmente già depositate presso l’emittente sono considerate valide anche in relazione alla nuova convocazione”.

 

In soldoni questo significa che si possono far slittare le assemblee societarie già convocate, e quindi anche quella di Parmalat potrà essere spostata da metà aprile a fine giugno. Si prende tempo per riorganizzare le fila degli italici campioni e poi, per ridurre i francesi a più miti consigli, si minacciano misure draconiane che impediranno le acquisizioni in settori strategici. Già, perché negli ultimi 5 anni i cugini d’oltralpe hanno fatto shopping per circa 36 miliardi di euro, acquistando fra l’altro BNL, Cariparma, Bulgari, Gucci, Edison (in questo caso, però, la partita è ancora aperta) e se non venivano fermati dal governo del fare, si portavano a casa anche Alitalia. Per converso gli italiani in Francia, nello stesso periodo, hanno investito meno di 3 miliardi: poca roba e niente di rilievo a parte i magazzini Printemps (Borletti), Sorgenia (gruppo de Benedetti) e Altergaz (Eni).

Questa storia, ancora in divenire, è istruttiva. Un’impresa straniera è più abile e pronta dell’italico caravanserraglio a cogliere al volo un’occasione che si presenta. Quando ci si accorge di ciò che sta per accadere, si invoca l’italianità.

Cosa significhi italianità, in questo particolare contesto, è presto detto. Parmalat produce e vende quasi cinque volte di più all’estero che da noi. Una multinazionale che tale è diventata, facendo quello che adesso si vuole impedire a Lactalis. Se all'estero avessero praticato gli stessi metodi che ora vengono invocati, oggi Parmalat sarebbe al massimo una latteria di paese. Curioso.

Parmalat però acquista una montagna di latte dagli allevatori italiani e questo latte costa tra il 15 e il 20% in più del suo equivalente francese: qui per avere un’idea dei numeri, qua invece il grafico. Se il francese si compra Parmalat la pacchia, per molti di loro, imprese troppo piccole per essere efficienti, finisce. Contrariamente al latte usato per i formaggi DOP, che deve rigorosamente provenire da stalle localizzate nell'area geografica dove si produce il cacio, il latte fresco che tiriamo fuori dal frigo può arrivare e arriva (entro certi limiti) da ogni dove dell’Europa. Gli allevatori sanno che un‘impresa straniera può facilmente sostituirli, se non riducono il prezzo di cessione del prodotto e quindi temono l’ingresso dello straniero. Gli allevatori sono situati principalmente al nord e votano massicciamente e compattamente un partito di governo che in questo momento è bene non scontentare. L’italianità quindi significa, in questo caso come in tutti gli altri, rassicurare coloro che devono essere rassicurati che si sta facendo qualcosa per loro.

Una banca (Intesa) era nel Consiglio di Amministrazione di Parmalat. Si presume ne conoscesse vita, morte e miracoli. Sapeva della liquidità esistente, e si unisce al coro quando il blitz è stato oramai compiuto. Curioso anche questo.

Si invoca l’intervento dell’italico antitrust per bloccare l’operazione. Niente di più insensato. Se Lactalis riuscirà a ottenere il controllo, l’operazione dovrà essere notificata a Bruxelles, poiché è di dimensioni comunitarie. Qui le regole. In astratto è possibile che l’autorità italiana possa chiedere di essere lei ad esaminarla. Però, per fare questo, deve sostenere che l’operazione Lactalis-Parmalat possa creare nel mercato italiano dei problemi. L’unica area di sovrapposizione è quella dei formaggi, core business di Lactalis in Italia, dove comunque ha quote di mercato modeste, e la presenza di Parmalat è trascurabile. Quindi l’antitrust che se ne dovrà occupare è quello europeo. Meno male, così almeno di pericolose fregnacce come quelle dell’italianità, non ne sentiremo parlare.

Prima di chiudere sull’italianità è bene ricordare quanto scriveva, all’inizio del secolo scorso,  Egidio Galbani, creatore del mitico formaggio Bel Paese

 

"Non era senza un vero dispiacere che per l'addietro, sostando davanti al negozio dei principali salumieri delle nostre città, non si potesse scorgere alcun formaggio di lusso che portasse un nome italiano. Fui il primo che, dopo lunga esperienza, riuscii a soppiantare l’importazione estera, mettendo in commercio i miei formaggi di lusso, uso Francesi".

 

Il marchio Bel Paese appartiene ai francesi dal 1989 e a Lactalis dal 2006.

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Commenti

Ci sono 73 commenti

 

Una banca (Intesa) era nel Consiglio di Amministrazione di Parmalat. Si presume ne conoscesse vita, morte e miracoli. Sapeva della liquidità esistente, e si unisce al coro quando il blitz è stato oramai compiuto. Curioso anche questo.

 

Questo per me è sorprendente. Qualcuno ha una spiegazione?

Una domanda sia off topic che da ignorante.

Avevo capito che il "salvataggio" Parmalat aveva comportato l'utilizzo di diversi soldi pubblici, sono stati in qualche modo restituiti? Lo dico considerando l'alta liquidità dell'azienda.

PS

fossi miliardario avrei comprato io il Belpaese...per chiuderlo

Avevo capito che il "salvataggio" Parmalat aveva comportato l'utilizzo di diversi soldi pubblici, sono stati in qualche modo restituiti? Lo dico considerando l'alta liquidità dell'azienda.

Non mi risulta. Solo una legge ad hoc, con l'obiettivo di mantenere in vita l'impresa nel suo complesso, senza smembrarla e venderla a pezzetti al miglior offerente (ovviamente per soddisfare al meglio i creditori). La legge in questione rappresenta una versione riveduta e adattata di una ben nota legge precedente.

 

Una banca (Intesa) era nel Consiglio di Amministrazione di Parmalat. Si presume ne conoscesse vita, morte e miracoli. Sapeva della liquidità esistente, e si unisce al coro quando il blitz è stato oramai compiuto. Curioso anche questo.

 

Questo per me è sorprendente. Qualcuno ha una spiegazione?

Intesa, 2,18% di Parmalat stava organizzando una cordata per preparare una lista da presentare all'assemblea per riconfermare Bondi. Obiettivo non tanto segreto di Intesa è organizzare una qualche operazione con Parmalat che prevedesse l'inserimento di Granarolo società uscita da una crisi ma squattrinata. Si trovano varie dichiarazioni del management di Granarolo. Casualmente Intesa detiene il 20% di Granarolo. Il resto è facilmente intuibile. Replicare lo schema ignobile di Alitalia dove intesa era creditrice di AirOne. Beninteso la cordata di Intesa era con piccoli soci ma senza sborsare un centesimo, come tipico del capitalismo parassita italiota.

Lactalis, soldi in bocca, ha comprato il 30% della società spiazzando tutti. L'assurdo è che il dossier parmalat era aperto su tavoli di banche, Finanziarie, concorrenti da oltre 20 mesi ma avrebbe richiesto di metter mano al portafogli. Solo che questi scienziati che ambivano a Parmalat non hanno comprato ad 1,80€uro quello che dovranno oggi pagare almeno 2,80% prezzo pagato da Lactalis. Intesa non molla e stanno mettendo in croce Ferrero che dice di essere interessato ma in realtà non lo è molto. Sarà interessante vedere come risciranno, e ci proveranno questi asini dei nostri governanti, a sterilizzare il 30% di capitale della Lactalis. Insomma una miserabile puntata della squallida storia del capitalismo dei salotti italioti, quello del controllo delle imprese con lo 0, %..del capitale e banche a disposizione. Vedi caso Ligresti-UniCredit, nuova vergogna della metastatizzata finanza italiota.

 

 

%..del capitale e banche a disposizione. Vedi caso Ligresti-UniCredit, nuova vergogna della metastatizzata finanza italiota.

 

Ok, mi mancavano alcuni dettagli. Grazie per il "quadretto" che hai dipinto ;-), ora è più chiaro.

Se il francese si compra Parmalat la pacchia, per molti di loro, imprese troppo piccole per essere efficienti, finisce

Vero. Ne parlavo ieri anche qui. Solo un'obiezione: non credo che il problema all'origine dell'inefficienza della filiera del latte sia nel nanismo degli allevamenti. Io frequento per ragioni familiari l'Alta Austria, un territorio che somiglia molto alla Baviera, ed essendo agricoltore sono abituato ad osservare il paesaggio e le strutture con occhi "agricoli". Ebbene, la maggior parte delle stalle sono piccole e medio piccole, a differenza di quanto non succeda oggi da noi. Solo che non sono costrette a rispettare norme igienico sanitarie pazzesche come le nostre.

Per esempio, lassù la maggior parte degli allevamenti sono misti, da latte e da carne, il fienile è collocato alla maniera tradizionale sopra la stalla (provateci un po' da noi, a convincere i vigili del fuoco ad approvare una cosa del genere) e si munge nella stalla stessa, con la mungitrice sulla paglia. E dove sennò? Qui da noi, se vuoi mungere, devi fare una sala mungitura piastrellata come una sala operatoria, e una sala di passaggio dove le vacche si "puliscono i piedi", con dei getti d'acqua calda rasoterra. Ovviamente non serve ad una beneamata, dato che poi il latte viene pastorizzato, ma intanto sono cose che incidono sui costi in maniera determinante in un mondo dove la differenza tra guadagno e remissione viaggia nell'ordine dei pochi centesimi per 100 kg di materia prima. Sta di fatto che in Baviera il latte base viene pagato alla stalla meno che da noi, eppure gli allevatori hanno margini maggiori.

Quello che è fallito, qui da noi, è il modello protezionistico basato sulla tutela della suggestione del Made in Italy e della qualità certificata, che si reggeva in piedi finché c'era il cavalier Calisto che pagava il latte coi soldi degli altri, e l'unico modo per uscirne è una sana e decisa deregulation che consenta di abbassare i costi di produzione.

 

Sta di fatto che in Baviera il latte base viene pagato alla stalla meno che da noi, eppure gli allevatori hanno margini maggiori.

 

Eppure so che (circa all'inizio dell'anno scorso) c'era stata un'aspra polemica, in Germania, perchè gli allevatori sostenevano di non poter più produrre il latte ai bassi prezzi imposti dalla distribuzione. Visto la tua competenza ne sai qualcosa?

 

puoi stimare i costi di :

non essere 

allevamenti sono misti, da latte e da carne

fienile separato

il fienile è collocato alla maniera tradizionale sopra la stalla 

procedura di mungitura

munge nella stalla stessa, con la mungitrice sulla paglia. E dove sennò? Qui da noi, se vuoi mungere, devi fare una sala mungitura piastrellata come una sala operatoria, e una sala di passaggio dove le vacche si "puliscono i piedi", con dei getti d'acqua calda rasoterra. 

naturalmente gli investimenti richiesti da tali regole vanno spalmati sulla produzione di n anni mentre i costi mensili sulla produzione mensile.

grazie

 

 

Mi domando solo se Bondi non si può far autorizzare dal suo CdA (comanda ancora lui..) un bell'acquisto di azioni proprie con la liquidità in cassa, sterilizza i voti, ma crea un bel boccone indigesto per Lactalis (che secondo me mira alla liquidità, che di questi tempi non è niente male)

certo , ai corsi attuali 1,4 miliardi sono il 33% della capitalizzazione

ma i tempi sono lunghi ed il buyback richiede un' OPA

 

cercando informazioni ho trovato i compensi annuali di Bondi ( 550 k€ ) e di Vanoli - Direttore Generale ( 253 k€ ) nessuna stock options

Parmalat fattura oltr 4 miliardi

confrontateli con il nuovo compenso dell'amichetto di Voltremont

Massimo Varazzani, ex ad di «Cassa depositi e prestiti» , manager vicino a Giulio Tremonti, dal 22 settembre commissario (il terzo) per il debito del Comune di Roma. Nel Milleproroghe, Varazzani ha visto lievitare il suo stipendio: «Da 100 mila euro lordi a oltre 600 mila» by : Ernesto Menicucci per il "Corriere della Sera"- Roma

come puo durare un simile paese?

 

Ma perché adesso Bondi (non il poeta) compra il latte dagli allevatori padani pagandolo più del necessario? È per inerzia, è per fare un favore ai politici padani o è altro ancora?

Ero sotto l'impressione che Bondi (non il poeta) stesse facendo un buon lavoro, invece sembra che non stia minimizzando i costi per una materia prima che dovrebbe essere di una qualche importanza per l'azienda. Oppure è stato bravo solo a farsi ridare soldi dalle banche?

perché il prezzo del latte non lo fa la borsa merci, come per le altre materie prime agricole, ma è il frutto di un negoziato che si rinnova ogni anno tra le associazioni dei produttori e le altre componenti della filiera, in cui la politica ha un bel peso.

avevo sbagliato la collocazione del commento, che ho ricollocato come risposta a sandro qui sopra

 

Per converso gli italiani in Francia, nello stesso periodo, hanno investito meno di 3 miliardi: poca roba e niente di rilievo a parte i magazzini Printemps (Borletti), Sorgenia (gruppo de Benedetti) e Altergaz (Eni).

Ma è vero quello che va dicendo in giro Berlusconi, cioè che anche la Francia fa del protezionismo analogo a quello italiano?

 

Ma è vero quello che va dicendo in giro Berlusconi, cioè che anche la Francia fa del protezionismo analogo a quello italiano?

Le cifre suggeriscono il contrario.

Ma è vero quello che va dicendo in giro Berlusconi, cioè che anche la Francia fa del protezionismo analogo a quello italiano?

berlusconi, come di consueto straparla a vanvera. La dimostraione si può avere leggendo l'articolo di Schivardi su La voce dove c'è una tabella esolicativa.

http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002219.html

 

Adesso si è messa anche la procura di Milano

http://www.corriere.it/economia/11_marzo_25/parmalat-lactalis-procura_79c5600e-56f6-11e0-847d-b307f7e234b2.shtml

A pensare male si fa peccato, ma si indovina ... vorresti dire che i PM agiscono su direttive segrete del PdC (che, poi, è uno dei loro bersagli favoriti).

Visto che qui ci piacciono i numeri, vi lascio solo questi.

Secondo il United Nations Conference on Trade and Development, lo stock di investimendo diretto dall'estero, in percentuale sul PIL, in Italia nel 2009 era solo del 19%, contro un 31% di media mondiale, il 42% in Francia, e il 32% nelle economie sviluppate (secondo la definizione ONU).

Grazie, sono utili. Avresti un link (free riding :-))?

Sembra che le indagini siano state affidate al sostituto Fusco, che aveva già svolto quelle sulla scalata Antonveneta (insieme con Greco, se non ricordo male).

E' un magistrato abbastanza esperto della materia specifica, che è piuttosto complessa: non si tratta propriamente di aggiotaggio, trattandosi di titoli quotati in Borsa si dovrebbe parlare di manipolazione del mercato (delitto che si compie o attraverso la diffusione di notizie false o fuorvianti per il modo ed il tempo in cui sono rese note oppure tenendo comportamenti di mercato tali da alterare il normale processo di formazione dei prezzi: articoli 181 ss. Testo Unico dell'Intermediazione Finanziaria).

Non è chiaro quali siano i comportamenti effettivamente ipotizzati; è chiaro che si tratta di situazioni delicate, in cui basta poco per passare da un comportamento di mercato corretto ad un altro delittuoso: ampio è lo spazio interpretativo-valutativo rimesso all'inquirente ed al giudicante.

L'idea che la Procura si muova in sintonia con il Governo mi sembra alquanto azzardata; piuttosto è verosimile che la Procura si muova perché ambisce a disciplinare i mercati finanziari, avendone il potere, e ritiene di saperlo fare.

 

e considerata l'inattività della CONSOB

 

 

L'idea che la Procura si muova in sintonia con il Governo mi sembra alquanto azzardata; piuttosto è verosimile che la Procura si muova perché ambisce a disciplinare i mercati finanziari, avendone il potere, e ritiene di saperlo fare.

 

Mica solo il governo. Anche il PD si straccia le vesti per l'italianità della Parmalat. Ed aspettate lo tsunami FIAT-Chrysler/Torino-Detroit.

PLF, occasionale interventore su nFA, ha scritto altrove un commento critico al post del sottoscritto. A beneficio dei lettori, visto che PLF pudicamente non lo posta, lo faccio io.
Lascio perdere le questioni su chi sono e di cosa sono esperto, non interessano nessuno se non PLF, e non ho alcuna intenzione di soddisfare la sua curiosità. Veniamo al punto, anzi due.
Il primo sostanzialmente dice: perchè Parmalat non compra già ora il latte all'estero, visto che costa meno? La storia della Parmalat, dei suoi insediamenti produttivi é strettamente intrecciata con la politica. Do you remember De Mita and Tanzi e gli stabilimenti irpini? Bondi é abile ma se avesse messo in discussione gli accordi interprofessionali, quelli che stabiliscono quantità ritirate e prezzo d'acquisto del latte, lo avrebbero fatto secco prima ancora di cominciare. Gli shareholders contano, ma in questo caso gli stakeholders, ancora di più. Se Lactalis arriva gli allevatori temono che il loro ruolo di stakeholder di maggioranza verrebbe messo in discussione: secondo me hanno ragione da vendere.
Il secondo punto é l'argomento italianità e reciprocità. Perchè, domanda PLF, non facciamo come i francesi: anche loro hanno posto dei limiti a cosa può essere acquistato da imprese straniere. Semplice, perchè non ci conviene. Chiarisco: non ci conviene come consumatori. Nei supermecati il litro di latte Parmalat e Granarolo, rigorosamente italiano, si paga 1,4-1,6 euro al litro. Quello di provenienza francese e austriaco, si trova sugli scaffali a ,80-,95 euro. Per prodotti perfettamente omogenei si tratta di differenze che non hanno alcuna ragione d'essere. O si riesce a far scomparire il latte foresto (e ci hanno provato), o si fa in modo che le quantità importate rimangano circoscritte, oppure ci si allinea: differenziali di questa ampiezza non sono destinati a permanere a lungo. I consumatori di latte sono italiani.
Noto di passaggio che anche i risparmiatori che hanno azioni Parmalat sono per la gran parte italiani, in gran parte ex obbligazionisti fregati dal cavaliere di collecchio. E questa mossa della reciprocità abbasserebbe il valore della loro ricchezza.

Quindi non capisco. Gli italiani, consumatori e risparmiatori, vedono la loro situazione peggiorare attraverso questa mossa dell'italianità.

Se però vogliamo fare come le bambine che, per imitare le mamme, fanno finta di bere il the e giochiamo a fare gli illuminati politici che governano, allora è chiaro che ci conviene parlare, e dichiarare che difendiamo tutto quello che c'é da difendere: italianità, occupazione, investimenti produttivi. Se non lo facessimo sarebbe difficile convincere il prossimo, sopratutto il prossimo che vota, della propria importanza, e quelli che sono beneficiati dal nostro intervento sapranno di quali nomi ricordarsi. Simple indeed. Basta chiarire quale é il punto di vista che si assume, io avevo preso a riferimento quello dei consumatori e dei risparmiatori, PLF un altro.

 

Grazie ne'elam.

Interessante l'articolo del dotto PLF nel quale io, che non sopporto i palloni quando sono auto-gonfiati, ho notato questa frasetta auto-incensante

 

e che personalmente mi ha visto qualche volta coinvolto in passato con sporadici interventi (quando si dicevano cose assurde, per dargli una mano)

 

Era Marx o era qualcun altro che parlava di "falsa coscienza"?

Come al solito, io che ho le mani sporche di terra e sabia ci capisco poco di tutta la faccenda, che peraltro ho seguito con poco interesse, perche; ci capivo ben poco. La cosa che mi incuriosisce di piu' e della quale vi chiedo una spiegazione terra-terra, diciamo a prova di giornalista, e' come sia stato possibile che la stessa azienda sia saltata per aria sotto il cavalier Tanzi e si trovi una bella scarriolata di euro a disposizione con Bondi. Si', so che il Cavaliere spendeva soldi in modo "curioso", prestando elicotteri a vari politici e comprando tour operator per dare un lavoro alla figlia disoccupata, ma se davvero e' bastato smettere di buttare via i soldi, quanti accidenti se ne e' mangiatil Cavaliere?

Seconda cosa che mi torna poco: i Francesi si vogliono comperare Parmalat, sia perche' e- un settore che per loro e' interessante, sia perche' vedono che tira se ben gestito, sia perche' ci sono dei bigliettoni sotto il materasso' Bene, Anzi ottimo, non ci lamentiamo che da noi non investe nessuno straniero? Forse hanno paura che i francesi la chiudano o che portino il lavoro fuori dall'Italia. Ottimo, se e' una cosa cosi' redditizia la lavorazione ed il commercio del latte, qualcuno si trovera' lo spazio per riaprire una gemella della Parmalat in Italia. O non funziona cosi'? Capisco perfettamente le assurdita' burocratiche cui deve sottostare un produttore o trasformatore di sostanze alimentari, assurdita' pensate per imprese di dimensioni grandi, per cui tutti i piccoli artigiani non riescono ad adeguarsi e devono chiudere. Ma dubito fortemente che il governo abbia interesse ad avere tante imprese piccole, che sono difficilmente controllabili e ricattabili, per cui ho difficolta' a capire perche', dopo avere scoraggiato l-esistenza di imprese piccole buttandogli addosso regolamenti da rispettare, adesso cerchino di aiutarle. Proprio non riesco a capire cosa diavolo gliene freghi al governo di salvare l-italianita' della Parmalat. Capisco le sinistrem che vogliono vendicarsi delle fregature prese in terre francofone dal loro sponsor con la Societe' Generale, ma il governo nonm i sembra molto in sintonia con De Benedetti. CHe gli frega se Parmalat va ai francesi?

Prendete questa mia richiesta di spiegazioni come una verifica di quello che avete capito voi: se riuscite a fare capire a me, vuol dire che siete veramente padroni della materia.

Grazie

 

 

penso ci siano due ragioni che si riducono a una :

aiutare gli amichetti che poi saranno riconoscenti

penso infatti sia più difficile spillare tangenti o piazzare attacchini in posti di comando se l'aziena non è italiana.

 

1) tanzi si sarà mangiato molto, ma truccare i conti è servito principalmente a finanziare la rapida espansione planetaria di una azienda poco redditizia, che produce quasi  commodities.  a un certo livello, conta molto di più il potere che da il controllo di una multinazionale, del reddito che ne ricavi. la cassa attuale deriva quasi tutta dalle revocatorie contro le banche, la redditività operativa non  è mica cambiata tanto, il settore è quello che è.

2) la logica del potere e del controllo, più che del reddito allo stesso modo spiega l'attivismo della politica: come ben spiegato da luzo48 e da altri, un' azienda di quelle dimensioni in mani italiane per intervento del governo, obbliga sì a pagare ai generosi capitalisti convocati per la missione qualche favore ( al politico non importa, mica son soldi suoi), però consente una rendita infinita, tipo gli accordi per il prezzo del latte a favore di una categoria elettoralmente importante, la scelta di dove investire eccecc. è quella che si chiama la mano morta della politica, la tendenza ad espandersi per auto alimentarsi.

se ti accontenti...

 

 

Il d.l. 25 marzo 2011, n. 26 è stato pubblicato sulla G.U. n. 70 del 26 marzo.

Nel preambolo si legge questo:

Ritenuta la straordinaria necessita' ed urgenza di garantire

l'ordinato svolgimento delle assemblee annuali previste dall'articolo

2364, secondo comma, e 2364-bis, secondo comma, del codice civile, in considerazione

della prima applicazione delle norme recate dal citato decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 27.

Il d. lgs. 27/2010 riguarda l'esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate, in particolare il diritto d'intervento in assemblea. 

E si vuole far credere che a distanza di più di un anno (il d. lgs. 27 è entrato in vigore il 20 marzo 2010!) le società quotate non sono riuscite ad attrezzarsi per svolgere le assemblee in modo ordinato? E che quindi è urgente provvedere?

Cialtroni!

Il governo ha autorizzato ieri
Giulio Tremonti a “predisporre
e attivare strumenti di finanzia-
mento e capitalizzazione, analo-
ghi a quelli in essere in altri Paesi
europei, strumenti mirati ad as-
sumere partecipazioni in socie-
tà di interesse nazionale rilevan-
te in termini di strategicità del
settore, di livelli occupazionali,
etc”. Poi, per non lasciare dubbi,
il comunicato finale del Consi-
glio dei ministri precisa che
“Parmalat è inclusa nella casisti-
ca di cui sopra”.

ho sentito parlando dell'argomento che la situazione finanziaria della Lactalis sia pessima con finanziamenti di natura rilevante a scadenza uno o due anni, e che di conseguenza l'acquisto di parmalat sia un'operazione di LBO. chi me lo ha detto ha trovato dei bilanci della Lactalis, avete idea di come si possano trovare dal momento che è una impresa a gestione famigliare? un LBO è fantascienza ?

 

la situazione finanziaria della Lactalis sia pessima con finanziamenti di natura rilevante a scadenza uno o due anni,

 

E chi lo sa? Comunque diffiderei di notizie incontrollabili. Secondo Philippe Escande de Les Echos

 

Lactalis, l’entreprise la plus secrète de France, celle qui ne publie aucun bilan officiel

 

Molto interessante la facenda, che potrebbe ricordare la sciagura aerea, trattandosi di una compagnia che si trovava defunta ed è stata resuscitata per consentire ai propri aerei di non farsi dirottare i propri passeggeri da Roma a Parigi (sic).

Ma, una precisione in merito alla facenda Alitalia: non c'entra proprio niente con il presente caso Parmalat.

Non voglio entrare in una comparazione ma la dinamica delle due aziende non è assolutamente comparabile.

Invece, per questa facenda del latte, ci siamo quasi...

Il tempismo (12 mesi per tirare su investitori italiani, quando la consulenza la fa Intesa, che sicuramente gode di un indice di gradimento straordinario, data la bella inciappettata che si sono presa i salvatori della cordata, non è cosi male...) non è il parametro più strano.

Sarebbe una casistica da manuale fare il bench mark dei mercati del latte della C.E, Francia e Italia.

L'esame dell'intera filiera, fino al consumo locale con QTA e prezzi al litro, mentre, galvanizzati dal prezzo assurdo al litro, gli allevatori italiani hanno pensato bene investire nell'operazione "latte fresco sfuso", che sta solo a confermare diverse cose:

  • la pastorizzazione del latte che era stata introdotta per evitare problemi igieno sanitari, non è più indispensabile oggi? 
  • il prezzo al pubblico confrontato nei due paesi concorrenti rivela problemi di produttività?
  • un mercato cosi aperto e un azienda cosi "florida" sono i veri motivi dell'interesse altrui. Se non si vuole lasciare i gioelli in preda a ben informati investitori, bisogna rendere i medesimi meno attrattivi e sopratutto meno vulnerabili (contrariamente a quanto tanto sbandierato dal commevcialista di sua maestà, non con intervento politico che fa un pò meno liberal dello slogan permanente del partito di riferimento eh...) sfruttando le proprie risorse e competenze
  • il richiedente dell'indagine per aggiotaggio è senz'altro LACTALIS... dato che deve sganciare lei, il minimo che devono fare i suoi manager è salvare il periodo dei saldi, evitando che le etichette siano cambiate al momento di passare alla cassa.
  • I Francesi faranno ricorso presso la corte Europea e come minimo chiederanno l'innasprimento delle multe per le quote latte: scherziamo? scopriamo che, alla fine di tutto sto ambaradam, non me ne voglia il ns amico agricoltore, paghiamo due volte il lavoro dei casaefici italiani, una volta con una differenza del 30-40% al litro (in confronto ai prezzi stranieri) e poi con le ns tasse (multe pagate o non, poco importa).

francamente, spiegatelo ai padri di famiglia che il costo del latte è giusto cosi...

 

http://www.repubblica.it/economia/2011/04/26/news/lactalis_parmalat-15383238/

Nella tarda mattinata, inoltre, sono arrivate le dichiarazioni del presidente francese Sarkozy e del premier Berlusconi in occasione del vertice Italia-Francia. Berlusconi ha premesso di essere favorevole al libero mercato e di non considerare ostile l'opa di Lactalis ed anzi di auspicare una cordata italiana che includa il gruppo francese. "Le esportazioni italiane in Francia sono superiori a quelle francesi in Italia", ha aggiunto poi il presidente del consiglio. "E' quindi sulla base di questa realtà che noi dobbiamo guardare ai fenomeni che il mercato ci propone. E' dunque auspicio comune mirare a creare grandi gruppi internazionali italo-francesi e franco-italiani che possano stare bene dentro la competizione globale".

Ma SB è stato fulminato sulla via di Damasco, si è reso conto che la battaglia è persa e cerca di salvare almeno la faccia, o è il "prezzo" che paga alla rinnovata amicizia italo-francese su immigrazione e Schengen?

Almeno, questa volta il risultato finale degli italici rivolgimenti sembra essere nella direzione giusta, anche se l'auspicio di una cordata mista mi ricorda un poco Alitalia ...

Hai ragione, fulminazione a parte, come spesso accade, il premier non ne azzeca una di giusta e comunque sa benissimo che una dichiarazione di comodo in pieno summit franco-Italiano non ha nessun valore impegnativo definitivo: si può tranquillamente rimangiare la parola senza rischiare niente di grave. Un pò di confusione con i colleghi francesi non costa nulla, se permette di temporeggiare a favore delle italiche aziende in cerca di una soluzione redittizia, ben venga.

Non credo neanche una parola del premier circa i suoi auspici. Anzi, la sua visione di gruppi franco-italiani nella liberalisazione dei mercati internazionali è una scemenza. Non per niente il potere decisionale viene assunto da chi possiede (semplificando) 51% del diritto di voto.

Basta verificare le utlime facende aziendali per rendersene conto (Generali ecc...).

Comunque, la notizia a questo punto è che non abbia fatto le corna a nessuno, ne abbia fatto complimenti scomposti a signore presenti ecc...

 

 

Comunque, la notizia a questo punto è che non abbia fatto le corna a nessuno, ne abbia fatto complimenti scomposti a signore presenti ecc...

 

Aspettiamo che la delegazione francese sia almeno decollata per dirlo ...