Ancora su pubblico e privato.

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Questa volta il mercato del lavoro. Con una domanda a chi potrebbe cambiare le cose. Perché il mercato di lavoro, in Italia, è così diverso tra il pubblico e il privato?

Secondo il Capo di Stato maggiore dell'Aeronautica, l'Italia ha 30/35 mila marescialli in esubero. Costerebbe meno, dice l'ufficiale, e non indebolirebbe la difesa del patrio suolo, dargli lo stipendio perché stiano a casa a girarsi i pollicioni. Chi ha fatto il militare e li ha visti all'opera, i marescialli, concorderà senz'altro; gli ingenui, come il sottoscritto, rimarranno però leggermente sbigottiti dal numero: 35 mila? Lo 0.1% della forza lavoro italiana? Tanti eh? L'informazione viene da Emilio Pierini, in una lettera sulla Voce che riferisce al sito del Senato (l'ho cercato per cinque minuti, senza trovare la fonte, e ho rinunciato, fidandomi di EP).

Continuo il preambolo riportando l'esperienza di mio cognato, che da tenente colonnello nell'esercito inglese è stato licenziato (insieme a molti altri), perché era, appunto, in esubero.

E vengo all mia domanda. Perché il mercato di lavoro, in Italia, è così diverso tra il pubblico e il privato?

Litigano a gran voce, gli efficientisti e i sindacalisti, sulle riforme delmercato del lavoro: ma proviamo a fare questa propostina:

 

"i diritti dei lavoratori privati non si toccano, e i diritti dei lavoratori del settore pubblico diventano uguali ed identici a quelli del settore privato (che, come detto sopra, non si toccano)".

 

Per farlo bisognerebbe eliminare il secondo comma dell'articolo 2077 del codice civile, ma non vedo altre difficoltà legali.

Immaginate il casino. I dipendenti pubblici, e non solo i fannulloni di Pietro Ichino, protesterebbero come matti. No surprise here. Ma i dipendenti privati e i loro sindacati che direbbero mai? Non ci pensano mai, la notte, i metalmeccanici, loro che devono sempre preoccuparsi della spada di damocle della cassa integrazione, che il giardiniere comunale, assunto a 18 anni, ha lo stipendio garantito per 520 mensilità (non scordate le 40 tredicesime), e poi la pensione finché campa? Ah, e niente trasferimenti, anche se il parco per cui è stato assunto viene asfaltato e trasformato in parcheggio o aeroporto? E c'è un altro bel parco cinque chilometri piu in là? Non hanno mai una briciolina di invidietta? E non pensano mai, i metalmeccanici, che parte delle loro sudate tasse servono solo a tener calde 35 mila sedie con i deretani di altrettanti marescialli? 35 mila. Mai? Really? Mai mai mai mai mai?

Quando, in UK, l'esercito riceve meno soldi dal contribuente, i generali sbuffano, ma poi smobilitano reggimenti centenari. Lo stesso avviene altrove nel settore pubblico: se si chiude un ospedale, i dipendenti sono licenziati, se due polizie provinciali si accorpano, i posti di lavoro si riducono. Esattamente come nel settore privato: se la BMW chiude un impianto gli operai devono cercare un altro lavoro. Ci sono, certo, scioperi e picchetti e proteste e contrattazioni e interpellanze parlamentari, e il datore di lavoro offre vari pre-pensionamenti e altri zuccherini per limitare la tensione e così via. E ciò non mi sembra poi così diverso da quello che succede in Italia nel settore privato: forse in Italia c'è più protezione; non so in Amerika, ma qui non si scherza come regole e rigidità, diritti dei lavoratori, e risarcimenti danni, e tribunali del lavoro, in media fortemente a favore dei lavoratori. Non dico che sia giusto o sbagliato (se volete proprio la mia opinione vi dirò che lo trovo più giusto che sbagliato), dico questo: c'è poca differenza tra dipendenti pubblici e privati in UK e dipendenti privati in Italia. Naturalmente, nel settore pubblico (alcuni) dipendenti hanno più potere contrattuale, e lo usano lo usano.

Idem per le assunzioni: la Luxottica mica fa concorsi con tutte le manfrine delle buste chiuse e degli anonimati, con verbali infiniti e inutili, con le graduatorie in cui chi ha sei figli o è unico nipote maschio di nonna materna vedova (non scherzo) riceve punti in più: mette un annuncio sul giornale e/o su internet (non la gazzetta ufficiale, in che secolo viviamo?), fa una short list, chiede lettere di reference (che restano in archivio così chi scrive scemenze lascia le prove), fa un colloquio, in cui "come interagisce con i colleghi" è una domanda pertinente, esattamente come la mia scuola media locale.

Il mercato del lavoro in italia è duale, con una parte dei lavoratori (quelli pubblici) superprotetti, un'altra (quelli privati) meno protetti (in media, poi ci sono quelli sprotetti totalmente, ma quello e' un altro discorso ancora). Da economisti possiamo pensare alle conseguenze. Ne vedo subito un paio, oltre al moral hazard che è ovvio: adverse selection and rent-seeking. Traduco (in italiano e linguaggio non tecnico).

Il moral hazard è il fatto che se so di non poter essere licenziato, ho poco incentivo a rendermi indispensabile al mio datore di lavoro. Quindi lavorerò meno sodo che se fossi più incerto. Ciò ha un costo in termini di efficienza (ma questa è una conseguenza della rigidità, non della differenza in rigidità).

Adverse selection. Se so di essere un lavoratore poco capace/bravo/motivato/sano/etc preferisco lavorare da un datore di lavoro che magari mi paga meno, ma che mi assicura 520 buste paga, piuttosto che uno che mi premia se sono bravo e mi punisce se non lo sono. Ne segue, che, a parità di altre variabili, il settore pubblico finisce per attrarre lavoratori meno capaci/bravi/motivati/sani/etc della media e del settore privato: questo è un detrimento per il servizio pubblico, e dal punto di efficienza implica che alcuni lavoratori abbiano un posto non adatto alle loro abilità-qualifiche ma solo alle loro preferenze "fa-nulloniche", inutilmente incentivate dalla super-protezione pubblica.

Rent-seeking. Il posto pubblico è come un terno al lotto. Vincerlo ha valore ben superiore ai costi che si incorrono. Perciò se si può si cerca di fare attività che rendano più facile vincerlo. Alcune di queste attività, come il pagamento immediato di contante ai commissari di concorso, non avrebbero effetti di efficienza di per se, ma, essendo apertamente illegali, sono meno frequenti; altre, invece, come le decisioni che si prendono una volta che si ha il posto e che sono diverse da quelle che si prenderebbero se non ci si dovesse sdebitare con chi ci ha fatto vincere il concorso, hanno un costo sociale superiore al beneficio del ricevente, e quindi creano inefficienze. Siccome il beneficio è più alto per lavoratori meno capaci/bravi/motivati/sani/etc, saranno proprio questi ultimi a fare più rent-seeking. La magistratura può fare pochino, se gli incentivi restano tali, la gente risponderà agli incentivi.

Quindi, da un punto di vista sociale, il mercato del lavoro così duale tra publico e privato come in Italia, è inefficiente. Non è nemmeno ovvio che questa perdita di efficienza sia compensata da una maggiore equità, perché se è vero che quelli che occupano i posti pubblici sono meno capaci della media e pertanto più meritevoli di assistenza, questo aumento di benessere sociale è ridotto dal fatto che chi riceve le bustarelle o i favori non è ncessariamente più meritevole della media. E dal fatto che chi deve ricevere servizi non li riceve, e paga lo stesso.

Questi effetti non sono dati dalla rigidità del mercato del lavoro in generale ma dalla differenza tra settore pubblico e settore privato; date le preferenze di una nazione per un livello di rigidità nel mercato del lavoro, è subottimale avere livelli di rigidità così diversi nei vari settori. Forse, una campagna intelligente in cui si dice "i lavoratori pubblici fino ad oggi sono stati protetti più del necessario, a scapito sia dell'efficienza, sia dei lavoratori privati, da oggi in poi mettiamo i due mercati del lavoro allo stesso livello" potrebbe anche ottenere un po' di consenso, in parlamento e in alcune parti di società privata, da poter essere introdotta.

Ma chi la direbbe mai una tal semplice verità? Il cavaliere bianco? Un sindacalista intelligente? Forse Luciano Lama avrebbe potuto dirlo, ma oggi?

 

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Commenti

Ci sono 14 commenti

sinceramente mi risulta difficile immaginare epifani, anegeletti e bonanni che abbandonano le rispettive strutture di categoria in nome della disparita' pubblico/privato. o rinaldini che guida la fronda della FIOM contro i parassiti della CGIL-FP.

e non soltanto perche' i succitati non siano proprio un buon esempio di "sindacalisti intelligenti".

la forza e la specificita' delle confederazioni sindacali italiane e' la loro coesione across categorie differenti: sindacati di base pochi e molto uniti, non migliaia (come ad esempio in Francia), e strutture estremamente centralizzata. tra l'altro, il peso dei lavoratori del settore pubblico all'interno delle confederazioni e' tutt'altro che marginale (per la CGIL, circa il 10% degli iscritti).

in questo contesto, quali incentivi potrebbero spingere un "sindacalista intelligente" a farsi portavoce della battaglia contro il dualismo del mercato del lavoro italiano? provare a ripetere il 17 febbrario di luciano lama?

 

Da cosa evince che ai lavoratori nel settore pubblico siano garantiti più diritti rispetto ai lavoratori nel settore privato? Quale articolo del codice civile afferma questo principio? E il comma 2077 da lei citato, che cosa centra? Ad esempio, potrebbe sapere che oggi la maggioranza dei lavoratori nel settore pubblico sono assunti con  contratti a termine, così come nel settore privato.  

Una provocazione: la sua, come quelle di altri economisti in questo dibattito pubblico/privato, mi sembra tanto una posizione ideologica (per carità, nessun problema sulle posizioni ideologiche). Quale modello teorico sostiene che un'azienda pubblica debba funzionare necessariamente peggio di una privata?  Quanto all'evidenza empirica, va bene l'evidenza aneddotica, ma analisi un pò più sistematiche? E poi, sugli aneddoti, ma quante aziende private sono piene di lavoratori demotivati, stanchi, fannulloni e promossi per anzianità...io avrei diversi esempi.

 

 

  

 

Gianni, una domanda: perché se un datore di lavoro "incapace" - per usare una parola tanto cara a Ichino & Co.-  si impegna ad assumermi a tempo indeterminato e ad un certo punto si accorge che non ha nulla da farmi fare dovrei essere licenziato? L'errore è tutto suo, non ti pare? 

Però, se non ho capito male, è proprio quello che tu auspichi.

Se l'esercito italiano sovrastima il fabbisogno di caporali non dovremmo forse mandare a casa il ministrodelladifesa o chi per lui?

Francamente questa parte del tuo discorso mi lascia un po' perplesso. Mi piacerebbe se potessi spiegarti meglio.

 

 

 

 

 

 

Le stime sul personale non possono sempre essere corrette, e la questione è cosa fare quando si ottiene nuova informazione che richiede un cambiamento negli organici.

Dopo la fine della guerra fredda gli amerikani hanno chiuso diverse basi e ridotto il numero di militari. Questo non significa che chi aveva assunto quei militari al tempo della guerra fredda fosse un incapace. Semplicemente, si era realizzata una nuova situazione geopolitica, che era impossibile prevedere nei dettagli 10 o vent'anni prima.

Allo stesso modo, se il comune assume un certo numero di spazzini per pulire con la ramazza e poi il progresso tecnologico inventa macchine per pulire molto più efficienti, allora il numero ottimo di spazzini diminuisce. Di nuovo, non c'è stata incapacità, semplicemente non è possibile prevedere tutte le contingenze possibili e in particolare l'evoluzione del progresso tecnico. Imporre che un qualunque impiego, sia nel settore pubblico sia in quello privato, debba durare comunque a vita è non solo irrealistico ma pericoloso. Da un lato ingessa la società, imponendo la conservazione di tecnologie inefficienti o di mestieri resi inutili, e dall'altro scoraggia i datori di lavoro dall'assumere.

Sia come sia, la questione se punire i datori di lavoro che sbagliano nell'assumere oppure no esula dal tema del post. Il punto di Gianni è diverso. Dice semplicemente: perché mai dovremmo trattare diversamente i lavoratori del settore pubblico da quelli del settore privato? Questa è la domanda a cui rispondere. Io, francamente, non vedo nessuna buona ragione.

 

 

Non sono Gianni, ma ci provo io a rispondere.

C'e' una risposta ovvia, che utilizza la stessa logica del tuo paradosso e lo rovescia. Ossia, perche' un lavoratore "incapace" che accetta un contratto di lavoro con un'azienda nella quale poi non ha nulla da fare dovrebbe essere premiato per lo sbaglio che ha fatto e continuare ad essere pagato? Se era meno incapace, si sceglieva un posto di lavoro utile invece che uno inutile. Come nel caso del divorzio, quando due si sposano tendono ad essere convinti che staranno assieme per sempre ... pero' poi scoprono che si sono sbagliati (entrambi), che le circostanze son cambiate, eccetera, e che il contratto va rescisso. Se possono divorziare (sia consensualmente che unilateralmente) marito e moglie, perche' non possono divorziare azienda ed impiegato?

Piu' in generale: e' la nozione di contratto di lavoro a tempo "indeterminato" che e' insensata, perche' nessun contratto fra due parti puo' essere a tempo indeterminato in senso stretto. Altrimenti e' una schiavitú. Il contratto serve per formalizzare il fatto che X ed Y hanno una cosa da fare assieme e che X da a Y $$$ in cambio di ore di lavoro. Nessuno dei due e' magico ed onniscente: la cosa che fanno assieme e' utile oggi (ed X pensa che Y e' capace di farla) ma puo' essere che non sia piu' utile domani perche' il mondo cambia, o perche' Y smette di essere capace di farla, gli passa la voglia, oppure e' davvero imbranato ha mentito e non la sa fare. L'elenco di ragioni e' ovviamente infinito. Quindi e' ragionevole offrire la possibilita' di rescindere il contratto a fronte delle nuove circostanze. Nota che spesso la rescissione del contratto implica penali per l'una o l'altra parte, il che va benissimo: basta che i due si mettano d'accordo dall'inizio sulle penali da pagare ed in che caso le devono pagare, e fine della fiera.

Anche perche', nel settore privato, l'imprenditore "incapace" viene punito dal mercato in maniera molto semplice ma effettiva: fallendo e perdendo il suo investimento. Infatti, cio' che succede quando si impone all'imprenditore incapace di mantenere occupato il lavoratore incapace pagandolo anche se fa nulla o fa cose inutili e' che i veri puniti sono quelli che pagano le tasse. Perche' il sindacato impone allo stato di pagare una prebenda, altrimenti nota come sussidio, all'imprenditore incapace (per esempio, FIAT con i suoi belli esuberi pagati dal sistema di pensioni, ovvero dai contributi di chi continua a lavorare) il quale riceve soldi dalle tasse dei "non incapaci" per pagare se stesso ed i lavoratori "incapaci" mentre fanno l'assoluto nulla. Questa e', ovviamente, l'implicazione logica del mantenere il posto di lavoro finto per chi o non fa nulla o fa cose non utili: che qualcun altro che lavora e fa cose utili e' costretto a lavorare di piu' e ricevere di meno per mantenere gli incapaci.

Il tutto, ovviamente, si applica anche al caso dei sergenti e dei marescialli. Se il ministro della difesa fa le previsioni sbagliate, si tratta di renderlo pubblico e suggerire agli elettori di punirlo non votandolo. Nel contempo, poiche' anch'essi hanno fatto la scelta sbagliata e mantenerli a fare il nulla piu' assoluto (qualcosa fanno: chiunque abbia fatto il militare sa cosa fanno i marescialli, si portano a casa le forme di grana, la benzina, l'olio, la pasta, le risme di carta, le camicie e gli scarponi da rivendere al vicinato ... ossia, rubano) costringe qualcuno che fa un lavoro utile a lavorare di piu' e ricevere di meno, e' bene mandare a casa marescialli e tenenti in esubero. Cosi' la prossima volta, assieme a familiari ed amici tutti, votano contro il politico incapace e stanno piu' attenti sia ad eleggere parlamentari incapaci che a credere alle loro promesse. Due piccioni con una pietra.

 

 

Sembra che i super-privilegiati parassiti siano molti di piu' di quanto io stimavo nel commento precedente. Guarda caso, ho incontrato sull'International Herald Tribune un articolo (la fimataria del quale sembra essere giornalista italiana) in cui qualcuno ha fatto i conti dello scandaloso spreco piu' accuratamente di me. I numeri fanno rabbrividire persino uno come me.

L'articolo contiene una serie di dati relativi al trattamento economico dei

parlamentari italiani e li compara con i loro omologhi

europei. I legislatori italiani ricevono un assegno mensile di circa

16.000 euro (pari a 21.000 dollari, precisa l'articolista) a fronte dei

circa 7.000 euro (scarsi) percepiti da un membro dell'Assemblea

nazionale francese o dei 5.000 di un deputato svedese. Inoltre, le

remunerazioni molto elevate non riguardano soltanto i 945 membri delle

due Camere, i 78 deputati italiani al Parlamento europeo (gli spagnoli, il cui reddito pro-capite e' oramai pari al nostro, guadagnano tra un quarto ed un quinto, gli altri pure son tutti dietro, i lituani guadagnano un decimo) e i

rappresentanti delle amministrazioni locali ai vari livelli (regionale,

provinciale e municipale) ma anche un esercito di loro collaboratori, altrimenti noti come portaborse, amanti, e similia.

Non mi sorprende. Durante le vacanze invernali ho scoperto che a Venezia, una citta' di 270mila abitanti, il comune ha creato delle "municipalita'", credo siano 5 o 6, ognuna delle quali ha una specie di "minisindaco" (lautamente stipendiato a circa 3000 euro netti al mese) e vari "assessori" e consiglieri, anch'essi lautamente stipendiati, e con segretarie ed assistenti. Ovviamente, sono tutti imbucati dei partiti, dementi vari (si da il caso che alcuni li conosco, e non so come altro definire gente con IQ palesemente in due cifre) e portaborse della peggior specie. In una cittadina di meno di 300mila persone, la sola amministrazione comunale spreca stipendi su almeno un centinaio di inutili "amministratori" (oltre ai membri del consiglio comunale e della giunta "ufficiali") che non sono in realta' altro che dei parassiti. Se lo rapportate a scala nazionale (in Italia ci sono circa 60 milioni di persone ed il comune medio e' piu' piccolo di quello di Venezia) ottenete 20mila parassiti solo dalle amministrazioni comunali. Parassiti puri, per cosi' dire, perche' non servono assolutamente a nulla. Cosa devono amministrare costoro? Nulla, visto che alcuni gestiscono un territorio i cui abitanti corrispondono, piu' o meno, a una decina di palazzi di Manhattan. Insomma, amministratori condominiali che il popolo paga a botte di 3000 euro al mese!

L'articolo dell'IHT,

che si basa sui dati contenuti nel libro 'Il costo della

democrazia' dei parlamentari Cesare Salvi e Massimo Villone, indica in

quasi 150.000 il numero dei dipendenti statali che lavorano nel settore

legislativo pubblico, ma tale numero sale a circa 450.000 se si

comprendono anche i collaboratori e consulenti collegati a diverso

titolo ai parlamentari. Tutti costoro rappresentano per lo stato una

spesa di circa 2 miliardi di euro.

Meditate, gente, meditate.

 

 

Effettivamente il mercato del lavoro pubblico-privato è molto diverso. Perchè non introdurre anche nel settore pubblico ammortizzatori sociali ampiamente utilizzati nel settore privato? Ad esempio la Cassa Integrazione Guadagni.

Nell'esempio di Gianni, il giardiniere assunto per curare l'aiuola nel fattempo diventata parcheggio asfaltato, che venga messo in CIG, magari anche straordinaria, per 2 anni. L'amministrazione pubblica nel suo complesso comincia a risparmiare qualcosa (straordinari,indennità, piccola riduzione della retribuzione), e magari il lavoratore si ingegna per trovare una attività alternativa.

Stabilire la possibilità di trasferimenti di funzioni (magari nell'ambito del territorio provinciale, ma anche tra diversi Enti territoriali) potrebbe essere considerato accettabile anche dai Sindacati.

 

Visto che siamo fuori tema nella discussione, vorrei far notare un bell'articolo di Roberto Perotti dal Sole in cui discute del triste stato delle procedure di  nomina nelle authorities pubbliche, l'anti-trust nel caso specifico. E' qui .