Amato bis sulla patrimoniale. Una traduzione.

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Nel Sole 24 Ore di oggi Giuliano Amato interviene nuovamente sulla patrimoniale, chiarendoci il suo pensiero. Ci pare opportuno offrire una traduzione che completi definitivamente l'opera di chiarificazione.

Questa traduzione ha bisogno che si racconti la storia antecedente. Come i lettori più attenti ricorderanno, Amato era intervenuto lo scorso dicembre per proporre un'imposta patrimoniale. All'alba dei 73 anni Amato ha deciso, a quanto pare, di diventare paladino dei giovani. In quella intervista infatti ci disse:

 

Sono ormai pochi quelli che si rifiutano di capire che la protesta giovanile non è una protesta contro la riforma universitaria, ma contro una situazione generale nella quale le vecchie generazioni hanno mangiato il futuro delle nuove. E questa frase la diciamo quasi con la stessa voracità con la quale ci siamo mangiati il futuro di chi sta arrivando. Purtroppo sono pochi anche coloro che avanzano una concreta proposta per restituire il futuro.

 

E sì, son pochi infatti. Meno male che ci pensa lui, Giuliano Amato, a fare le proposte concrete. Eccola qua, la sua proposta.

 

Se è vero che il debito pubblico è la strozza più soffocante sul collo dei nostri giovani, sarebbe responsabilità delle nostre generazioni che quel debito l' hanno creato non lasciarlo in eredità ai giovani, almeno non in questa devastante misura. Il debito è di 30 mila euro a italiano: liberarci di un terzo di esso già lo ricondurrebbe a dimensioni governabili, sotto l' 80%, quindi fuori dalla zona a rischio; significherebbe pagare 10 mila euro a italiano. Ma siccome gli italiani non sono tutti uguali, potremmo mettere la riduzione a carico di un terzo degli italiani. A quel punto sarebbero 30 mila euro per un terzo degli italiani, magari in due anni. Secondo me è sopportabile. Certo, al solo accennarne ho già ricevuto email nelle quali la definizione che si dà di me è irriferibile.

 

Pure Veltroni e Capaldo, anche loro terribilmente preoccupati per i giovani, hanno dato man forte all'Amato. Abbiam già parlato di questo, qui e qui, e non è il caso di ripetere. Ricordiamo però che, secondo i dati della Banca d'Italia (Tav. E1 pag 72), nel 30% più ricco rientrano tutti quelli che hanno una ricchezza superiore a 260.000 euro. Potete iniziare a chiedervi con certa inquietudine ''ma quanto vale il mio appartamento?''. Comunque non c'è da preoccuparsi, nella sua immensa umanità l'Amato vi farà pagare in due anni. Magari tre, se fate i bravi.

Fine dell'introduzione. Ora passiamo alla traduzione vera e propria dell'ultima fatica del nostro simpatico ex ministro.

 

Vorrei occuparmi d'altro questa volta, e in particolare di Egitto (e non solo), pensando alla conclusione della mia ultima «Lettera» su queste colonne, dove mi chiedevo se la rivoluzione tunisina non fosse l'alba di un nuovo giorno per l'intero mondo arabo. Ma non posso non tornare sull'idea di un'imposta una tantum volta a dare un colpo drastico al debito pubblico, perché devo esporre ai lettori le mie valutazioni sul profluvio di dichiarazioni, articoli, anatemi e scongiuri che si è scatenato attorno ad essa, dopo che proprio io l'avevo avanzata.

 

[Trad.] Vorrei parlar d'altro perché so di aver fatto una figuraccia, ma oramai la frittata è fatta e devo difendermi.

 

La mia prima impressione è stata quella di trovarmi nella stessa situazione del protagonista di una vecchia storiella napoletana. C'era stato un bombardamento che aveva fatto crollare l'intera facciata di un palazzo e dalla strada i vigili del fuoco videro al secondo piano un anziano signore seduto, attonito e perplesso, sulla tazza del bagno. Gli chiesero come si sentiva e quello rispose: «Aggio tirato la catenella dell'acqua e boom...». Più o meno è quello che è successo a me. Io non ho mai articolato una proposta, tanto meno la proposta di una patrimoniale, ma ho invitato tutti noi a valutare con pragmatico realismo la situazione in cui ci troviamo.

 

[Trad.] Hai presente la storiella di quello che lancia il sasso e poi ritira la mano? Ecco, lo faccio anch'io. Patrimoniale? Io? Ma per carità. Adesso vi spiego.

Abbiamo un debito molto elevato, siamo per questo in una permanente situazione di pericolo su mercati finanziari sempre più difficili, come minimo rischiamo di veder crescere la nostra spesa per interessi, e per pagarli senza aumentare il debito totale riduciamo tutto il resto senza avere mai margini adeguati per le cose che riteniamo necessarie, come la riduzione dell'Irap o la defiscalizzazione degli investimenti nel Sud oppure il ricambio di un personale pubblico sempre più invecchiato anche nei servizi di ordine e di sicurezza. Valutiamo se ci conviene questa lenta agonia o se non è meglio usare un po' della ricchezza dei più ricchi (in modi e forme su cui non sono mai entrato) per abbassare il debito e recuperare quei margini.

[Trad.] La mia idea è semplice. Al momento non abbiamo margini per ridurre le tasse, tipo Irap. Come recuperiamo il margine? Semplice, alzando le tasse. Sono o non sono il dottor Sottile?

 

Era una proposta di discussione, ha dato il via, salvo rare voci ispirate dalla ragione, a una kermesse nutrita di aggressività e costruita su stereotipi ideologici branditi al solo scopo di suscitare reazioni spaventate e ostili. Né sono mancati, com'è normale in questa Italia rissosa, il dileggio personale e gli excursus biografici volti a confermare che il vecchio Dracula è ancora malauguratamente fra noi.

 

[Trad.] Chissà perché qualcuno si è ricordato che negli anni 80, quando si accumulava debito pubblico a ritmi di deficit 10% del PIL annui, io facevo il parlamentare craxiano, il consigliere del principe e poi pure il ministro del Tesoro. E altri hanno perfino tirato fuori quella storia dell'improvviso prelievo sui conti bancari. Dico, cosa sta succedendo a questo paese? Una volta ai politici nessuno si permetteva di ricordare le malefatte passate.

 

Certo si è che si è agitato e si continua ad agitare il fantasma di una patrimoniale che nessuno (a prescindere anche da me) ha chiesto di istituire, lo si è fatto come se la cornice non fosse quella del debito che abbiamo addosso, ma come se qualcuno si fosse svegliato una mattina nella florida Svizzera e avesse detto agli svizzeri che voleva portargli via il patrimonio, si è attribuita infine la sollevazione del problema agli incoercibili istinti della sinistra. Mentre dovremmo saperlo tutti che fu la destra di Quintino Sella e di Luigi Menabrea a tassare i neo-italiani per ridurre il debito di allora, che altrettanto fecero gli stati membri della federazione statunitense negli stessi anni e che più di recente fu Margaret Tatchter a volere la famosa poll tax.

 

[Trad.] Dunque, dicevo, io in realtà mica ho detto che voglio mettere una patrimoniale, ho solo detto che voglio tassare chi è ricco, ossia ha un patrimonio. Chiara la differenza? No? Fa niente, voi non siete sottili.

Ma anche se l'avessi detto (che non l'ho detto, eh) comunque non ci sarebbe mica nulla di male. Non è neanche una roba di sinistra, l'ha fatta anche la Tatchter [Nota del traduttore: in realtà si scrive Thatcher; sarà stato errore del correttore di bozze o dell'acuto intellettuale?]

Mi spiace che nel mio paese prevalga tanta folcloristica acrimonia nella trattazione dei problemi comuni. Ma ciò che mi preoccupa è che possa condividerla e rimanerne prigioniero chi ci governa, quando è bene che da parte sua, ferme restando le più che legittime preferenze legate ai suoi principi e valori, rimanga tuttavia il pragmatismo necessario a non precludersi ciò che a un certo punto potrebbe risultare inevitabile. Tutti ricordano il read my lips (leggi le mie labbra) con cui Bush padre, durante la Convenzione repubblicana del 1988 che lo candidò alla presidenza degli Stati Uniti, rispose alla domanda se avrebbe mai aumentato le tasse. Le sue labbra dissero che non lo avrebbe mai fatto, la promessa contribuì certo alla sua elezione, ma poi, per ridurre il debito pubblico, fu costretto a farlo e questo gli costò non poco.

[Trad.] Mi dispiace che questa volta mi abbiano trattato come merito. Ma tanto, vedrete, siccome nessuno ha le palle per ridurre la spesa alla fine le tasse le alzeranno. Mi spiace solo che non sarò io.

 

Da questo punto di vista, ho trovato peraltro incoraggiante la lettera firmata dal nostro presidente del Consiglio per il Corriere della Sera di lunedì scorso. In essa si esprime certo una comprensibile ostilità per qualunque imposizione straordinaria, ma si dice con forza che occorre sfuggire al dilemma fra la necessità di prevederla e la caduta in una gestione restrittiva e senza prospettive del bilancio pubblico, imboccando a tal fine la strada di una crescita una buona volta vigorosa.

Qui c'è un serio ragionamento economico, perché per far scendere il peso del debito sul Pil è importante ridurre il debito, ma è ancora più importante far crescere il Pil. Solo Dracula potrebbe dichiararsi pregiudizialmente contrario, mentre chiunque altro vorrà sottoporre il ragionamento a una prova di fattibilità. E l'auspicio è che la prova sia superata, come scrive Marco Deaglio (La Stampa del 1° febbraio) e come lascia intendere lo stesso Vincenzo Visco (Il Sole 24 Ore del 4 febbraio), che ritiene poco o nulla percorribile la strada dell'imposizione straordinaria.

Il fatto si è, però, che riportare l'economia italiana a una crescita sostenuta è tutt'altro che semplice e al di là dei cambiamenti simbolici come l'introduzione di un afflato più liberale nell'articolo 41 della Costituzione, si rischia di ritrovarsi davanti gli ostacoli che si vogliono invece evitare. A parte le liberalizzazioni non fatte (ma in Parlamento pende una riforma delle professioni legali che va in direzione diametralmente opposta), il problema principale delle imprese è oggi quello delle risorse finanziarie per investire e raggiungere i loro possibili mercati. E in questa fase di adattamento delle banche ai più rigidi requisiti di Basilea 3, averne dalle stesse banche è sempre più difficile e sempre più costoso. Servirebbe allora ridurre l'imposizione fiscale e contributiva e agevolare gli investimenti in ricerca e quelli nel Mezzogiorno in misura non simbolica. La situazione del bilancio ci offre i margini per farlo?
Per non parlare dell'unica riforma nella quale siamo tenuti impegnati da tempo, quella del federalismo. Essa è meritoria nell'ancoraggio ai costi standard di larga parte della spesa pubblica, ma ci si chiede se lo è altrettanto nella allocazione delle prerogative tributarie fra i vari enti di governo. Sono in molti infatti a temere che ne esca una lievitazione della pressione fiscale complessiva e forse chi si è speso tanto generosamente contro l'ipotetica patrimoniale avrebbe qui un tema più concreto per il suo impegno.

Insomma, siamo tutti per la crescita e nessuno ha voglia di mettere le mani nelle tasche degli italiani più di quanto già si stia massicciamente facendo. Ma il consiglio per chi guida è di avere la vista lunga e di non escludere nulla che possa servire domani a evitare che gli italiani, o la maggioranza di loro, un domani non l'abbiano più.

 

[Trad.] Cianciare della crescita non serve proprio a nulla, visto che si sta facendo tutto il contrario di quello che serve per favorirla. Me ne sono accorto pure io, ed è l'unica cosa sensata che metto in questo articolo.

Quindi, cari miei, bisogna ''avere la vista lunga e di non escludere nulla che possa servire domani a evitare che gli italiani, o la maggioranza di loro, un domani non l'abbiano più''. Ma che vorrà dire, vi chiederete voi. E lì si vede quanto poco siete sottili. Non ve lo dico ma fornisco una traccia: comincia con ''pat'' e finisce in ''niale''. Ma non l'ho detto io, eh?

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Commenti

Ci sono 51 commenti

Ricordo che 30000 euro per italiano sono 78000 euro per famiglia (2.63 membri come Aldo Lanfranconi ci ha detto).

PS Quintino Sella tassò gli italiani per ridurre il deficit non il debito. Il deficit al suo massimo (1866) era del 2.8% del PIL. La pressione fiscale era l'8.60% del PIL. Altri tempi

Basta essere in tre per pagare 90.000 euro oltre le imposte correnti ... (la media inganna).  

Domanda: come pensano di fare pagare l'imposta alla Amato - diciamo 500 miliardi, pari a 70000 per famiglia (il terzo più ricco). Penso che poche famiglie abbiano sul conto corrente 70000 euro pronti. Quindi

a) vendono titoli di stato. Il mercato crolla, gli investitori esteri ci  perdono la camicia sullo stock e la prossima volta (cioè dopodomani) pretendono un tasso di interesse molto più alto e quindi il risparmio sugli interessi  scompare. Inoltre l'attivo delle banche nazionali ed estere si riduce drasticamente e magari si scatena una crisi finanziaria internazionale.

b) vendono altri titoli. Crolla la borsa italiana, e magari anche qualcuna europea se la passa  maluccio. Gli investitori italiani e foresti si beccano gravi perdite in conto capitale (e magari calano   i consumi per l'effetto ricchezza al contrario). Vedi sopra per le banche 

c) si vendono la (seconda) casa. Spero che nessuno si venda la prima abitazione per andare in affittoCrolla il mercato immobiliare, le banche perdono orrendamente sui mutui in essere e le famiglie sul patrimonio.

d) si ipotecano la casa. Questo sistema salva a breve le banche, anzi le favorisce (ed infatti è suggerita da Capaldo, ex banchiere). Infatti trovano un impiego sicuro per i loro fondi. Le famiglie pagano di più (gli 80000 più tasso di interesse), le imprese si trovano senza credito (se le banche prestano 400-500 miliardi alle famiglie), i consumi privati  collassano (se io devo pagare il mutuo, consumo meno).

Il tutto  a danno del ceto medio. I veri ricchi o hanno i soldi in Svizzera o in azienda o li hanno protetti da società varie e quindi evitano la patrimoniale

La prospettiva è così folle da rendere una tassa à la Amato-Capaldo irrealizzabile (oltre che politicamente suicida). Al massimo faranno una patrimonialina da 5-6 miliardi l'anno

Ma io una tassa in più la pagherei anche....se avessi però dei servizi davvero ottimi, senza sprechi di risorse e corruzione. (ok qualcuno potrebbe dire che basterebbe privatizzare...ma è un altro discorso, rimaniamo nell'ipotesi del pubblico).

Il problema è che in Italia siamo arrivati a questa situazione non a causa di ottimi servizi pagati poco dai cittadini...ma è causata dall'opposto..ovvero da servizi medio-scadenti pagati tantissimo. (anche) Per questo io credo che sia una scemata, oltre a tutte le considerazioni che sono state fatte sul sito in precedenza.

La citata Poll tax introdotta da Margaret Thatcher provocò forti proteste da parte della popolazione e contribuì alle dimissioni dell'allora primo ministro.

In ogni caso non credo che il gettito della Poll tax sia nemmeno lontanamente paragonabile a quello della tassa straordinaria proposta da Amato.

 

http://news.bbc.co.uk/onthisday/hi/dates/stories/august/14/newsid_2495000/2495911.stm

E a dir la verità anche la tassa sul macinato di Sella e Menabrea non è che venne esattamente accolta da ululati di gioia nella popolazione. Se li è scelti proprio bene gli esempi, l'Amato.

 

Questi hanno la preparazione economica di un bambino delle elementari. Vaglielo a spiegare che la poll tax, certo impopolare, era sostanzialmente lump sum, mentre invece, forse, la patrimoniale potrebbe avere qualche effetto sugli incentivi ad investire nel Bel Paese? Ma si sa, una tassa vale l'altra.

Sì, questa è la cosa sconcertante. Facciam pur finta che a sbagliare il nome della Thatcher sia stato il correttore di bozze. Ma Amato mostra proprio di ragionare così. Una tassa vale l'altra, conta quanti soldi porto a casa, gli incentivi e gli effetti sull'offerta di lavoro e capitale sono cosa di un altro pianeta. E questo è l'intellettuale del gruppo. 

 

Dopotutto Amato, come Tremonti, non è che un giurista prestato, si fa per dire, alla politica economica.

Va però ricordato che l' Italia deve ad Amato la famosa manovra da 92000 miliardi di lire che nell' autunno del 1992 salvò l' Italia da una crisi, più che greca (all' epoca non c' era ancora l' Euro), di tipo sudamericano. Con quell' atto di impopolare coraggio ai miei occhi almeno Amato si riscattò dai molti peccati precedenti, derivanti dall' essere stato il consigliori di Craxi (un pò come Gianni Letta lo è di Berlusconi).

In particolare mi sono rimasti impressi nella memoria due articoli da lui pubblicati su Repubblica alla fine degli anni ottanta. In uno proponeva l' estensione dell' immunità parlamentare agli amministratori locali. In un altro sosteneva che la scelta dei processi da coltivare doveva essere demandata ai politici e non ai magistrati. Chissà se Amato è ancora d' accordo con quanto allora scriveva?

"Dopotutto Amato, come Tremonti, non è che un giurista prestato, si fa per dire, alla politica economica": se vuole dire che, perché giurista, è inadeguato ad occuparsi di politica economica, sarebbe come dire che il ministro della difesa deve essere un generale, quello della giustizia un giudice (oppure un avvocato), quello degli esteri un diplomatico di carriera, ecc.

La questione non è se sia preparato tecnicamente, ma quali obiettivi politici intende perseguire; per le technicalities ci sono sempre gli economisti d'area. I politici - Amato si muove tuttora come tale - ritengono che il primato spetti pur sempre a loro ...

Direi che Amato da per scontato due cose:

  • che una tassa patrimoniale sui più ricchi non ha effetti negativi sull'economia, o perlomeno ne ha di meno di una tassa come l'IRAP;
  • che per rilanciare l'economia bisogna necessariamente che lo stato spenda molto (ovvero, scordatevi un taglio della spesa).

Mi sembra che in passato questi due punti li avete già sbufalati abbondantemente... provate a passare qualche link vostro ad Amato e sentiamo come risponde. :-)

scusate la domanda da analfabeta, ma:

il debito pubblico è la somma dei soldi che i cittadini (singoli) hanno prestato allo stato (ente collettivo) in cambio di una restituzione dopo x anni magiorata di una rendita garantita (sbaglio)?

di conseguenza, i 30.000 euri a testa per i cittadini (singoli) sono un CREDITO, in quanto soldini  suo tempo prestati (sbaglio ancora)?

io, personalmente, non possiedo BOT e CCT, e quindi NON sono in credito con lo stato (né tantomeno in debito con esso). non vedo perché dovrei pagare 120.000 euri al governo (siamo in 4...) per ripianare un SUO debito contratto con ALTRE persone da me diverse.

scusatemi se ho biastimato, ma ribaltare debiti e crediti passando con disinvoltura da anonimi (ma reali e documentabili) creditori a un insieme dei cittadini che si ritiene debba restituire in solido quanto prestato mi pare leggermente disonesto..... o sbaglio per la terza volta?

e un'ultima cosa: non si potrebbe agire col debito pubblico come si agisce con quello privato? nel senso che, se io (privato o azienda) m'indebito con la banca, devo dare qualcosa in garanzia, altrimenti col cavolo che vedo i soldi. normalmente, ipoteco degli immobili, contraggo polizze sulla vita, metto a garanzia il fatturato attuale, e la proiezione su quello futuro.

di conseguenza (scusate ma le bestemmie oggi si sprecano) lo stato non potrebbe onorare i suoi debiti con i sottoscrittori nello stesso modo? se io non riesco a restituire un debito, normalmente il creditore si rifà sui beni in mio possesso. se io ho un credito di  100.000 euri in BOT, lo stato non può ripagarmelo con un immobile di pari valore, invece che contrarre un nuovo debito anche solo per pagare gli interessi su quelli vecchi?

 

Non capisco cosa vuoi dire.

Il debito pubblico è formato da titoli emessi dallo Stato e acquisiti da persone fisiche e giuridiche di nazionalità varia. Giusto per mantenere il ragionamento semplice, fai conto che sia comprato tutto da stranieri, così non ci confondiamo. Perché questi signori stranieri comprano il debito dello Stato? Perché lo Stato garantisce il suo pagamento. Come? Mediante redditi derivanti dalle sue proprietà e il potere di tassare i suoi cittadini; è ben noto che è il secondo fattore quello che conta realmente. Già adesso ogni cittadino, quando paga le tasse, ne destina una frazione (ormai sostanziosa) al pagamento degli interessi sul debito.

Adesso supponi che gli acquirenti siano in parte italiani. Il ragionamento non cambia, la garanzia del debito resta il potere di tassare. Non vedo come c'entri il fatto che un individuo o persona giuridica possieda o meno i bot.

Naturalmente si può contestare in generale allo Stato il potere di tassare. Però vale per qualunque cosa, non solo per il pagamento del debito. In sostanza, negare allo Stato il potere di tassare equivale ad avocare l'eliminazione dello Stato. Questione, come minimo, complessa e che va oltre il tema qua trattato.

prima di tutto 5 euro su 10 li hanno prestati cittadini e banche stranieri.

Poi lo Stato ha agito da semplice intermediario perchè i soldi raccolti piazzando il debito li ha dati ai cittadini in pensioni troppo generose , opere pubbliche con relative tangenti , stipendi a volte inutili , contributi ad imprese che avrebbero dovuto fallire e quindi ai proprietari , ai dirigenti ed ai lavoratori.

Il debito non si forma perchè i risparmiatori sottoscrivono bot e btp : questi lo fanno perchè lo stato è costretto ad emetterli per potere spendere più di quanto incassa.

In particolare se il livello di corruzione fosse stato costante in passato ( la Corte dei Conti lo ha stimato in 4 punti di PIL nel 2009 ) il debito pubblico sarebbe tutto frutto della corruzione.

Quindi i soldi andrebbero chiesti a chi li ha avuti indebitamente dallo stato : se molti di questi detengono titoli di debito pubblico , non tutti quelli che detengono questi titoli hanno avuto indebitamente soldi dallo stato : sicuramente non li hanno avuti gli investitori stranieri.

Non potendo individuare chi ha percepito indebitamente soldi dallo stato , il debito diviene di tutti se non altro perchè con il voto tutti hanno dato ( e continuamo a dare ) fiducia a chi lo ha creato e continua a crearlo.

Che il debito sia di tutti non è in discussione ; qui si sostiene :

1) che ridurlo con una misura straordinaria è inefficace

2) che ridurlo con una misura straordinaria è ingiusto

3) che la strada corretta ( sostenuta dalla stragrande maggioranza ) è incominciare a spendere solo quanto si ha a disposizione : in questo modo il debito si stabilizzerà in valore assoluto e dopo un certo numero di anni , grazie a crescita ed inflazione , scenderà ( e con esso gli interessi ) in rapporto al PIL ad un livello accettabile.

Per semplificare questa ultima affermazione una famiglia con 50000 euro di reddito e 60000 di debito è in seria difficoltà e farà fatica a trovare nuovo credito : se il debito è 60000 ed il reddito 150000 la situazione non è più drammatica.

 

 

 

 

Lo stato ha dato in garanzia le tue tasse future. 

qui qualche piacevole spiegazione sul debito, le banche centrali, la borsa.

perdonate lo sbraco, però non ho cominciato io.

 

Minkia!

Se volete la guerra allora beccatevela mentre discetta di signoraggio con Marra e la Yespica.

 

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"La questione non è se sia preparato tecnicamente, ma quali obiettivi politici intende perseguire; per le technicalities ci sono sempre gli economisti d'area. I politici - Amato si muove tuttora come tale - ritengono che il primato spetti pur sempre a loro ..."

Si, purchè il politico non ritenga, a torto nella fattispecie, di essere anche un tecnico. Devo dire che come ministro dell' economia a Tremonti preferivo di gran lunga Padoa Schioppa.

 

Se Tremonti avesse scoperto l'articolo 41 nel 2001 e si fosse subito adoperato per modificarlo , dal 2003 avremmo potuto crescere del 5% in più

Oggi il nostro debito a parità di tutto il resto navigherebbe sotto l'80% del PIL e non staremmo qui a commentare le richiacchiere del Dottor Sottile.

Caro Giulietto , le disattenzioni costano!

Da piccolo mi hanno insegnato che i peccati di omissione sono altrettanto gravi di quelli di parole o opere.

n calo il rendimento dei bot annuali

 

dicembre2,014%

gennaio2,067%

febbraio1,862%

richiesti : 12,3 miliardi assegnati : 7,5 miliardi

 

Caro Giulietto , le disattenzioni costano!

La fuffa sull'art. 41 è solo un diversivo. Esso non ha mai impedito un bel nulla e d'altronde neppure potrebbe come si conferma leggendolo. nessun professionista del cavillo, il più scafato azzeccagarbugli riuscirebbe a dimotrare il contrario.