Abolire le province sì o no?

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Francesco Forti

Un dilemma atroce si aggira da tempo per lo stivale: ma queste province come si scrivono? Con o senza la "i"? E poi vogliamo abolirle? E perché? Per non avere più dubbi ortografici o per risparmiare sui costi? Il problema è spinoso. Tralasciando il dilemma linguistico, che è puramente di convenzione e quindi basta che un'autorità liguistica decida, quello veramente politico-democratico riguarda l'utilità per la polis, a fronte dei costi, di un determinato livello amministrativo. Una decisione ben più difficile. E di questo intendo discutere e approfondire con il vostro contributo.

Chi dice di accorpare, chi di abolire, chi di trovare un diverso ruolo. Questa è la sintesi delle posizioni ma fosse tutto qui potremmo solo andare a votare da qualche parte e decidere, dopo aver soppesato costi e benefici. Ebbene no. Secondo me dipende tutto dal contesto in cui intendiamo riferirci.

Se rimaniamo ancorati all'attuale contesto organizzativo dello Stato italiano per cui esso è centralizzato, con un determinato livello di decentramento (più o meno ampio e articolato) è chiaro che la capitale dispone e la periferia amministra sulla base a) della finanza centrale saggiamente(?) distribuita in base alle necessità locali e b) alle chiavi di riparto più o meno virtuose stabilite dai governi e c) dalla maggiore o minore abbondanza di risorse pubbliche. Se i soldi mancano bisogna tagliare e quindi se certi livelli di governo locale vengono ritenuti onerosi, si accorpa e si abolisce. Chi decide? Chi ha in mano le redini del potere. Roma, la Capitale, il Potere Centrale. Chiunque lo conquisti.

Se invece volutamente fossimo in viaggio, in tempi non biblici, verso un "punto 10 di FID" che recita senza mezzi termini che vogliamo:

 

introdurre il vero federalismo con l'attribuzione di ruoli chiari e coerenti ai diversi livelli di governo. Un federalismo che assicuri ampia autonomia sia di spesa che di entrata agli enti locali rilevanti ma che, al tempo stesso, punisca in modo severo gli amministratori di quegli enti che non mantengono il pareggio di bilancio rendendoli responsabili, di fronte ai propri elettori, delle scelte compiute. Totale trasparenza dei bilanci delle pubbliche amministrazioni e delle società partecipate da enti pubblici con l'obbligo della loro pubblicazione sui rispettivi siti Internet. La stessa "questione meridionale" va affrontata in questo contesto, abbandonando la dannosa e fallimentare politica di sussidi seguita nell'ultimo mezzo secolo.

 

[il grassetto è dell'autore, NDA] allora cosa dovremmo pensare e proporre? Le stesse cose che possiano pensare in un contesto centralistico? Ma allora che federalismo sarebbe?

Premetto che anche il punto 10 come viene esposto ha qualche smagliatura, scusabile perché frutto di una terminologia imprecisa a cui siamo abituati. Il concetto che viene citato di "ente locale", inteso come "ente amministrativo", si concilia più con quello del decentramento, che con il federalismo. Il primo vede la periferia amministrare ciò che il Parlamento o il Governo centrale hanno deciso. Il secondo, soprattutto se "vero", vede sovranità locali, non enti. Un ente è colui che "agisce per conto di". Amministra. Amministrare, se non fatto in proprio, e qui preferirei parlare di autogoverno, è un'attività per conto terzi. Il proprietario dispone, l'amministratore cerca di gestire sulla base di indicazioni precise. In un contesto federale invece ci sono sovranità subnazionali che si autogovernano (con "ampia autonomia di spesa e di entrata") e spesso queste sovranità subnazionali sono a loro volta frutto di unioni federative di ulteriori sub-unità. Un sub-federalismo nel federalismo.

Allora se il nostro obbiettivo vero è il punto10, le cose cambiano. Non ci deve importare se una piccola provincia costa troppo. Una volta che il nostro obbiettivo è ampia autonomia sia di spesa che di entrata e rigoroso pareggio di bilancio, quanto costi una provincia interessa solo ed esclusivamente ai suoi abitanti. Che costi tanto o poco non tange le finanze centrali (cosiddette federali). Compete democraticamente al cittadino/elettore/contribuente di quella giurisdizione, piccola o grande che sia. E non è affatto detto che una piccola provincia costi tanto solo perché piccola in relazione ai Km2 e/o alla popolazione. Ci sono notoriamente piccole comunità statali (piccoli cantoni svizzeri o città stato un po' ovunque) che sono gestiti ottimamente, in modo economico e che presentano una bassa fiscalità. Per questo sono anche ambìti da cittadini facoltosi, il che rende possibile una efficace competizione fiscale sub-nazionale. La quale impedisce che alcune giurisdizioni abusino di una eccessiva pressione fiscale. Quindi piccole e medie giurisdizioni virtuose sono fondamentali per mantenere bassa la fiscalità in tutta la federazione. E notoriamente abbiamo che più piccole sono le giurisdizioni, più è possibile "votare con i piedi", cosa che si può fare in pochi mesi se le distanze son piccole mentre votare nelle urne si fa ogni 4 o 5 anni. Ecco quindi che in un contesto veramente federale la dimensione delle giurisdizioni, non conta, anzi forse più piccole sono meglio è, come secondo le tesi Charles Tiebout. Chiaramente occorrerà stabilire regole per cui veramente le sovranità locali hanno una completa autonomia di gestione corrente e che possono dipendere da fondi sussidiari di livellamento e di solidarietà solo per gli investimenti, solo per alcune tipologie di essi e su una base, per esempio, procapite. Ma di questo dovremmo parlare separatamente, riprendendo quanto iniziato a discutere qui su NfA.

Detto questo, l'altro aspetto che mi preme affrontare è quello concreto della dimensione ottimale teorica delle giurisdizioni, intese come quel soggetto politico sovrano subnazionale dotato dei tre poteri canonici (esecutivo, legislativo e giudiziario) senza il quale parlare di federalismo è una pura finzione. Se ne discute spesso: province o regioni? Qualcuno è di troppo? Cosa abolire? Come avete capito sono per il federalismo dei piccoli territori. Pensare di abolire le province in Lombardia sarebbe come pensare di abolire i cantoni in Svizzera. Non sarebbe certo un obbiettivo federalista. Per me stante l'autonomia di spesa e di entrata (con le doverose regole limitatorie in tal senso che si hanno in un contesto federale) più piccole sono i territori, meglio è. Considero anche che molto dipende dall'orografia. Vaste zone pianeggianti sono storicamente sedi di giurisdizioni territorialmente ampie. La tortuosità dei territori alpini e appenninici, tra crinali, valli, fiumi, comporta una decisa polverizzazione della territorialità. Ritengo che dovrebbero essere i cittadini di ogni territorio ad interrogarsi, discutere e decidere.

Non vedo poi come un'ottica liberale che esclude l'impostazione di una intelligenza calata dall'alto che stabilisca e imponga ottimalità economiche e pianificazioni sovietiche sulla base di chissà quali considerazioni strategiche, debba invece contemplare che essa esista per una scelta coercitiva sulla dimensione minima/massima dell'autonomia territoriale. Poi ci sono rivendicazioni storiche ed autonomiste, come quelle degli amici che vivono nelle nostre isole, che ritengono prevalente il concetto di entità subnazionale legata all'isola intera. A loro consiglio di pensare anche ad un subfederalismo di tipo provinciale o distrettuale, ma nulla più. Ritengo che essere federalisti veri, pressupposto per realizzare un federalismo altrettanto vero, sia fondamentale pensare di non imporre alcunché ma di dare solo indicazioni pratiche, dati oggettivi per una autonoma valutazione, stumenti concreti ed operativi per decidere. Se sono federalista non sono certo io a imporre cosa e se accorpare, cosa e se abolire.

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Commenti

Ci sono 54 commenti

Non c'è nessun dilemma, si tratta di abbandonare una visione ingegneristica e tenere conto della realtà e dei concreti comportamenti degli enti che stiamo analizzando.

Ora, per quanto posso vedere io tutti, ma proprio tutti i gestori di risorse pubbliche stanno assumendo comportamenti del tutto insensati dal punto di vista economico.

Il pareggio di bilancio, nel contesto di bilanci finanziari fortemente condizionati dallo Stato centrale (mai il ministero dell'interno è stato così invadente nella gestione degli enti) si traduce semplicemente nella totale deresponsabilizzazione dei decisori pubblici.

In più, come ha osservato Bordignon, le province finché esisteranno, fatalmente si porteranno dietro pezzi di settore pubblico.

La vergognosa confusione che sta avvenendo con l'istituzione recente delle città metropolitane è l'ennesima riprova della deriva.

Quindi se il numero degli enti, dei centri di responsabilità e degli obblighi porta a sempre allo stesso risultato, e sempre peggiore resta una sola cosa da fare:

obliterare!

E che questa cosa si dovrà fare cominciando dalle Province.

nel contesto di bilanci finanziari fortemente condizionati dallo Stato

In quel costesto pare ci siano due spinte opposte: proliferare, comunità montane docet, e obliterare.

La mia riflessione spinge però a esaminare un contesto diverso.

concordo praticamente su tutto l'articolo.

Il problema è che la Kultura da dove partire in Italia è terrificantemente bassa, infatti da poco ho inserito un commento in questo articolo 

http://www.linkiesta.it/blogs/benvenuti-al-nord/l-abolizione-delle-province-e-la-spending-review

 

L'articolo è di una fondazione Nord Est che nasce nel 1999 per volontà della Confindustria e delle Camere di Commercio di Veneto, Trentino e Friuli Venezia Giulia.

"La mission è quella di studiare i processi che caratterizzano lo sviluppo sociale ed economico, il tema dell'identità territoriale e culturale come valore strategico per il futuro del Nord Est"

e altre menate di comparazioni con il contesto di altre nazioni.

Questi hanno fatto un sondaggio con  gli imprenditori del nord est:

 

 

con particolare favore l’abolizione delle province così come indicato dall’83,1% del panel intervistato, a fronte di solo il 7% che vorrebbe mantenere la attuale situazione istituzionale. Tuttavia, è necessario fare i conti con le reali motivazioni che spingono anche le imprese a dichiararsi a favore di una revisione delle province. Infatti, le attese non riguardano né migliori servizi per le imprese e i cittadini, né una migliore gestione del territorio – che rimarranno uguali - bensì la ormai imprescindibile necessità di contenere i costi della Pubblica Amministrazione, come dichiara l’80% dei rispondenti. Con un’unica concessione e speranza, che insieme alle minori spese si ottenga anche una maggiore velocità nelle decisioni che coinvolgono più territori.

 

 

Dopo avero letto l'articolo mi sono detto, e meno male che questi sono imprenditori e dovrebbero ragionare come tali, ma come funzionano le loro aziende e le eventuali loro ristrutturazioni?

Motosegano un'area che eroga dei servizi (ahaa, ma anche loro non li percepiscono), vedendo degli ipotetici risparmi senza porsi il problema di come riorganizzare le altre strutture, e addirittura pensando che facendo gestire dei servizi su una struttura più pachidermica, con contratti di lavoro più costosi e con bassa automazione dei processi si ottengano risparmi ed efficienza senza entrare nel merito?

E meno male che sono imprenditori, ma l'AFfondazione nord est  che studia le comparazioni con altri stati è in grado di dire che ragionano come il culo?

Le province gestiscono alcune strade. Si occupano della manutenzione di alcuni istituti scolastici. Possono essere destinatarie di compiti delegati dalle regioni.

Non ricordo nient'altro di rilevante. Una volta gestivano notevoli istituti assistenziali, ma ora sono passati ai comuni.

Francamente, mantentere tutto l'apparato politico-amministrativo, con annesse elezioni ogni cinque anni, per così poco, non sembra giustificato.

Sono come quelle vecchie stazioni ferroviarie di paesini ormai spopolati: carine ma poco utili.

Giusto, nell'attuale assetto hai ragione. In un futuro assetto federalistico, sempre che lo si voglia come polis, le competenze cambiano. Vedi ad esempio le competenze che hanno comuni e cantoni in svizzera (e realtiva autonomia finanziaria) ma anche le due province autonome di trento e bolzano o i länder austriaci. Sai quali sono i compiti di un cantone di 300'000 abitanti come il Ticino?  Nulla a che vedere con una vecchia stazione di un paesino spopolato. Sono più ampi di quelli di una regione italiana.

Non so rispondere alla domanda del quesito. Immagino che se è vero che nel ns. sistema giuridico attuale sono inutili, meglio eliminarle.  Nell'attesa di un sistema diverso.

Ma poiché esistono da lungo tempo, esiste tutta una organizzazione "per provincia" su cui la provincia stessa non ha competenza, ma che si tira dietro lo stesso.

Ad esempio, i tribunali sono provinciali. Nel senso che non dipendono dalle province, ma ce ne è uno per ognuna. Diminuendo ora le province, saranno infatti cancellati anche i tribunali relativi. E cancellandole completamente? Ce ne sarà uno per regione? O per comune? O per "ex provincia"?

Un altro quesito. Che fine faranno i dipendenti pubblici delle province cancellate? Ovviamente, non possono comunque essere licenziati. Immagino che, cancellazione o solo diminuzione, assisteremo al solito spettacolo all'italiana, dell'assalto alla clientela e delle braghe calate alle pretese sindacali.

Scusate, devo collegarmi al sito provinciale della FIGC (gioco calcio), per il calendario delle partite di mio figlio.  Ooops, ma esisterà ancora?

le provincie sono nate in italia in seguito all'unificazione della stessa come suddivisione territoriale dello stato su cui il governo nazionale istituiva le sue propaggini a livello decentrato. a capo della provincia era il prefetto che dipendeva ( e dipende tutt'ora) dal ministero dell'interno. Questo è il motivo per cui i tribunali, le prefetture e altri uffici decentrati di governo sono ancora istituiti a livello provinciale. la suddivisione era quindi provincia come decentramento dello stato ma con uffici dipendenti direttamente dal centro, e comuni con rappresentati eletti e erogazione di una serie di servizi. nell'ottica con cui furono istituite le provincie erano degli enti prettamente tecnici. con la repubblica la storia è cambiata e le provincie hanno acquisito un ruolo politico e un primo passo verso il decentramento anche decisionale di alcune competenze. dall'istituzione delle regioni e con l'attuale assetto costituzionale (nuovo titolo V datato 2001), sembra evidente la pletoricità di enti elettivi decentrati e la sovrapposizione di competenze che questo comporta. oggi credo che mantenere il livello politico stato-regioni-provincie-comuni non abbia molto senso. il vero costo delle provincie non è rappresentato tanto dagli stipendi delle persone che vi lavorano ma dal fatto che enti tecnici sono stati colonizzati dalla politica. e soprattutto che esiste un livello decisionale ulteriore che rallenta terribilmente l'iter decisionale. tempo fa lessi la storia incredibile dell'iter che ha riguardato la costruzione di un ponte che collegava 2 regioni e due provincie differenti. gli enti che avevano voce in capitolo sulla questione erano una decina. ognuna con potere di far ripartire l'iter dal passo 1. morale della favola. solo per arrivare al progetto esecutivo sono passati anni...

 

vi leggo da anni ormai, non sempre con costanza, ma dato l'argomento mi interessa, provo con un commento :)

 

sono sempre un po' scettico verso le capacità taumaturgiche "automatiche" dei sistemi federali di risolvere i principali problemi dell'amministrazione e della spesa pubblica.

 

qualunque sia il sistema istituzionale, a 2-3-4-5 livelli di governo, alla fine l'elemento fondamentale resta quello culturale.

 

riguardo le dimensioni ottimali delle giurisdizioni, si sono avuti risultati contrastanti e anche inaspettati (in senso negativo), riguardo alla qualità della spesa, i livelli di corruzione e la fornitura di beni e servizi pubblici.

 

saluti :)

è un'obiezione comune ma vedendo come il mezzo milione di italiani vive e si trova bene nella vicina Svizzera e considerato che la cultura italiana (ok, forse qualcuno vorrebbe dire lombarda o pedemontana) è pur sempre l'elemento di governo di un cantone, il Ticino -  e di buona parte di un altro, il Ct. Grigioni, direi che il federalismo è adatto alla nostra cultura e sappiamo gestirlo abbastanza bene. Alcune delle soluzioni che autonomamente il Ticino ha adottato nelle materie di sua competenza sono considerate best practices e quindi adottate gradualmente in altri cantoni. Naturalmente tutto questo non è "automatico" ma frutto di un lungo lavoro politico di costante miglioramento.  Quando pero' si vede che una soluzione è valida, adottarla è questione di un paio di anni.

Mi chiedo però una cosa, perchè l'abolizione delle province è stata presentata come una riduzione dei costi immediati, probabilmente esagerandone la portata e non semplicemente dal punto di vista della semplificazione dei livelli di decisione concorrenti?

Cioè se si diceva: eliminiamo i consigli provinciali e tutte i livelli intermedi di controllo "politico" sulla pubblica amministrazione, la regione si prende tutto con la possibilità di nominare un limitato numero di amministratori delle varie funzioni selezionato con concorsi trasparenti non era meglio?

Mi sembra si faccia confusione tra il livello di intrusione della politica nel'amministrazione e le eventuali competenze della PA, ogni volta che sento parlare di abolizione delle province lo sento fare come una distruzione di competenze e di funzioni amministrative necessarie, con un o strano benaltrismo per cui tutte le volte che si cerca di portare la sia pur minima modifica ad un sistema barocco borbonico e assurdo che grava su tutti i cittadini ben oltre la sua utilità reale mi sento dire , in un modo o in un altro che il problema e sempre "BEN ALTRO".

Sono d'accordo sul fatto che in un vero federalismo le varie sovranità locali debbano decidere come suddividere i compiti tra i vari enti territoriali senza grosse interferenze da parte del livello superiore.

La discussione sulle province va quindi lasciata alla discussione nelle sovranità immediatamente superiori od inferiori, più che discussa a livello di politica centrale.

 

Credo per questo che sia invece fondamentale definire due cose, per un movimento che vuole fondare il federalismo agendo a livello centrale:

1) quali sono gli enti sovrani subito al di sotto del livello nazionale? Le attuali province o le attuali regioni?

2) quali competenze vanno attribuite a questi enti? O meglio, quali comptenze "vanno tolte" a questi enti ed affidate al governo centrale?

 

 

Credo per questo che sia invece fondamentale definire due cose, per un movimento che vuole fondare il federalismo agendo a livello centrale:
1) quali sono gli enti sovrani subito al di sotto del livello nazionale? Le attuali province o le attuali regioni?
2) quali competenze vanno attribuite a questi enti? O meglio, quali comptenze "vanno tolte" a questi enti ed affidate al governo centrale?

 

Ritengo che ognuno debba avere giustamente la sua opinione ma che quelle determinante sia dei cittadini coinvolti. La risposta federalista a questa domanda per me è che ogni territorio decide, dopo aver soppesato pro e contro. Poi si vede anche come poter cambiare idea.
Sulle competenze, la logica federale prevede un elenco dei compiti esclusivi del livello federale (questo è compito mio e lo faccio solo io) e quelli concorrenti con gli stati membri (questo lo facciamo insieme, io mi occupo di questo pezzettino, voi di quest'altro,s enza sovrapposizioni).
I compiti cosiddetti "statali" esclusivi sono tutti gli altri, per differenza. E' sbagliato porre un elenco di compiti statali perché l'elenco potrebbe essere considerato un'ingerenza restrittiva . Se un "cantone/stato/länder" decide di occuparsi di un tema nuovo, non seguito in altri cantoni/stati/länder, deve poterlo fare. Per ogni tema che attiene al livello statale, qualunque esso sia, sono gli stati stessi che decidono se farlo in prorio, affidarlo  ai loro comuni, a distretti. Oppure se due o tre stati confinanti si mettono insieme per affrontare un compito che attiene un determinato bacino (traffico, ospedali etc).

Il mago benchmarking cerca di analizare la dimostrazione magica di Andrea Giuricin, andiamo quindi su 

www.brunoleoni.it/nextpage.aspx

dove troviamo una pagina scritta da qualcuno che deve essere un adepto di queste arti magiche, l'avrà scritta il Mago Giuricin. un suo allievo, o il suo maestro?

Cercherò di scoprirlo analizzando un minimo come si effettua il magico  "focus":

 

Il "focus" inizia citando un calcolo magico del noto voltremont (io stesso quando ho letto il nome mi sono toccato gli amuleti) , indicandolo come esempio di stregoneria  farlocca con relativi malefici annessi e connessi, niente a che vedere con la positività del magico focus.

 

Nel magico focus troviamo che il  solo il costo politico delle province è al 2010 di ben 135 milioni di euro e cita le seguenti frasi magiche:

 

"se il livello provinciale fosse tagliato (...), si otterrebbe una riduzione secca della spesa dell’ordine di grandezza indicato dal ministro "

 

A questo punto IL mago benchmarking intuisce subito lo schema applicato a questa magia, moooolto più potente del "benchmarking senza benchmarking" dove la comparazione dell'efficienza si fa senza kpi e sla, noooo, qui siamo con una magia ancora più potente, NON SI FA COMPARAZIONE E SI ANALIZZA COME SE LA PROVINCIA FOSSE UNA SCATOLA MESSA NEL LIMBO, mhhmh magico Giuricin (detto con lo stesso tono con cui Dan Peterson diceva "magico lipton")

A questo punto per verifcare l'arcano  faccio una ricerca della parola "region" per vedere se c'è possibilità di avere una comparazione e ... magicabula non compare da nessuna parte, la magia si è imboscata le  regioni, tolto in questo punto nella prima pagina 

"Nel 2010 le Province in Italia raggiungevano il numero di 110; tra queste ve ne erano due autonome (Trento e Bolzano) mentre in Valle d’Aosta le funzioni tipiche della Provincia vengono svolte dall’amministrazione regionale. "

 

A questo punto il Mago Benchmarking ha scoperto lo schema della magia "focus" del Mago Giuricin, ED E' IN GRADO DI FARE UNA MAGIA ANCORA PIU' POTENTE NEGLI IMPATTI usando lo stesso schema segreto, lui risparmia solo di costi politici meno di duecento milioni, il Mago Benchmarking ne risparmierà molti di più applicando lo stesso sputato schema magico,

 

MA SOSTITUENDO LA PROVINCIA CON LA REGIONE ed ecco che: 

www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-09-19/ogni-seggio-costa-750mila-133427.shtml

 

750.00*1111, ovvero si ottengono oltre 833 milioni di euro solo con i consigli regionali motosegando le regioni,


e si, il magico focus appartiene alle categoria delle arti magiche delle motosega :-) , arti addirittura più malefiche di quelle di voltremont!

Breve parentesi per fare una piccola magia che volevo mostrare a conclusione del precedente commento, l'ambito di questa magia è limitata ai costi politici, la variante sta che non fa parte della categoria dell'arte della motosega, ma bensi seghiamo un pò più nel merito cercando di limitare al massimo i costi di un change management che ci sarebbero motosegando tutto un livello di enti (province o regioni).

La Magia è stata già citata nel riordino delle province, ma non capisco perchè alle persone non gli passa nel cervello di pensare che si può utilizzare in un contesto più proficuo sia in termini di costi che di mantenimento della rappresentatività

Sto parlando dell'assurdità che una provincia, che normalmente ha parecchi comuni, abbia un consiglio formato dai rappresentanti dei comuni di appartenenza. Generalmente ne puoi rappresentare sempre un sottoinsieme e non hai particolari benefici in termini di costi.

 

La Magia consiste quindi di replicare il modello a livello regionale, avendo in media due consiglieri per provincia scelti dai relativi  presidenti , tale soluzione ha costi operativi di change management irrisori e tempi di attuazione non superiori a quelli di modificare la costituzione per abolire le province, mantengo rappresentatività dei territori e inoltre non devo neanche evangelizzare quelli che non capiscono come si ottengono le economie di scala e le ottimizzazioni nell'erogazione dei servizi in quanto non agisco in quell'ambito.

 

Impatto della magia? 1111 consiglieri regionali diventano circa 220 quindi ... risparmiamo circa 660 milioni di euro all'anno, senza puttanaio ferire!!

Avevo a suo tempo osservato l'evoluzione dei costi nel tempo per i comuni, le province, le regioni e lo stato centrale.  Devo vedere bene dove erano quei dati (mi pare in uno studio di Barca) ma se serve appena ho un attimo di tempo faccio una ricerca. Quello che ricordo è che la spesa del livello provinciale era quella aumentata meno in assoluto ed era aumentata meno dell'evoluzione dei prezzi al consumo. Poi a seguire, come virtuosi, c'erano i comuni. Il grosso dell'aumento in questo 20 anni è nelle regioni e nello stato centrale. Se c'è da abolire e/o risparmiare io andrei sul grosso.  Quello che rappresenta  l'80% dei problemi.

Carlo Stagnaro, che ringrazio, ha ritwittato questo articolo di su LaVoce.info :  Più decentramento non significa più spesa.

Come aperitivo riporto:

 

Al di là delle esigenze riscontrate nei vari paesi, gli studi teorici e alcuni lavori empirici sul federalismo fiscale sottolineano l’effetto positivo che una struttura di governo decentrata può avere sulla dinamica e, più precisamente, sul contenimento della spesa pubblica aggregata. In particolare, si ritiene che un maggior numero di unità governative, o livelli di governo, favorisca forme di competizione (fiscale) orizzontale (tra giurisdizioni) e verticale(tra governo centrale e sub-centrale) che possono dar luogo a una riduzione della spesa pubblica complessiva, anche nel tentativo di limitare l’azione dello Stato-Leviatano.

 

Lo scorso 8 marzo la Società Geografica Italiana ha presentato una proposta di "Riordino Territoriale Dello Stato", che sostanzialmente si basa su un accorpamento di provincie aventi caratteristiche omogenee portando ad una riduzione di questi enti da 100 a 36  e ad un sotanziale superamento delle Regioni. Qui è possibile trovare la presentazione dell'incontro e la mappa in estrema sintesi del risultato.

L'idea, che vorrei approfondire leggendo il dettaglio degli interventi, ha diversi aspetti interessanti e alcune controindicazioni "politiche":

1) le Regioni sono esplicitamente previste dalla costituzione per cui una loro riorganizzazione richiederebbe un iter legislativo di portata più ampia;

2) un cambio di strategia consentirebbe ai soliti noti di procastinare ulteriormente qualsivoglia intervento di riorganizzazione dello stato.

Come salvare il bambino buttando l'acqua sporca?

Certo che anche tra i Geografi qualche fuori di testa c'è sempre: mettere Verona con Mantova e Brescia quando è evidente che il dialetto (= lingua regionale) di noi veronesi è sostanzialmente (= variante provinciale) quello veneto, mi pare un'assurdità. Anche per la Geografia Storica non vedo cosa c'azzecchi la proposta.

Comunque io sono per mantenere le Provincie, e farla finita con queste cavolate qualunquiste che sono state iniettate a bella posta, per interessi ben diversi, nella discussione politica. In Francia hanno sempre i Dipartimenti napoleonici e anche quando hanno introdotto le Regioni, nel 1985-86 (copiando da noi) non li hanno certo aboliti. Piuttosto hanno evitato di dare alle Regioni la postestà legislativa, ecco.

Sappiamo bene che il risparmio effettivo della c.d. "abolizione delle Provincie" sarebbe assai incerto e - anche volendo dare credito ai conti - di qualche decina di milioni. Robetta da nulla rispetto ai nostri veri problemi, e al ladrume che ci circonda.

RR

dice la corte costituzionale. E' quasi impossibile distinguere la malafede da forse l'incompetenza nel senso giuridico del legislatore.. Tuttavia le province rimangono, forse senza nulla da fare, tranne che gettar ulteriore discredito sulle classi politiche.