Carissimo Sandro, benchè non ti conosca mi permetto di darti del tu.
Mi chiamo *****, faccio il farmacista, come vedi sono ben lontano dal mondo degli studi economici, però seguo sia il blog di Pippo Civati che il vostro, quindi mi ha appassionato il vostro dialogo partito dall'intervista di Guido Rossi.
Ti premetto che non ho letto i vari saggi che avete elencato, quindi non sono in grado di dare un giudizio su questioni quali la distribuzione della ricchezza o se la disuguaglianza sia o meno causa, o attrice protagonista, di questa crisi.
Penso che come dice Pippo sia difficile, ma non impossibile, premiare il merito e proteggere chi resta indietro. Sono d'accordo con te quindi quando affermi che un sistema scolastico migliore sia la leva per ridurre le disuguaglianze, ma non pensi anche che una tassazione equa e giusta dovrebbe gravare di più sulle rendite e non sul tessuto produttivo?
Cerco di spiegarmi meglio (e ti chiedo di perdonarmi sin d'ora per gli eventuali strafalcioni): le rendite finanziare in Italia sono tassate al 12,50%, il rientro dei capitali dall'estero è stato tassato al 5%, mentre il lavoro, sia esso dipendente o autonomo, è tassato in maniera decisamente più pesante; non sarebbe ora di ridistribuire più equamente il carico fiscale, sottraendone una parte al lavoro e all'impresa per farlo gravare un pochino di più sulle rendite? Non è finalmente giunto il momento di scrivere un nuovo patto fiscale tra lo Stato ed i contribuenti volto a premiare chi le tasse le paga e le ha sempre pagate e a punire, o quantomeno a dissuadere, gli evasori?
Penso che 120 miliardi di euro di evasione fiscale all'anno siano un bel punto di partenza per risanare i nostri conti, ma in Italia la lotta all' evasione fiscale sembra un tabù, se solo la nomini vieni additato come comunista, come se pagare le tasse in maniera equa e proporzionale al proprio reddito e alla propria ricchezza fosse una questione bolscevica e non di civile convivenza.
Per il resto mi trovo d'accordo con te sui punti in cui auspichi di rimuovere un pò di polvere dalla società italiana, leggasi liberalizzazioni e privatizzazioni, anche se sono convinto che alcuni servizi e beni essenziali debbano restare appannaggio dello Stato, ma non della politica.
Grazie per l' attenzione e cordiali saluti.
(lettera firmata)
Caro lettore, sollevi una serie di punti molto impegnativi e molto importanti. Mi perdonerai pertanto se la risposta sarà non completamente esaustiva. Andiamo per ordine.
Inizio la risposta cogliendo l'occasione per una personalissima diatriba semantica. La verità è che mentre in accademia le specifiche parole utilizzate contano poco, purché ci sia chiarezza sui concetti, nella polemica politica invece le parole, spesso cariche di simboli, contano. Fa differenza, in termini di potere di persuasione, che l'imposta sulle fortune ereditate venga chiamata ''death tax'' oppure ''Paris Hilton tax''. Ho l'impressione che qua sia all'opera un meccanismo simile. Se dici ''rendita'' la gente tende a pensare a un grasso signore con sigaro, tuba e bretelle che campa alle spalle altrui. Se dici ''compenso del risparmio'' invece evochi immagini bucoliche di operose famigliole intente a costruire un migliore futuro. Io suggerirei il termine ''remunerazione del capitale'', che mi pare sia più neutro sia più corretto. Fine della diatriba semantica, passiamo alla sostanza.
Guarda, io sono anche d'accordo sul tassare la remunerazione del capitale e quella del lavoro nello stesso modo. E non è certo un'idea bolscevica: in Amerika, tanto per dire un caso che conosco, la remunerazione del capitale (per esempio gli interessi che guadagni sul tuo conto in banca) vanno messi nella dichiarazione dei redditi e vengono tassati esattamente come il reddito da lavoro. Ci sono però varie eccezioni. Non essendo un tax lawyer non entro nei dettagli, però segnalo che è possibile portare in detrazione, fino a un certo limite, le somme versate a un fondo pensione.
Quando si parla di ''tassare di più le rendite'' ci sono una serie di problemi pratici e tecnici che vanno affrontati. Tra i problemi tecnici va segnalato che il capitale remunera chi lo possiede o direttamente (pagamento di interessi e dividendi) o indirettamente (variazioni nel valore delle attività possedute, ossia guadagni di capitale). La remunerazione diretta si può tassare come reddito ordinario, ma i guadagni di capitale no. Questi si possono sviluppare nell'arco di molti anni e con tassazione progressiva si finirebbe per tassare il guadagno eccessivamente. È lo stesso ragionamento per il quale la liquidazione, un reddito differito da lavoro, viene tassata separatamente. Il principale probema pratico è che il capitale è molto più mobile del lavoro. C'è quindi il rischio che venga spostato, non necessariamente in modo illegale, in paesi con tassazione più bassa. Il rischio di penalizzare il risparmio e quindi ridurre gli incentivi all'accumulazione di capitale è sempre lì e non permette forme di tassazione draconiane (almeno se non vogliamo crear disastri, visto che la crescita del paese è già anemica). Una qualche forma di incentivo al risparmio soprattutto per i redditi medio-bassi è bene mantenerla (come accade negli USA per la detraibilità dei contributi ai fondi pensione), e questo limiterà notevolmente il gettito.
Per l'evasione fiscale il discorso non è tanto dfferente. Sono ovviamente assolutamente favorevole alla repressione dell'evasione. Ma credere che questa sia la soluzione a tutti i problemi porta decisamente fuori strada. Ho scritto un po' di tempo fa su questo e mi permetto di consigliarti la lettura di quel pezzo, così come di un pezzo che Michele ha scritto per il Fatto Quotidiano.
Io credo che qua ci sia una una questione più di fondo, che va al di là dei dettagli tecnici. Possiamo pure redistribuire il carico fiscale, tassando un po' di più il capitale e un po' meno il lavoro. Possiamo (anzi, dobbiamo) combattere l'evasione. Si possono spostare un po' le tasse da una parte e dall'altra, si può accrescere un poco l'equità, si possono evitare alcune inefficienze. Tutte cose da fare, per carità. Ma la questione principale resta quella della pressione fiscale che è troppo alta. Se vogliamo ottenere effetti sostanziali la pressione fiscale va ridotta, e di un bel po'. Facciamolo pure cominciando dai redditi da lavoro medio-bassi, ma riduzione complessiva e sostanziosa della pressione fiscale deve essere. Dato che la situazione del bilancio pubblico è quella che è, per far questo occorre diminuire la spesa. Anche in quel caso ci sono tanti modi per farlo, ed è ovvio che occorre iniziare da quei tanti privilegi per le classi medio-alte (a cominciare dai politici) che si sono man mano incrostati nel bilancio pubblico. Basta non illudersi che basti, e prepararsi a fare scelte difficili.
Oppure no. Si può continuare a far finta che il livello della spesa pubblica, che si aggira sul 50% del PIL, va bene com'è. E che la pressione fiscale va bene com'è (un po' più alta in verità, che dobbiamo pareggiare il bilancio sennò ''gli speculatori'' si arrabbiano), semplicemente redistribuendo un po' il carico. Questo, a mio modesto avviso, non porterà da nessuna parte e qui è dove sta fallendo la politica, incapace di dire la verità sulle cose da fare.
Un ultimo punto. Certo che non è impossibile, come suggerisce Civati e come tu ribadisci, premiare il merito e proteggere chi resta indietro. Faccio onestamente fatica a immaginare che un qualunque politico possa affermare una cosa diversa, a parte forse qualche tardo-comunista particolarmente allergico all'idea di premiare il merito.
Permettimi però di essere scettico riguardo a queste affermazioni generali. Sono abbastanza vecchio da ricordare il famoso discorso di Claudio Martelli (correva l'anno 1982) sulla necessita di coniugare merito e bisogno. Doveva essere la nascita di un nuovo riformismo e fu invece l'affermazione della cleptocrazia. Nel decennio successivo Martelli e i suoi compari mostrarono con estrema chiarezza quanto importasse loro del merito e del bisogno. Son cose che rendono cinici e che ti insegnano a valutare le proposte pratiche e chiare e le azioni concrete molto più delle dichiarazioni altisonanti. Parliamo pure di merito e bisogni, ma per favore facciamolo sempre con in mente proposte concrete. L'aria fritta non serve a nessuno.
Mi permetto, visto che non sono ancora andato a letto, di inserire il link ad un editoriale che ho appena pubblicato su l'Inkiesta e che, almeno nella mia mente, sviluppa aspetti del "da farsi immediato" in linea con l'editoriale di Sandro che ho appena letto.
Spero non sia troppo fuori tema, nel qual caso chiedo venia.
perfetto Michele, complimenti.
Purtroppo le linee di difesa della "Casta generalizzata" sono molto subdole e consistono nel ridurre al minimo sia la platea degli interessati sia le misure da applicare.
- conflitto di interessi: secondo la stampa ce lo ha "solo" Passera ed è limitato al possesso di 10 milioni di azioni ISP. E la Severino avvocato della "casta"? E la Fornero nel CDA della Fondazione SANPAOLO? E i ministri dalla PA chiamati a decidere sulle amministrazioni da cui provengono e presumibilmente in cui torneranno a lavorare?. Ciò che suggerisci è perfetto
Ma nessun giornale parla di questo. Passera venda i dieci milioni di azioni o li affidi a un blind trust e, voilà, tutto è risolto. E' emblematico del paese che i più scalmanati contro le azioni ISP di Passera siano Il Giornale e Libero che fino ad ieri hanno negato o difeso il conflitto di interesse di S.B.
-dismissioni: qui vedo qualche problema. Le ultime dismissioni a un certo punto, placati gli appetiti dei politici e "amici" (Mastella per esempio acquistò ben tre appartamenti a prezzi stracciati, ma "a sua insaputa"), non trovarono più compratori (a prezzi di mercato) tanto che nel 2008 e 2009 GT riacquistò da SCIP2 immobili per oltre un miliardo) L'idea di Monti di costituire un Fondo Immobiliare quotato in borsa è buona: speriamo che nel CDA non vengano messi i soliti politici trombarti, attacchini e portaborse. Il Fondo potrà conservare a reddito gli immobili, eventualmente riqualificarli e venderli poco per volta non sottoprezzo.
-privilegi della politica: qui i media inculcano nei cittadini più sprovveduti la convinzione che tutto possa essere risolto da tagli delle indennità dei parlamentari, da riduzione del numero degli eletti ed eliminazione dei vitalizi. Non una parola sullo scandalo dei "fuori ruolo" (Catricalà, in quanto tale fino a ieri, potrebbe aiutare Monti), o sui CDA politicizzati e carriers di corruzione, o sugli uffici esteri delle regioni o sulle strutture amministrative non elettive inutili (es. Comunità montane, Consorzi di bonifica). Agendo su questo il risultato andrebbe ben oltre il simbolico.
-avvalersi delle professionalità: Monti pare lo abbia fatto con la scelta dei Ministri ma è solo andando in profondità, applicando il principio a tutti i livelli della pubblica amministrazione che si raccolgano frutti. E non è solo contando le lauree (Milanese ne ha tre la prima conseguita a 45 anni) ma ricercando le professionalità e competenze vere.
Mi spiace per il professor Monti, persona competente e a modo, ma temo che potrà fare ben poco: non appena toccherà la casta vera nei suoi interessi veri sarà impallinato.